L’errore di fatto idoneo, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., a sorreggere il ricorso per revocazione, per giurisprudenza consolidata, è tale allorché vi sia stata da parte del giudicante una errata percezione del contenuto degli atti di giudizio, derivante da svista o abbaglio dei sensi, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, sì da indurre il giudicante a supporre l ‘inesistenza di un fatto decisivo che risulta invece positivamente accertato ovvero l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti di causa, ma occorre anche che l’errore sia stato determinante ai fini della pronuncia emessa ( cfr., ex plurimis, Cons. Stato IV, 29 gennaio 2002 n. 3823; VI 25 luglio 2001 n. 4104, 26 marzo 2002 n. 4755, 2 agosto 2004 n. 5371).
Sulla scorta di tali principi deve ritenersi inammissibile il ricorso per revocazione allorquando si contestino le conclusioni a cui il giudice è pervenuto sulla base di specifici presupposti di fatto, dal momento che in tal caso è evidente che la domanda di revocazione viene utilizzata solo come pretesto per rimettere in discussione il tema controverso al fine di pervenire ad una diversa decisione nel merito (cfr. Cons. Stato – Sez. VI, 24 aprile 1979 n. 309).
Consiglio di Stato, sez. III, 27 marzo 2012, n. 1783