La testimonianza della vittima di un sinistro stradale non è ammissibile in un giudizio relativo al medesimo sinistro
È pacifico, nella giurisprudenza della Suprema Corte che la vittima di un sinistro stradale, anche se già risarcita, è incapace a deporre nel giudizio pendente tra altra vittima e il responsabile del medesimo sinistro (cfr. Cass. 19121/2019; n. 12660/ 2018; n. 19258/2015 ed altre).
Il principio in questione risale alla sentenza n. 1580 del 1974, secondo cui un soggetto è incapace a testimoniare laddove si configura in capo allo stesso quell’interesse concreto ed attuale che sia idoneo ad attribuirgli, in relazione alla situazione giuridica che forma oggetto del giudizio, la legittimazione a chiedere nello stesso processo il riconoscimento di un proprio diritto o a contrastare quello da altri fatto valere.
La vittima di un sinistro stradale ha sempre un interesse giuridico, e non di mero fatto, all’esito della lite introdotta da altro danneggiato contro un soggetto potenzialmente responsabile nei confronti del testimone. Infatti, anche quando il diritto del testimone sia prescritto o sia estinto per adempimento o rinuncia, egli potrebbe pur sempre teoricamente intervenire nel giudizio proposto nei confronti del responsabile per far valere il diritto al risarcimento di danni a decorso occulto, o lungolatenti, o sopravvenuti all’adempimento e non prevedibili al momento del pagamento, danni che come ripetutamente affermato da questa Corte sfuggono tanto alla prescrizione.
Il trasportato danneggiato, pertanto, ha un interesse giuridico, e non di mero fatto, all’esito della lite introdotta tanto dal vettore contro l’antagonista, quanto a quella introdotta da quest’ultimo contro il primo. Così nell’uno, come nell’altro caso, infatti, il trasportato-testimone può avere interesse:
- all’accertamento della responsabilità concorsuale dei due conducenti, per beneficiare del cumulo di due massimali assicurativi;
- all’accertamento della responsabilità concorsuale dei due conducenti, per potere inoltrare la propria richiesta ad un secondo debitore, nel caso di renitenza od insolvenza del primo;
- all’accertamento dell’assenza della ricorrenza d’un caso fortuito, per potere evitare che il vettore si sottragga alla propria responsabilità invocando il disposto dell’art. 141 cod. ass.