Con il presente ricorso la Commissione chiede alla Corte di dichiarare che l’Italia: – istituendo e mantenendo in essere una normativa per effetto della quale i premi relativi all’«assicurazione responsabilità civile auto» devono essere calcolati in base a parametri determinati e assoggettando i premi medesimi ad un controllo a posteriori, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva 92/49/CEE (terza direttiva «assicurazione non vita»); – esercitando un controllo sulle modalità con cui le imprese di assicurazione, con sede centrale in un altro Stato membro, ma operanti in Italia calcolano i propri premi assicurativi e imponendo sanzioni in caso di violazione delle norme nazionali e – mantenendo l’obbligo di contrarre l’assicurazione responsabilità civile auto per tutte le imprese di assicurazioni, comprese quelle con sede centrale in un altro Stato membro, ma operanti in Italia la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt.
43 CE e 49 CE.
A – La restrizione alla libertà di stabilimento ed alla libera prestazione dei servizi (obbligo di contrarre)
È pacifico che l’obbligo di contrarre si applica indistintamente a tutte le imprese che offrono l’assicurazione responsabilità civile auto sul territorio italiano.
La Commissione ritiene, tuttavia, che tale obbligo, considerato che riduce la possibilità per le imprese di assicurazioni di attuare in modo autonomo le loro scelte strategiche di mercato, incida sullo stabilimento e sulla prestazione di servizi in Italia per le imprese con sede in un altro Stato membro.
Secondo costante giurisprudenza, la nozione di «restrizione» comprende tutte le misure che vietano, ostacolano o rendono meno attraente l’esercizio della libertà di stabilimento o della libera prestazione dei servizi.
Nella specie, è pacifico che l’obbligo di contrarre non produce ripercussioni sull’accettazione, da parte delle autorità italiane, dell’autorizzazione amministrativa, che le imprese di assicurazione con sede in uno Stato membro diverso dalla Repubblica italiana ottengono nello Stato membro in cui hanno sede.
Tale obbligo lascia quindi impregiudicato il diritto di accesso al mercato italiano dell’assicurazione responsabilità civile auto conseguente a tale autorizzazione.
Tuttavia, l’obbligo di contrarre costituisce un’ingerenza sostanziale nella libertà di contrarre di cui godono, in linea di principio, gli operatori economici.
Nel settore delle assicurazioni, una siffatta misura incide sull’accesso al mercato degli operatori interessati, in particolare laddove assoggetta le imprese di assicurazione non solo all’obbligo di assumersi tutti i rischi che vengono loro proposti, bensì parimenti ad esigenze di moderazione tariffaria.
L’obbligo di contrarre, implicando adeguamenti e costi di tale rilevanza per le imprese straniere, rende meno attraente l’accesso al mercato italiano e restringe la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi.
Una restrizione alla libertà di stabilimento ed alla libera prestazione dei servizi può peraltro essere ammissibile ove risulti che essa risponde a ragioni imperative di interesse pubblico, è idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non va oltre quanto necessario per il suo raggiungimento.
La Repubblica italiana ha invocato la protezione sociale delle vittime di incidenti stradali.
Tale obiettivo di protezione sociale, da intendersi essenzialmente quale garanzia di adeguato risarcimento delle suddette vittime, può essere considerato quale ragione imperativa di interesse generale.
Infatti, lo scopo stesso dell’assicurazione obbligatoria responsabilità civile auto risiede nel garantire il risarcimento alle vittime di incidenti stradali.
Tale risarcimento viene principalmente finanziato mediante contratti conclusi con imprese di assicurazione.
L’obbligo di contrarre di cui è causa nella specie è idoneo a contribuire all’attuazione della normativa comunitaria riguardante l’obbligo, per ogni proprietario di un autoveicolo, di concludere un’assicurazione responsabilità civile auto ed è, pertanto, idoneo al conseguimento dell’obiettivo di tale normativa, consistente nel garantire un adeguato risarcimento delle vittime di incidenti stradali.
