«È configurabile il tentativo di rapina impropria (e non il concorso tra il tentativo di furto con un reato di violenza o minaccia) nel caso in cui l’agente, dopo aver compiuto atti idonei diretti all’impossessamento della cosa altrui, pur non riuscendovi, adoperi violenza o minaccia nei confronti di quanti cerchino di ostacolarlo, per assicurarsi l’impunità».
Il codice penale colloca sotto il medesimo articolo (628) e la comune denominazione di rapina due ipotesi distinte dalla diversa successione delle condotte che compongono il delitto di rapina medesimo e da una differente direzione finalistica del comportamento violento o minaccioso.
Nel caso in cui la violenza o la minaccia esercitate rappresentino il mezzo, precedente o concomitante rispetto all’impossessamento, usato per perseguire l’offesa al patrimonio, si realizza l’ipotesi della cosiddetta “rapina propria” (Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da 516 euro a 2.065 euro – Art. 628 c.p., 1 comma)
Quando invece la violenza o la minaccia servono come mezzo per assicurare il possesso della cosa sottratta o, in alternativa, per procurare a sé o ad altri l’impunità, si avrà la diversa fattispecie definita “rapina impropria” (Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità – Art. 628 c.p., 2 comma).
Nelle due figure certamente il ruolo centrale è assunto dalla violenza o dalla minaccia, che nella rapina propria precedono lo spossessamento e sono funzionali ad esso, mentre nella rapina impropria seguono al medesimo, ma entrambe le figure presuppongono che l’agente non abbia il possesso della cosa che vuole sottrarre. Entrambe le fattispecie legali sono considerate dal legislatore equivalenti sotto il profilo sanzionatorio.
Se è vero che nella rapina impropria non sussiste il nesso funzionale e strumentale che in quella propria unisce l’aggressione alla persona all’aggressione al patrimonio, è pur vero che il legislatore ha stabilito che la mancanza di tale specifico nesso non esclude l’equiparabilità ai fini sanzionatori della rapina impropria.
È piuttosto la congiunta e contestuale aggressione a due beni giuridici diversi, persona e patrimonio, a giustificare di per sé la maggiore gravità rispetto alle singole condotte di aggressione del bene patrimonio e del bene sicurezza e libertà personali ragion per cui è previsto che la rapina, sia essa propria o impropria, sia punita più severamente delle due distinte lesioni ai predetti beni giuridici.
Il legame tra la condotta di aggressione al patrimonio e la condotta di violenza al fine di guadagnare l’impunità per il delitto precedentemente commesso è frutto della valutazione del maggior disvalore sociale che caratterizza l’azione violenta o minacciosa comunque connessa ad un aggressione al patrimonio, a prescindere che l’intento si sia realizzato o meno.
E se il legislatore ha ritenuto con il delitto di rapina di sanzionare in maniera ben più severa le condotte di per sé autonomamente punibili della violenza o minaccia e del furto, in ragione del nesso di contestualità che unisce le due offese, attribuendo così maggiore gravità anche al furto, deve ragionevolmente ritenersi che tale ratio sussista anche nel caso in cui il soggetto agente tenta di sottrarre il bene altrui, sebbene non riuscendovi, ed è poi disposto per assicurarsi l’impunità ad usare violenza o minaccia.
Sulla scorta di queste ed altre motivazioni, che meglio potranno essere approfondite consultando il testo integrale della sentenza, il massimo collegio ha ritenuto di sancire la configurabilità del tentativo di rapina impropria nel caso in cui l’agente, dopo aver compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco alla sottrazione della cosa altrui, adoperi violenza o minaccia per procurare a sé o ad altri l’impunità.