L’elusione dell’esecuzione di un provvedimento del giudice civile che riguardi l’affidamento di minori può concretarsi in un qualunque comportamento da cui derivi la frustrazione delle legittime pretese altrui, ivi compresi gli atteggiamenti di mero carattere omissivo, quando questi siano finalizzati ad ostacolare ed impedire di fatto l’esercizio del diritto di visita e di frequentazione della prole.
Il principio di diritto, già enunciato dalla sesta sez. penale (sent. n. 33719/2010) relativamente ad una fattispecie in cui vi erano stati frequenti e non comunicati spostamenti dei luogo di dimora senza preavviso al marito separato non affidatario, ha trovato applicazione anche in un caso di trasferimento della madre a molte centinaia di chilometri da quella che fu la casa coniugale.
Il trasferimento dalla provincia di Trento in Sicilia è valso la condanna per il reato di cui all’art. 388 c.p. ad una donna separata dal marito che aveva sempre impedito il rapporto padre-figlia e che ha autonomamente deciso di trasferirsi senza neppure tentare di trovare un accordo con il coniuge al fine di ottemperare, almeno parzialmente, alle prescrizioni giudiziali in tema di frequentazione della minore.
Cassazione penale, sez. VI, 23 ottobre 2013, n. 43292