Consiglio di Giustizia Amministrativa Sicilia, 3 marzo 2015, n. 195
Il Questore può vietare l’esercizio della cartomanzia anche senza istruttoria. È quanto ha sancito il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia con sentenza del 3 marzo 2015, n. 195. Infatti l’esercizio della cartomanzia integra di per sé l’attività del ciarlatano, espressamente proibita dal combinato disposto degli art. 121, R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (TULPS) e art. 231, R.D. 6 maggio 1940, n. 635 (regolamento per l’esecuzione del TULPS), senza che si renda necessario per il Questore che ne intima la cessazione valutare caso per caso, in concreto, attraverso apposita istruttoria e conseguente motivazione, l’oggettiva idoneità della stessa a configurare un abuso della credulità popolare conforme al parametro normativo.
Conviene, in questa sede, fornire qualche indicazione per definire le figure citate:
- Negromante è colui o colei che cerca di evocare degli “spiriti operativi” o “spiriti della divinazione” per varie ragioni, dalla protezione spirituale alla saggezza.
- Astrologo è colui o colei che segue un complesso di credenze e tradizioni che ritiene che le posizioni e i movimenti dei corpi celesti rispetto alla Terra influiscano sugli eventi umani collettivi e individuali. Chi pratica l’astrologia è chiamato astrologo e la sua divinazione è chiamata oroscopo.
- Cartomante è chi pratica un metodo di divinazione effettuato tramite la consultazione di un mazzo di carte che possono essere tarocchi, carte italiane (da briscola), carte cosiddette francesi (da poker), o speciali carte illustrate dette Sibille.
- Ciarlatano o imbonitore è una persona che esercita pratiche da guaritore, o si approfitta in modo simile della buona fede delle persone, allo scopo di ottenere soldi o altri vantaggi grazie a false pretese.
Il mestiere di ciarlatano è vietato dall’unico comma rimasto in vigore (il terzo) del TULPS (R.D. 18-6-1931 n. 773 Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Pubblicato nella Gazz. Uff. 26 giugno 1931, n. 146.), che prevede una sanzione amministrativa in quanto depenalizzata dagli artt. 33 e 38, L. 24 novembre 1981, n. 689.
Già in precedenza il TAR Sicilia – Palermo sezione I, con sentenza del 02.11.2011 n. 1944 si era pronunciato sul tema, dicendo che “sono riscontrabili nella giurisprudenza amministrativa due diversi orientamenti. Secondo il primo, l’attività di cartomante (come le altre di chiromante, veggente, occultista contemplate dall’art. 121 t.u.l.p.s. e dall’art. 231 reg. p.s.) è sanzionata solo quando, a seguito di un’approfondita analisi della fattispecie concreta, costituisce manifestazione di vera e propria ciarlataneria e tale è ogni attività diretta a speculare sull’altrui credulità od a sfruttare od alimentare l’altrui pregiudizio.
Secondo altro orientamento, la normativa vigente vieta lo svolgimento del mestiere di cartomante perché comporta – secondo l’id plerumque accidit, ragionevolmente valutato dall’art. 231 reg. p.s. – il rischio dell’approfittamento dell’altrui credulità (pregiudizievole sotto il profilo patrimoniale e personale), anche se non sono in concreto commessi reati.”
Consapevole di questi due diversi orientamenti, il TAR Sicilia condivide il “primo orientamento, in quanto, essendo indubbio (dalla stessa formulazione) che l’elencazione di cui alla norma succitata non esaurisce tutte le ipotesi di ciarlataneria, ma è meramente esemplificativa, deve ritenersi necessaria una approfondita analisi della fattispecie concreta per verificare se tale attività concretizza un abuso della credulità popolare e dell’ignoranza. Tale analisi deve tenere conto del mutato contesto storico e sociale rispetto al momento, in cui è stata introdotta quella normativa, di cui è, peraltro, espressione la stessa giurisprudenza, che è giunta a ritenere ammissibili le attività di cui di discute in quanto fonte di reddito e quindi soggette al prelievo fiscale al pari di qualsiasi attività professionale.”
In pratica, per poter sanzionare l’esercizio abusivo del mestiere di ciarlatano è necessario valutare in concreto, attraverso apposita istruttoria e conseguente sufficiente motivazione, l’oggettiva idoneità dell’attività svolta valutandone la propensione all’inganno nei confronti del destinatario del “servizio”.
Consiglio di Giustizia Amministrativa Sicilia, 3 marzo 2015, n. 195