1. Anche in considerazione delle note sentenze della Corte Costituzionale nn. 204 e 281/2004, spetta al G.A. di conoscere delle domande di risarcimento dei danni da ritardo nel rilascio di una concessione edilizia.
2. Il petitum e la causa petendi del ricorso giurisdizionale vanno desunti non solo dalle specifiche espressioni letterali con le quali si sono formulate le richieste, ma dall’intero contesto del gravame, in quanto l’oggetto del rapporto processuale deve essere individuato in concreto, secondo il principio generale di affidamento che sorregge l’interpretazione degli atti negoziali, di talché non è dato arrestarsi alle formule utilizzate, ma occorre valutare l’atto nel suo complesso ed intendere l’oggetto dell’impugnazione secondo il senso in cui può essere normalmente inteso, per il suo tenore, dal destinatario
3. Deve ritenersi nulla, perché contraria a norme imperative, la convenzione in forza della quale il privato richiedente la concessione edilizia accetti che il rilascio della stessa sia subordinato alla rinuncia a proporre azioni risarcitorie nei confronti del Comune, giacché l’Amministrazione, fuorché nelle ipotesi espressamente previste dalla legge, non può apporre condizioni sospensive o risolutive al rilascio del titolo edilizio, stante il carattere costitutivo e non negoziale del relativo provvedimento.
4. La domanda di risarcimento del danno causato da un illegittimo provvedimento di diniego annullato in sede giurisdizionale per difetto di motivazione, non può trovare accoglimento, ove persistano in capo alla P.A. significativi spazi di discrezionalità amministrativa pura in sede di riesercizio del potere e la parte istante, oltre a detta illegittimità procedimentale, abbia allegato, a base della pretesa risarcitoria, un ulteriore pregiudizio derivante dal mancato conseguimento del bene della vita costituito dalla richiesta autorizzazione.
5. Atteso il complesso dibattito sulla natura, contrattuale o extracontrattuale, della responsabilità da lesione degli interessi legittimi, l’adesione del ricorrente all’una o all’altra delle due tesi, ancorché ritenuta erronea, non può mai condurre alla declaratoria di inammissibilità del ricorso; comunque, la giurisprudenza dominante iscrive l’illecito della P.A. nella fattispecie della responsabilità aquiliana che si struttura sui seguenti cinque elementi costitutivi: danno, antigiuridicità, nesso causale, imputabilità e colpevolezza.
6. Ritenuti sussistenti tutti gli elementi costitutivi della fattispecie aquiliana, la liquidazione del danno, come previsto dall’art. 2056 CC, va effettuata, quanto al danno emergente, considerando la perdita subita con riferimento al disposto degli artt. 1223, 1226 e 1227 CC; mentre il lucro cessante, in base al secondo comma del medesimo art. 2056, va valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso.
TAR Abruzzo Pescara, 8 febbraio 2007, n. 153