Configura il reato di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine ex art. 516 c.p. il commercio di prodotti caseari indicati come “freschi” ma realizzati mediante l’utilizzo di ingredienti industriali pre-lavorati come il latte in polvere.
Il concetto di “freschezza” di un alimento ha attinenza non solo al prodotto finito ma anche agli ingredienti che lo compongono, in quanto il concetto di freschezza di un alimento non può avere attinenza solo con dati quali la temperatura o la preparazione al momento, ma deve essere riferito anche a dati intrinseci che ne attestino la genuinità e la bontà della produzione, in quanto la nozione di prodotto alimentare ingloba non solo il prodotto finito, ma anche gli ingredienti adoperati e i cicli di lavorazione che debbono, per l’appunto, assicurare nel loro insieme una genuinità di produzione. E certamente è innegabile che tra i componenti di un prodotto da valutare in termini di genuinità vadano intesi anche quegli elementi che bandiscono qualsiasi riferimento a componenti artificiali o comunque non naturali.
Nella fattispecie l’imputato era accusato del reato di cui all’art. 516 c.p. in ragione della produzione di ricotta prodotta con siero di latte in polvere anziché con latte fresco, condotta peraltro vietata dall’art. 1 della legge 138/74 che vieta la preparazione di prodotti caseari preparati con latte fresco al quale sia stato aggiunto latte in polvere o altri latti conservati con qualunque trattamento chimico o comunque concentrati; con latte liquido destinato al consumo alimentare diretto o alla preparazione di prodotti caseari ottenuto, anche parzialmente, con latte in polvere o con altri latti conservati con qualunque trattamento chimico o comunque concentrati; con con prodotti comunque derivati da latte in polvere.
Art. 516 cod. pen. – Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine.
Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio come genuine sostanze alimentari non genuine è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 1.032 euro
Cassazione penale, sez. III, 20 settembre 2013, n. 15113