La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 170/2014, ha dichiarato l’illegittimità, costituzionalmente degli art. 2 e 4 della legge 14 aprile 1982 n. 164 (norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso), nella parte in cui non prevedono a seguito della sentenza di rettificazione dell’attribuzione di sesso – da cui deriva lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili –possa essere comunque mantenuto in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato che tuteli adeguatamente i diritti ed i doveri della coppia medesima.
Al fine di dare attuazione alla declaratoria d’illegittimità costituzionale contenuta nella richiamata sentenza della Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione ha ritenuto occorre accogliere il ricorso presentato dalla parti contro l’annotazione posta a margine dell’atto di matrimonio relativa alla cessazione degli effetti civili del matrimonio a seguito della rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei due coniugi e conservare alle parti ricorrenti il riconoscimento dei diritti e doveri conseguenti al vincolo matrimoniale legittimamente contratto.
Il tutto fino a quando non interverrà il legislatore a riempire il vuoto normativo consentendo di mantenere in vita il rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata che ne tuteli adeguatamente diritti ed obblighi.
Manca, infatti, un modello di relazione tra persone dello stesso sesso all’interno del quale far confluire le unioni matrimoniali contratte originariamente da persone di sesso diverso e divenute, mediante la rettificazione del sesso di uno dei componenti, del medesimo sesso.
Precisa tuttavia la Corte che tTale opzione ermeneutica è costituzionalmente obbligata e non determina l’estensione del modello di unione matrimoniale alle unioni omoaffettive, svolgendo esclusivamente la funzione temporalmente definita e non eludibile di non creare quella condizione di massima indeterminatezza stigmatizzata dalla Corte Costituzionale in relazione ad un nucleo affettivo e familiare che, avendo goduto legittimamente dello statuto matrimoniale, si trova invece in una condizione di assenza radicale di tutela.
Cassazione civile, sez. I, 21 aprile 2015, n. 8097