«Nel delitto di rapina sussiste l’ingiustizia del profitto quando l’agente, impossessandosi della cosa altrui (nella specie un telefono cellulare), persegua esclusivamente un’utilità morale, consistente nel prendere cognizione dei messaggi che la persona offesa abbia ricevuto da altro soggetto, trattandosi di finalità antigiuridica in quanto, violando il diritto alla riservatezza, incide sul bene primario dell’autodeterminazione della persona nella sfera delle relazioni umane».
Il principio di diritto enunciato dalla Cassazione deriva dalla considerazione secondo cui “l’instaurazione di una relazione sentimentale fra due persone appartiene alla sfera della libertà personale e rientra nel diritto inviolabile all’autodeterminazione fondato sull’art. 2 della Costituzione, dal momento che non può darsi una piena ed effettiva garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo (e della donna) senza che sia rispettata la sua libertà di autodeterminazione. La libertà di autodeterminazione nella sfera sessuale comporta la libertà di intraprendere relazioni sentimentali e di porvi termine”.
Nel caso di specie la pretesa dell’agente di “perquisire” il telefono della ex fidanzata alla ricerca di messaggi – dal suo punto di vista – compromettenti, assume i caratteri dell’ingiustizia del profitto – ancorché solo morale – proprio perché, violando il diritto alla riservatezza, tende a comprimere la libertà di autodeterminazione della donna.