Corte Costituzionale, 23 luglio 2015, n. 185
La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 99, quinto comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 4 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (cd. legge ex Cirielli), nella parte in cui prevedeva l’aumento obbligatorio della pena per la recidiva nel caso dei reati indicati all’articolo 407, comma 2, lettera a) del codice penale (e quindi limitatamente alle parole «è obbligatorio e,»).
La novella del codice del 2005 ha infatti previsto una forma di recidiva “obbligatoria”, facendo conseguire automaticamente un aumento di pena (non inferiore ad un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto, nei casi previsti dal secondo comma) qualora la reiterazione si riferisca ad uno dei delitti indicati all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale ovvero di reati di particolare gravità.
Secondo la Consulta la previsione di un obbligatorio aumento di pena legato solamente al dato formale del titolo di reato, senza alcun accertamento della concreta significatività del nuovo episodio delittuoso – in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti e avuto riguardo ai parametri indicati dall’art. 133 cod. pen. – sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo, non solo viola l’art. 3 della Costituzione ma anche l’art. 27, terzo comma, che implica un costante “principio di proporzione” tra qualità e quantità della sanzione, da una parte, e offesa, dall’altra.
Art. 99 cod. pen. (Recidiva)
Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo.
La pena può essere aumentata fino alla metà:
1) se il nuovo delitto non colposo è della stessa indole;
2) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente;
3) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso durante o dopo l’esecuzione della pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all’esecuzione della pena.
Qualora concorrano più circostanze fra quelle indicate al secondo comma, l’aumento di pena è della metà. Se il recidivo commette un altro delitto non colposo, l’aumento della pena, nel caso di cui al primo comma, è della metà e, nei casi previsti dal secondo comma, è di due terzi.
Se si tratta di uno dei delitti indicati all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, l’aumento della pena per la recidiva [è obbligatorio e,] nei casi indicati al secondo comma, non può essere inferiore ad un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto.
In nessun caso l’aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo.
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Corte Costituzionale, 23 luglio 2015, n. 185