L’art. 59 del TUEL (d.lgs. 267/2000) prevede, a vario titolo – anche a seguito dell’intervenuta sentenza di condanna non ancora definitiva ovvero di misure di prevenzione applicate con provvedimento non definitivo per i reati meglio specificati dalla norma stessa – la sospensione di diritto dalle cariche amministrative di cui al primo comma dell’articolo 58 (presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’articolo 114 del medesimo Testo Unico, presidente e componente degli organi delle comunità montane).
Dispone il comma terzo della medesima norma – pur senza specificare quale sia il dies a quo – che la sospensione cessa di diritto di produrre effetti decorsi diciotto mesi e che, nel caso in cui l’appello proposto dall’interessato avverso la sentenza di condanna sia rigettato anche con sentenza non definitiva, decorre un ulteriore periodo di sospensione, che cessa di produrre effetti trascorso il termine di dodici mesi dalla sentenza di rigetto dell’atto di appello.
Il quarto comma del ridetto art. 59 prevede altresì che sia cura della cancelleria del Tribunale o della segreteria del Pubblico Ministero comunicare al Prefetto i provvedimenti giudiziari che comportano la sospensione dalla carica.
Solo successivamente l’Ufficiale del Governo, accertata la sussistenza di una causa di sospensione, provvede a notificare il relativo provvedimento agli organi che hanno convalidato l’elezione o deliberato la nomina.
La sentenza in commento si caratterizza per la sua portata innovatrice in quanto affronta per la prima volta la questione relativa all’individuazione del momento dal quale deve intendersi inizi a decorrere il periodo di diciotto mesi previsto dall’art. 59 del d.lgs. 267/2000 al termine del quale cessa la sospensione di cui si tratta.
Detto momento, in assenza di una specifica previsione legislativa, potrebbe in astratto ritenersi coincidente con la data di pubblicazione della sentenza di condanna così come con la data di emissione del provvedimento prefettizio o ancora con la data della successiva delibera dell’organo amministrativo che ha convalidato l’elezione.
Nel caso di specie, relativo alla sospensione dalla carica del consigliere comunale condannato in via non definitiva per il reato p. e p. dall’art. 317 c.p., entrambi i giudici di merito investiti della questione hanno individuato il momento iniziale del decorso del termine di sospensione nella data di pubblicazione della sentenza penale, avuto conto in particolare del fatto che la seconda parte del terzo comma dell’art. 59 indica quale “dies a quo” della eventuale ed ulteriore proroga di dodici mesi della sospensione la data di emissione della sentenza di rigetto dell’appello proposto avverso la sentenza di condanna di primo grado e pertanto l’intervento del prefetto e dell’organo amministrativo (nella specie il consiglio comunale) avrebbero mera efficacia dichiarativa o di presa d’atto.
Diversa l’interpretazione della norma alla quale sono pervenuti i giudici di legittimità secondo i quali la soluzione sopra prospettata priverebbe di ogni significato il quarto comma dello stesso art. 59, che prevede la comunicazione al Prefetto della decisione giudiziale dalla quale deriva la sospensione dalla carica, per cui il Prefetto stesso, “accertata la sussistenza di una causa di sospensione, provvede a notificare il relativo provvedimento agli organi che hanno convalidato l’elezione o deliberato la nomina”.
In sostanza due le argomentazioni a sostegno della conclusione cui sono giunti gli Ermellini, per cui la sospensione di diritto dalla carica non decorre dalla data della pubblicazione della sentenza di condanna, ma dalla comunicazione del provvedimento di sospensione emesso dal Prefetto agli organi che hanno convalidato l’elezione o deliberato la nomina: per un verso non si ravviserebbe la finalità cui sono tesi l’accertamento del Prefetto e la sua successiva comunicazione se la sospensione dovesse intendersi già operante al momento della pubblicazione della sentenza; per altro verso è stato rilvato come non siano estranee all’ordinamento ipotesi di provvedimenti già esecutivi che tuttavia richiedano una verifica integrativa da parte di altri soggetti (ad esempio l’apposizione della formula esecutiva prevista dall’art. 475 c.p.c. in calce alla sentenza, pur già esecutiva, per poter procedere alla sua effettiva messa in esecuzione).
Ne consegue che – come nel caso di specie – qualora il periodo di diciotto mesi trascorra dalla pubblicazione della sentenza, senza che gli organi amministrativi siano venuti a conoscenza della sentenza a seguito della comunicazione prefettizia, si configura una sorta di sospensione virtuale del termine.
Cassazione civile, sez. I, 8 luglio 2009, n. 16052