A norma dell’art. 2710 cod. civ. le scritture contabili (“i libri bollati e vidimati nelle forme di legge” nel tenore letterale dell’articolo, ma a seguito della legge n. 383 del 18 ottobre 2001, la vidimazione del libro giornale, libro inventari e registri IVA è facoltativa) quando sono regolarmente tenute, possono fare prova tra imprenditori per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa.
Le scritture contabili, pur se regolarmente tenute, non hanno dunque valore di prova legale a favore dell’imprenditore che le ha redatte. Secondo consolidata giurisprudenza della Corte Regolatrice, qualora egli intenda utilizzarle come mezzi di prova nei confronti della controparte ai sensi dell’art. 2710 c.c., le scritture stesse sono soggette, come ogni altra prova, al libero apprezzamento del giudice, al quale spetta stabilire, nei singoli casi, se e in quale misura siano attendibili e idonee, eventualmente in concorso con altre risultanze probatorie, a dimostrare la fondatezza della pretesa (o della eccezione) della parte che le ha prodotte in giudizio.
Cassazione civile, sez. III, 31 Luglio 2012, n. 13669