«Un torneo di poker sportivo non a distanza, gestita da una società affiliata al CONI, non può essere considerato gioco d’azzardo per difetto dei requisiti propri di quest’ultimo.
Una delle sue varianti è il Texas Hold’Em (poker texano) cui si partecipa versando una quota d’iscrizione identica per tutti i partecipanti.
Costoro non possono utilizzare il proprio denaro per effettuare puntate, ma sono dotati di un monte gettoni (dal valore puramente nominale) di partenza uguale per tutti.
Lo scopo del gioco è riuscire ad accumulare tutti i gettoni in gioco.
È eliminato il giocatore che vede ridotti a zero i propri gettoni, mentre chi riuscirà a impossessarsi di tutti, o comunque del maggior numero di gettoni degli avversari, sarà il vincitore della partita.
L’esito della vittoria finale è remunerato, anzitutto, con un punteggio valevole per la graduatoria nazionale dei giocatori di poker sportivi e, in via subordinata, con un premio generalmente in natura e la cui rilevanza, a seconda del numero dei partecipanti, può suscitare anche un obiettivo interesse ma che rimane secondario rispetto al valore della vittoria in sé e al vantaggio che ne conseguono con l’incremento del punteggio personale su base provinciale, regionale e nazionale.
Muovendo da tali premesse il tribunale ha correttamente escluso la ricorrenza del concetto di alea avendo il tipo di gioco praticato, che richiede anche abilità, psicologia e resistenza, la caratteristica di poter stabilire in modo chiaro e inequivocabile un vincitore e una classifica: ciò non è possibile con una partita libera».
Al contrario, ricorrono gli elementi costitutivi del gioco d’azzardo, ex art. 718 c.p., in caso di esercizio del gioco del poker con vincite consistenti da valutarsi avuto conto dell’entità della posta, la durata delle partite, la possibile ripetizione di queste e il tipo di premi erogabili, siano essi in denaro o in natura.