Cassazione penale, sez. I, 19 dicembre 2013, n. 5728
Il detenuto può dolersi di essere sottoposto a trattamento inumano o degradante, per essere ristretto in ambienti carcerari di ampiezza così esigua da non soddisfare i requisiti minimi dell’abitabilità intramuraria fissati dalla CEDU.
Nel sancire il divieto della tortura, delle pene e dei trattamenti inumani o degradanti, l’articolo 3 della CEDU non ha tipizzato le condotte integratrici della violazione del divieto e, analogamente neppure l’articolo 27, comma 2, della Costituzione, ha stabilito alcuno specifico canone per la determinazione dei trattamenti vietati, limitandosi solo a stabilire che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, così come lo è l’essere reclusi in spazi eccessivamente angusti.
A tal proposito, specifica la Suprema Corte, per la determinazione dello spazio individuale minimo intramurario, pari o superiore a tre metri quadrati, da assicurare ad ogni detenuto, deve essere scomputata dalla superficie lorda della cella l’area occupata dagli arredi.
Cassazione penale, sez. I, 19 dicembre 2013, n. 5728