In merito all’argomento della Commissione secondo cui sarebbe sproporzionato imporre alle imprese assicurative un obbligo di contrarre nei confronti di tutti i potenziali clienti, e ciò sull’intero territorio italiano, la Repubblica italiana ha sostenuto che nell’area meridionale sussistono circostanze difficili che esigono misure correttrici, affinché l’assicurazione responsabilità civile auto possa essere offerta a condizioni accettabili tanto per i contraenti, quanto per le imprese di assicurazioni.
Ciò premesso, correttamente la Repubblica italiana ha ritenuto opportuno imporre a tutte le imprese operanti sul proprio territorio un obbligo di contrarre nei confronti di tutti i proprietari di autoveicoli residenti in Italia, al fine di evitare che tali imprese si ritirino dalla parte meridionale del territorio italiano e privino in tal modo i proprietari di autoveicoli ivi residenti della possibilità di concludere l’assicurazione, peraltro obbligatoria, di responsabilità civile auto.
L’Italia non ha peraltro vietato alle imprese di assicurazione di applicare tariffe differenziate in funzione di statistiche storiche del costo medio del rischio nell’ambito di categorie di assicurati definite in maniera sufficientemente ampia.
La Corte ritiene quindi che l’obbligo di contrarre è idoneo a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non va al di là di quanto è necessario per il suo conseguimento.
B – Sulla libertà tariffaria
A parere della Commissione l’obbligo per le imprese di assicurazione di fissare i premi conformemente alle proprie «basi tecniche, sufficientemente ampie ed estese ad almeno cinque esercizi» e di conformarli ad una determinata media di mercato, al pari dell’assoggettamento dei premi ad un controllo retroattivo e della possibilità per l’ISVAP di applicare sanzioni di notevole entità, costituirebbe una violazione del principio di libertà tariffaria.
La Repubblica italiana osserva che i principi tariffari enunciati nella legge n. 990/69 perseguono il solo obiettivo di contenere il fenomeno consistente nel fatto che talune imprese di assicurazioni, calcolando una tariffa esorbitante, scoraggiano gli utenti dal sottoscrivere una polizza assicurativa presso di esse.
La Corte ricorda che la direttiva 92/49 vieta ad uno Stato membro di istituire un regime di previa approvazione o di comunicazione sistematica delle tariffe.
Il legislatore comunitario ha in tal modo inteso garantire il principio della libertà tariffaria nel settore dell’assicurazione non vita.
La legge n. 990/69 e il codice delle assicurazioni private obbligano le imprese che forniscono l’assicurazione responsabilità civile auto a calcolare in modo distinto i premi puri e i ricarichi; essi non hanno peraltro istituito un sistema di previa autorizzazione o di comunicazione sistematica delle tariffe e non impongono alle imprese di assicurazioni di orientare le loro tariffe in base alla media del mercato.
C – Il controllo sulle modalità di calcolo dei premi e l’applicazione di sanzioni
A parere della Commissione, il controllo esercitato dall’ISVAP sulle modalità con cui le imprese di assicurazioni operanti in Italia calcolano i loro premi assicurativi nonché l’imposizione di sanzioni costituiscono una violazione della ripartizione di competenze tra lo Stato membro di origine e lo Stato membro ospitante.
La Repubblica italiana osserva che gli interventi in materia tariffaria aventi ad oggetto la tutela dei consumatori non rientrano nell’ambito della vigilanza finanziaria delle imprese di assicurazioni. Infatti, gli strumenti di protezione della stabilità finanziaria, il cui utilizzo è di competenza esclusiva delle autorità dello Stato membro di origine, sono costituiti dai margini di solvibilità e dalla copertura delle riserve tecniche.
Per la Corte la direttiva 92/49 non esclude la possibilità di controlli come quelli esercitati
dall’ISVAP.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La Commissione delle Comunità europee, la Repubblica italiana e la
Repubblica di Finlandia sopportano le proprie spese.
Massima tratta da: Corte di Giustizia UE
Corte di Giustizia UE, 28 aprile 2009, C. 518-06