Cassazione civile, sez. I, 30 settembre 2016, n. 19599
Può essere trascritto in Italia in quanto non contrasta con l’ordine pubblico l’atto di nascita formato all’estero in cui un bambino è registrato come figlio di due madri: colei che lo ha partorito e quella che ha donato l’ovulo, fecondato con seme di uomo anonimo.
Secondo la Suprema Corte «…deve escludersi che esista, a livello costituzionale, un divieto per le coppie dello stesso sesso di accogliere e anche di generare figli. Infatti, “il matrimonio non costituisce più elemento di discrimine nei rapporti tra i coniugi e figli (…) identico essendo il contenuto dei doveri, oltre che dei diritti, degli uni nei confronti degli altri” (v. Corte cost. n. 166 del 1998): di conseguenza, l’elemento di discrimine rappresentato dalla diversità di sesso tra i genitori – che è tipico dell’istituto matrimoniale – non può giustificare una condizione deteriore per i figli né incidere negativamente sul loro status.
Inoltre, questa Corte (sent. n. 601 del 2013) ha escluso che vi siano certezze scientifiche, dati di esperienza o indicazioni di specifiche ripercussioni negative sul piano educativo e della crescita del minore, derivanti dall’inserimento del figlio in una famiglia formata da una coppia omosessuale, atteso che l’asserita dannosità di tale inserimento va dimostrata in concreto e non può essere fondata sul mero pregiudizio.
Che le coppie di persone dello stesso sesso ben possano adeguatamente accogliere figli e accudirli, è ora confermato dalla possibilità di adottarli, a norma della L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 44, comma 1, lett. d) (cfr. Cass. n. 12962 del 2016).
La famiglia è sempre più intesa come comunità di affetti, incentrata sui rapporti concreti che si instaurano tra i suoi componenti: al diritto spetta di tutelare proprio tali rapporti, ricercando un equilibrio che permetta di contemperare gli interessi eventualmente in conflitto, avendo sempre come riferimento, ove ricorra, il prevalente interesse dei minori.
La nozione di “vita familiare”, nella quale è ricompresa l’unione tra persone dello stesso sesso (cfr. Corte Edu, 24 giugno 2010, c. Austria e, da ultimo, 27 luglio 2015, Oliari c. Italia), neppure presuppone necessariamente la discendenza biologica dei figli, la quale non è più considerata requisito essenziale della filiazione (secondo la Corte Cost. n. 162 del 2016, p. 6, “il dato della provenienza genetica non costituisce un imprescindibile requisito della famiglia stessa”). E, comunque, tale requisito – è opportuno ribadire – sussiste nel caso in esame, avendo una dona partorito e l’altra donato il proprio patrimonio genetico.
Pertanto, al riconoscimento di un atto di nascita straniero, formato validamente in Spagna, da cui risulti che il nato è figlio di due donne (avendolo l’una partorito e l’altra contribuito alla nascita, donando l’ovulo alla prima, nell’ambito di un progetto genitoriale realizzato da una coppia coniugata in quel paese), non è opponibile un principio di ordine pubblico, consistente nella pretesa esistenza di un vincolo o divieto costituzionale che precluderebbe alle coppie dello stesso sesso di accogliere e generare figli, venendo in rilievo la fondamentale e generale libertà delle persone di autodeterminarsi e di formare una famiglia, a condizioni non discriminatorie rispetto a quelle consentite dalla legge alle coppie di persone di sesso diverso».
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Cassazione civile, sez. I, 30 settembre 2016, n. 19599