Il giudice, per pronunciare la separazione, deve verificare l’esistenza, anche in un solo coniuge, di una condizione di disaffezione al matrimonio tale da rendere incompatibile, allo stato, la convivenza e ciò pure a prescindere da elementi di addebitabilità della crisi coniugale in capo all’altro coniuge.
Ove tale situazione d’intollerabilità si verifichi, anche rispetto ad un solo coniuge, deve ritenersi che questi abbia diritto di chiedere la separazione: con la conseguenza che la relativa domanda, costituendo esercizio di un suo diritto, non può costituire ragione di addebito (conformi Cass. 21099/2007 e, più di recente, tra le altre, Cass. 2183/2013).
Ed infatti già con la riforma del diritto di famiglia del 1975 la separazione dei coniugi è stata consentita tutte le volte che “si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza” (art. 151 c.c., nel testo riformato).
Con la sentenza n. 3356 del 2007 la Suprema Corte ha ampliato l’originaria interpretazione di tale norma dandone una lettura aperta alla valorizzazione di “elementi di carattere soggettivo, costituendo la intollerabilità un fatto psicologico squisitamente individuale, riferibile alla formazione culturale, alla sensibilità e al contesto interno alla vita dei coniugi”.
Cassazione civile, sez. I, 29 aprile 2015, n. 8713