È stata esclusa l’esistenza del diritto al ricongiungimento familiare nel cittadino extracomunitario legato ad un cittadino italiano, dello stesso sesso, da un’unione di fatto debitamente attestata nel paese d’origine del richiedente.
Una siffatta posizione dello straniero non è riconducibile alla qualità di familiare richiesta dall’art. 30, primo comma lettera c) del d.lgs n. 286 del 1998 ai fini del riconoscimento del diritto al ricongiungimento.
Il diniego della Corte di Cassazione si fonda sia sulla giurisprudenza Costituzionale che ha costantemente negato l’estensione alla convivenza more uxorio del divieto di espulsione previsto all’art. 19, secondo comma, lettera c) per lo straniero convivente con coniuge italiano e, più in generale, ha escluso l’equiparabilità della famiglia di fatto alla famiglia legittima in mancanza di figli naturali.
Infine, avuto conto che nel caso di specie trattasi di unione di fatto tra persone dello stesso sesso, è stato escluso il contrasto tra la disciplina nazionale e gli artt. 8 e 14 della CEDU, per l’arbitraria ingerenza nelle scelte del modello familiare, avente anche portata discriminatoria sulla base degli orientamenti sessuali.
Ed infatti la mancata equiparazione del convivente, nell’ambito di una relazione di fatto, al coniuge è prevista in relazione a qualsiasi tipo di convivenza non matrimoniale, e non soltanto per quelle tra persone dello stesso sesso, ragion per cui deve rilevarsi che l’art. 8 CEDU, comma 2, consente l’ingerenza dell’autorità pubblica agli specifici fini previsti, tra i quali devono ritenersi compresi anche quelli perseguiti dalla disciplina del fenomeno migratorio.