In caso di tardiva concessione del permesso di costruire il privato ha diritto al risarcimento del danno che gli sia derivato. Nella fattispecie – relativa al rilascio di una concessione edilizia richiesta nel 1989 intervenuto solamente dopo sette anni, nel 1996 – il Consiglio di Stato ha riconosciuto, in quanto supportate da adeguati mezzi di prova, le seguenti somme:
– oneri di urbanizzazione corrisposti al Comune ma non dovuti per la qualità di imprenditore agricolo a titolo principale del richiedente;
– aumento dei costi sostenuti per la costruzione del manufatto, essendo essi mutati nei sette anni intercorsi tra la richiesta della concessione ed il rilascio della stessa;
– mancato utile conseguito per effetto dell’attività d’impresa che sarebbe stata esercitata in detto periodo.
È stato accertato che durante il periodo intercorso dalla domanda l’amministrazione comunale aveva tenuto comportamenti illegittimi in violazione degli obblighi di motivazione, pubblicità e di trasparenza dettati dalla legge 241 del 1990.
Pur tuttavia il Consiglio precisa che il danno risarcibile al privato deve comunque tenere in considerazione il “comportamento diligente” dello stesso, sicché, ove risulti che un diverso e sicuramente esigibile comportamento del privato, improntato ai fondamentali principi di solidarietà e buona fede e a salvaguardare anche gli altrui interessi, senza alcun diretto pregiudizio per i propri, avrebbe limitato considerevolmente il ritardo del rilascio del titolo edilizio, il risarcimento del danno subito dovrà essere equitativamente ridotto.
Sotto il profilo procedurale il Consiglio di Stato rammenta che il decorso suddetto termine di sessanta giorni dalla presentazione della richiesta di concessione edilizia non consuma il potere – dovere dell’amministrazione di provvedere sulla domanda del privato (C.d.S., sez. V, 28 novembre 2005, n. 6623; sez. IV, 1° ottobre 1993, n. 818), costituendo piuttosto il silenzio – rifiuto un provvedimento fittizio (C.d.S., sez. V, 23 agosto 2000, n. 4564) con finalità acceleratorie del procedimento di rilascio del titolo concessorio e di semplificazione, in particolare attribuendo al privato la facoltà di liberarsi dell’inerzia dell’amministrazione e dell’onere della diffida e messa in mora di quest’ultima indispensabile per adire il giudice amministrativo (C.d.S., sez. V, 25 settembre 1998, n. 1326; sez. IV, 1° ottobre 1993, n. 818). Ne consegue che la mancata impugnazione del silenzio rifiuto rileva sotto il diverso profilo della sua eventuale efficacia causale alla produzione del danno (concausa) e della concreta determinazione del danno risarcibile (ex artt. 1227 c.c. e 30, comma 3, c.p.a.).