La Corte di Giustizia Ue ha dichiarato l’Italia inadempiente nella messa al bando delle vecchie gabbie per l’allevamento delle galline da uova, non avendo garantito che, a partire dal 1° gennaio 2012, le galline ovaiole non fossero più tenute in gabbie non modificate.
In particolare l’Italia è venuta meno agli obblighi derivanti degli articoli 3 e 5, paragrafo 2, della direttiva 1999/74/CE del Consiglio, del 19 luglio 1999, che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole.
Detta direttiva prevede il divieto, dal primo gennaio 2012, di allevare le galline per la produzione di uova in gabbie non modificate, stabilendo che i nuovi contenitori devono essere almeno 550 cm2 di superficie e 40 cm di altezza, e demandando agli Stati membri il compito di provvedere affinché i proprietari di allevamenti applichino i requisiti.
Sebbene la Commissione abbia riconosciuto che le misure adottate dalla Repubblica italiana per porre fine all’inadempimento contestato, e, in particolare quelle volte a limitare la commercializzazione delle uova provenienti dalle aziende di cui trattasi al solo territorio nazionale abbiano consentito di ridurre l’impatto di tale inadempimento, ha comunque rilevato che, alla data del 4 dicembre 2012, 239 aziende allevavano ancora sul territorio italiano quasi 12 milioni di galline in gabbie non modificate.
In Italia la direttiva 1999/74 è stata recepita mediante l’emanazione del decreto legislativo n. 267/2003.