Per la sussistenza del reato di atti persecutori è necessaria la realizzazione di una condotta frazionata in una pluralità di comportamenti tipici, sia omogenei, sia eterogenei, che si succedano nel tempo.
Solo con la reiterazione, esplicitamente richiesta dal legislatore, di singoli episodi – che, in via esemplificativa, possono essere di ingiuria, minaccia, lesione, violenza privata, molestia – è legittima una contestazione per il reato di cui all’art. 612-bis c.p. che vada al di là delle tradizionali incriminazioni, previste, rispettivamente, dagli artt. 594, 612, 582, 610, 660 c.p.
Orbene, se il reato di stalking si configura nel momento in cui gli atti vengono reiterati nel tempo, il fatto che l’inizio della condotta avvenga ancor prima dell’entrata in vigore della legge, non rende penalmente irrilevanti gli atti successivi.
Correttamente è ritenuto in dottrina che, perché si applichi la nuova norma, non basta che sotto la sua vigenza sia stato compiuto l’ultimo atto, ma occorre che tale atto sia preceduto da altri comportamenti tipici di aggressione e di molestia, idonei a creare nella vittima lo “status” di persona lesa nella propria libertà morale in quanto condizionata da costante stato di ansia e di paura, ugualmente compiuti sotto la vigenza della nuova norma incriminatrice.