Ammesso l’accordo di ristrutturazione dei debiti che preveda la soddisfazione non integrale dei crediti privilegiati
L’art. 7 della L. n. 3 del 2012, come modificata dal D.L. n. 179 del 2012, art. 18, convertito in L. n. 221 del 2012, consente di predisporre un accordo di ristrutturazione dei debiti recante una proposta di soddisfacimento non integrale dei crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca.
Segnatamente il secondo capoverso del primo comma dispone «È possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi».
La Suprema Corte ha già avuto modo di riconoscere una tale possibilità, a condizione che dei crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi (v. Cass. n. 26328-16);
Il tenore della normativa dettata per l’accordo di composizione della crisi del debitore non fallibile conforta l’orientamento, essendo stabilita la generale falcidiabilità dei crediti tributari, privilegiati e chirografari.
Gli ermellini precisano che, nella sua stesura originaria, la norma escludeva la falcidia in riferimento al regime dell’Iva (oltre che per gli altri crediti descritti dalla disposizione), e in ciò costituiva il principale tratto di differenziazione rispetto al regime del concordato preventivo, tratto di differenziazione infine eliminato per effetto della sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale della L. 27 gennaio 2012, n. 3, art. 7, comma 1, terzo periodo, limitatamente alle parole: "all’imposta sul valore aggiunto" " (v. C. Cost. n. 245-19).
Cassazione civile, sez. VI, 18 febbraio 2021, n.4270