Il TAR boccia il protocollo ministeriale della cosiddetta tachipirina e vigile attesa. Il medico nella gestione dei casi Covid deve agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta.
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Il TAR Lazio, su ricorso di alcuni medici di medicina generale e specialisti, è stato chiamato a pronunciarsi sulla Circolare del Ministero della Salute recante “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2” aggiornata al 26 aprile 2021, nella parte in cui, nei primi giorni di malattia da Sars-Cov-2, prevede unicamente la cosiddetta “vigile attesa” (attesa di peggiorare per essere poi intubato? n.d.r.) e somministrazione di farmaci anti infiammatori (cd FANS) e paracetamolo (Tachipirina ed altri farmaci simili).
È stato osservato che le “linee guida” di cui alla menzionata circolare, come ammesso dalla stessa difesa del Ministero della Salute, costituiscono mere esimenti in favore del medico in caso di eventi sfavorevoli riguardanti il paziente. Ma in ogni caso è onere imprescindibile di ogni sanitario di agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta quale conseguenza della professionalità e del titolo specialistico acquisito.
La prescrizione dell’AIFA, come mutuata dal Ministero della Salute – osservano i giudici del TAR – «contrasta con la richiesta professionalità del medico e con la sua deontologia professione, imponendo, anzi impedendo l’utilizzo di terapie da questi ultimi eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto con la malattia COVID 19 come avviene per ogni attività terapeutica».
Ne consegure che la circolare ministeriale che impone ai medici di applicare detta terapia a base di solo paracetamolo ed “attesa” si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicata dalla scienza e dalla deontologia professionale.
Cosa prevede il protocollo di gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2
Il protocollo ministeriale per la gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2, con particolare riguardo al trattamento a domicilio dei soggetti asintomatici o paucisintomatici prevede le seguenti indicazioni di gestione clinica:
- vigile attesa (intesa come costante monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente);
- misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno tramite pulsossimetria;
- trattamenti sintomatici (ad esempio paracetamolo o FANS in caso di febbre o dolori articolari o muscolari, a meno che non esista chiara controindicazione all’uso). Altri farmaci sintomatici potranno essere utilizzati su giudizio clinico;
- appropriate idratazione e nutrizione, in particolare nei pazienti anziani. Nel paziente immobilizzato, visto l’aumentato rischio di sarcopenia va garantito un appropriato apporto proteico;
- promuovere, nei limiti consentiti dalle condizioni cliniche del paziente, l’attività fisica a domicilio che, anche se limitata, contribuisce a prevenire le conseguenze dell’immobilizzazione e dell’allettamento e può consentire una riduzione dell’indicazione all’utilizzo dell’eparina;
- raccomandare di assumere preferenzialmente, durante il riposo e compatibilmente con le condizioni del paziente, la posizione prona;
- valutazione, nei pazienti a rischio di progressione di malattia, della possibilità di trattamento precoce con anticorpi monoclonali da parte delle strutture abilitate alla prescrizione;
- i pazienti in trattamento immunosoppressivo cronico in ragione di un precedente trapianto di organo solido piuttosto che per malattie a patogenesi immunomediata, potranno proseguire il trattamento farmacologico in corso a meno di diversa indicazione da parte dello specialista curante;
- non utilizzare routinariamente corticosteroidi. L’uso dei corticosteroidi è raccomandato esclusivamente nei soggetti con malattia COVID-19 grave che necessitano di supplementazione di ossigeno. L’impiego di tali farmaci a domicilio può essere considerato solo in pazienti con fattori di rischio di progressione di malattia verso forme severe, in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia ove non sia possibile nell’immediato il ricovero per sovraccarico delle strutture ospedaliere. L’utilizzo della terapia precoce con steroidi si è rivelata inutile se non dannosa in quanto in grado di inficiare lo sviluppo di un’adeguata risposta immunitaria;
- non utilizzare eparina. L’uso di tale farmaco è indicato solo nei soggetti immobilizzati per l’infezione in atto;
- evitare l’uso empirico di antibiotici. La mancanza di un solido razionale e l’assenza di prove di efficacia nel trattamento di pazienti con la sola infezione virale da SARS-CoV- 2 non consentono di raccomandare l’utilizzo degli antibiotici, da soli o associati ad altri farmaci. Un ingiustificato utilizzo degli antibiotici può, inoltre, determinare l’insorgenza e il propagarsi di resistenze batteriche che potrebbero compromettere la risposta a terapie antibiotiche future. Il loro eventuale utilizzo è da riservare esclusivamente ai casi nei quali l’infezione batterica sia stata dimostrata da un esame microbiologico e a quelli in cui il quadro clinico ponga il fondato sospetto di una sovrapposizione batterica;
- non utilizzare idrossiclorochina la cui efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici randomizzati fino ad ora condotti;
- non somministrare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri conviventi per il rischio di diffusione del virus nell’ambiente;
- non modificare, a meno di stringente ragione clinica, le terapie croniche in atto per
altre patologie (es. terapie antiipertensive, ipolipemizzanti, ipoglicemizzanti, anticoagulanti o antiaggreganti, terapie psicotrope), in quanto si rischierebbe di provocare aggravamenti di condizioni preesistenti che possono avere anche un importante impatto sulla prognosi; - evitare l’uso di benzodiazepine, soprattutto ad alto dosaggio, in considerazione dei possibili rischi di depressione respiratoria.
- Si segnala che non esistono, a oggi, evidenze solide e incontrovertibili (ovvero derivanti da studi clinici controllati) di efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari (ad esempio vitamine, inclusa vitamina D, lattoferrina, quercitina), il cui utilizzo per questa indicazione non è, quindi, raccomandato.