I cittadini dell’Unione europea economicamente inattivi che si recano in un altro Stato membro con l’unico fine di beneficiare di un aiuto sociale possono essere esclusi da talune prestazioni sociali.
In Germania, gli stranieri che si recano nel territorio nazionale al fine di ottenere un aiuto sociale o il cui diritto di soggiorno discende dal solo obiettivo della ricerca di un impiego sono esclusi dalle prestazioni dell’assicurazione di base («Grundsicherung»), che hanno il fine di garantire la sussistenza dei beneficiari.
Al Tribunale sociale di Lipsia (Germania) è sottoposta una controversia tra due cittadini rumeni, da una parte, e il Jobcenter Leipzig, dall’altra, che ha negato loro le prestazioni dell’assicurazione di base.
I ricorrenti non si erano recati in Germania per cercarvi un impiego e, anche se richiedenti le prestazioni dell’assicurazione di base riservate a coloro che cercano un lavoro, è risultato dagli atti di causa che non cercavano effettivamente lavoro, non possedevano una qualifica professionale e non avevano esercitato alcuna attività lavorativa né in Germania né nel paese di origine.
Rispondendo alle domande del Tribunale sociale di Lipsia, la Corte ha affermato che, per poter accedere a talune prestazioni sociali (quali le prestazioni tedesche dell’assicurazione di base), i cittadini di altri Stati membri possono rivendicare la parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro ospitante solo se il loro soggiorno soddisfa i requisiti di cui alla direttiva «cittadino dell’Unione» (Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri).
La Corte ha ricordato che, secondo la direttiva, lo Stato membro ospitante non è tenuto ad erogare una prestazione sociale durante i primi tre mesi di soggiorno.
Quando la durata del soggiorno è superiore a tre mesi ma inferiore a cinque anni (come nel caso di specie), la direttiva subordina il diritto di soggiorno alla condizione che le persone economicamente inattive dispongano di risorse proprie sufficienti. Si intende in tal modo impedire che cittadini dell’Unione economicamente inattivi utilizzino il sistema di protezione sociale dello Stato membro ospitante per finanziare il proprio sostentamento.
Uno Stato membro deve pertanto avere la possibilità di negare le prestazioni sociali ai cittadini dell’Unione economicamente inattivi che esercitino la loro libertà di circolazione con l’unico fine di ottenere il beneficio dell’aiuto sociale di un altro Stato membro, pur non disponendo delle risorse sufficienti per poter rivendicare il beneficio del diritto di soggiorno; al riguardo, deve essere esaminato ogni caso individuale, senza tener conto delle prestazioni sociali richieste.
La Corte ha dichiarato che la direttiva «cittadino dell’Unione» e il regolamento sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale ammettono una normativa nazionale che esclude i cittadini di altri Stati membri dal beneficio di «prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo» (le quali invece sono garantite ai cittadini dello Stato membro ospitante che si trovano nella medesima situazione), in quanto tali cittadini di altri Stati membri non godano di un diritto di soggiorno in forza della direttiva nello Stato membro ospitante.
Infine, la Corte ha ricordato che il regolamento sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale non disciplina le condizioni di concessione delle prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo. Dato che tale competenza spetta al legislatore nazionale, quest’ultimo è parimenti competente per definire la portata della copertura sociale assicurata da tale tipo di prestazioni. Conseguentemente, nel fissare le condizioni e la portata della concessione delle prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo, gli Stati membri non attuano il diritto dell’Unione. Pertanto, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea non è applicabile.
La Corte ha statuito infine che la ricorrente e suo figlio non disponevano di risorse sufficienti e non possono pertanto non potevano rivendicare il diritto di soggiorno in Germania in forza della direttiva «cittadino dell’Unione». Conseguentemente, non potevano avvalersi del principio di non discriminazione sancito dalla direttiva e dal regolamento sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.
Corte di Giustizia UE, 11 novembre 2014, C. 333-13