Per la Corte Costituzionale è legittimo che tamponi e test sierologici covid siano riservati alle farmacie e non estesi alle parafarmacie
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 171 dello scorso 8 luglio, ha dichiarato “non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 418 e 419, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche con riferimento alla parte in cui consentono alle sole farmacie, e non anche alle cosiddette parafarmacie, l’effettuazione dei «test mirati a rilevare la presenza di anticorpi IgG e IgM e dei tamponi antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2.
Secondo Il TAR Marche una tale limitazione avrebbe “determinato un’irragionevole disparità di trattamento tra farmacie e parafarmacie, limitando inoltre, senza un giustificato motivo, la libertà di iniziativa economica delle seconde, che non potrebbero svolgere un’attività che invece le prime, operanti nello stesso mercato di riferimento, sono abilitate a svolgere”.
Di diverso avviso il Giudice delle Leggi secondo cui la scelta di consentire soltanto alle farmacie, e non anche alle parafarmacie, l’effettuazione dei test previsti dalle norme impugnate, a fronte della diversa natura dei due soggetti giuridici e del differente regime giuridico che li caratterizza, rientra nella sfera della discrezionalità legislativa e non è censurabile per irragionevolezza.
A tale riguardo la Consulta specifica che “Tale scelta si fonda, essenzialmente, sull’inserimento delle farmacie nell’organizzazione del servizio sanitario nazionale, che già consente loro di condividere con le autorità sanitarie procedure amministrative finalizzate a fronteggiare situazioni ordinarie ed emergenziali, anche mediante il trattamento di dati sensibili in condizioni di sicurezza.
Coinvolgendo nell’attività in discorso soltanto le farmacie, infatti, il legislatore si è affidato a soggetti, presenti e ordinatamente dislocati sull’intero territorio nazionale in ragione delle esigenze della popolazione, che già fanno parte del servizio sanitario nazionale e che, in tale veste, sono stati chiamati a erogare servizi a forte valenza socio-sanitaria. […]
Con l’art. 1, commi 418 e 419, della legge n. 178 del 2020, inoltre, è stata contenuta e predeterminata la platea di soggetti che sono tenuti a trasmettere alle autorità sanitarie i dati dei test antigenici rapidi; dati il cui trattamento rientra nell’ambito della disciplina di cui all’art. 9 del Regolamento generale sulla protezione dei dati (Regolamento UE 2016/679). In tal modo, sono stati chiamati a interfacciarsi con le autorità sanitarie, attraverso sistemi informativi e telematici da loro già adoperati, soltanto soggetti – le farmacie, appunto – che, proprio perché già inseriti nel SSN, di tali autorità sono interlocutori abituali: aspetto, questo, tanto meno censurabile in termini di ragionevolezza, ove si pensi che la trasmissione di detti dati personali sensibili è funzionale anche all’adozione, da parte delle autorità sanitarie, di provvedimenti limitativi della libertà di circolazione ai sensi dell’art. 16 Cost. (sentenza n. 127 del 2022), che il legislatore può dunque ben ritenere richiedano un livello di “certificazione” riferibile a un soggetto già inserito nel sistema e che riveste – come si è ricordato – la qualifica di concessionario di un pubblico servizio”.