Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – respingendo il ricorso proposto avverso un ordine di demolizione di alcune opere consistenti nel completamento di un piano sopraelevato rispetto alla costruzione preesistente (ricavando così tre appartamenti per una superficie complessiva di mq 200) – pone l’accento sulla distinzione fra ristrutturazione edilizia e nuova costruzione, ricollegandosi direttamente alle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 380/2001 (c.d. “T.U. Edilizia”), che di tali nozioni forniscono la definizione e individuano i limiti.
Ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera d) del sopracitato D.P.R. nel testo precedente le modifiche apportate dal D.L. n. 69 del 21 giugno 2013, erano “interventi di ristrutturazione edilizia, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”.
Ai sensi della successiva lettera e), invece, erano “interventi di nuova costruzione, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali: e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6)…”.
Sulla base di tali definizioni, la recente giurisprudenza amministrativa ha chiarito che, nell’ambito delle opere edilizie, la semplice ristrutturazione edilizia si verifica laddove gli interventi abbiano interessato un edificio del quale, all’esito degli stessi, “rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura”, mentre è ravvisabile la ricostruzione allorché dell’edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l’intervento si traduce “nell’esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria né delle superfici occupate in relazione alla originaria sagoma di ingombro”.
In presenza di tali aumenti trattasi di nuova costruzione, da considerare tale anche ai fini del computo delle distanze rispetto agli edifici contigui, come previste dagli strumenti urbanistici locali (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 3221 dell’11 giugno 2013). Si è, quindi, precisato che il concetto di ristrutturazione edilizia resta distinto dall’intervento di nuova costruzione “per la necessità che la ricostruzione corrisponda (nella ristrutturazione), quanto meno nel volume e nella sagoma, al fabbricato demolito” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 3278 del 13 giugno 2013).
La necessità di rispettare l’originaria volumetria risulta, peraltro, addirittura rinforzata alla luce delle modifiche recentemente apportate al T.U. dell’Edilizia dal D.L. n. 69 del 21 giugno 2013,convertito dalla L. n. 98/2013 (c.d. “Decreto del Fare”), con cui il legislatore (mediante la modifica della lettera d) del citato comma 1 dell’art. 3 del T.U. Edilizia) ha considerato fra gli interventi di ristrutturazione edilizia anche gli interventi “consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quella preesistente”, senza fare più riferimento al rispetto della sagoma precedente.
Resta fermo, ad ogni modo, che deve sempre considerarsi nuova costruzione “la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma esistente” (lettera e.1 del comma 1 dell’art. 3 del T.U.) e rimane, quindi, la necessità del rilascio del permesso di costruire quando l’immobile da ricostruire ha una diversa volumetria, a prescindere dalla concorrente circostanza relativa al mutamento della destinazione d’uso.
TAR Campania, Napoli, sez. IV, 25 luglio 2014, n. 4321