Con la recentissima sentenza n. 4498 depositata il 5 marzo 2015 n. 4498, la Corte di Cassazione si è occupata della estensione della declaratoria di fallimento ai soci illimitatamente responsabili nell’ipotesi di trasformazione della società.
La trasformazione di una società, disciplinata agli artt. 2498 c.c. e seguenti, consiste in quella particolare ipotesi di modificazione del contratto sociale, e attua un cambiamento nel tipo di organizzazione esistente in base alle nuove esigenze sopravvenute. I vantaggi di un cambiamento di questo tipo involgono prevalentemente l’ambito fiscale.
Con la trasformazione cambia in modo più o meno accentuato l’intero assetto organizzativo di una società. Ma detto strumento non da luogo all’estinzione della società preesistente, ma genera solo un rinnovamento della sua veste giuridica.
Infatti, il principio comune a tutte le ipotesi di trasformazione consiste nella continuità dei rapporti giuridici posti in essere dalla società prima della sua trasformazione. Detto principio trova la sua collocazione all’interno del codice civile all’art. 2498 per il quale “Con la trasformazione l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione“.
La trasformazione può generare due tipi di effetti, in ordine alla società e ai soci.
Infatti, relativamente all’ente si ottiene una modificazione della struttura e dell’organizzazione societaria, rimanendo immutata l’identità soggettiva dell’ente, cosi come rimangono immutati i rapporti giuridici, anche processuali, ad esso facenti capo in virtù del principio della continuità dei rapporti giuridici.
Con riguardo alla posizione dei soci, la trasformazione mantiene inalterata ad ogni effetto, per le obbligazioni anteriori alla trasformazione, la responsabilità illimitata degli stessi derivante dal precedente assetto giuridico.
La responsabilità illimitata discendente (riferibile alle società di persone) può venire meno solo a fronte di una manifestazione di volontà dei creditori sociali nel volerla espressamente escludere, acconsentendo cioè alla trasformazione.
È utile in ordine a tale punto richiamare l’art. 2500 quinquies c.c. che cosi prescrive “La trasformazione non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni sociali sorte prima degli adempimenti previsti dal terzo comma dell’articolo 2500, se non risulta che i creditori sociali hanno dato il loro consenso alla trasformazione“.
A fronte di ciò, nella pronuncia in esame la Cassazione specifica che “la trasformazione da Società in nome collettivo a Società in accomandita semplice non libera i soci dalla dichiarazione del fallimento in estensione confermando la sentenza dichiarativa di fallimento in estensione, posto che non era stata data la prova della liberazione dei soci già illimitatamente responsabili ed atteso, inoltre, che l’art. 2500 quinquies c.c. trova applicazione solo dopo l’anno dell’iscrizione della trasformazione della società nel registro delle imprese“.
In altri termini, la trasformazione non libera i soci illimitatamente responsabili dalle obbligazione sociali pregresse, se tale trasformazione non è approvata dai creditori, ai sensi dell’art. 2500 quinquies c.c., operando così il fallimento in estensione dopo un anno dall’iscrizione della società nel registro delle imprese.
Ancora l’art. 2500 quinquies c.c. al comma 2 continua specificando “Il consenso si presume se i creditori, ai quali la deliberazione di trasformazione sia stata comunicata per raccomandata o con altri mezzi che garantiscano la prova dell’avvenuto ricevimento, non lo hanno espressamente negato nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione”.
Il consenso, quindi, rappresenta il presupposto fondamentale e in caso di mancato consenso esplicito o presunto dei creditori alla trasformazione della società di persone, il socio illimitatamente responsabile continua a rispondere illimitatamente delle obbligazioni sociali contratte sino al momento della trasformazione.
Gli effetti della trasformazione, quindi, opereranno solo per il futuro, non potendo pregiudicare la posizione del creditori sociali anteriori contro la loro volontà.
Da qui l’imprescindibile conseguenza che delle obbligazioni sorte dopo la trasformazione risponde solo la società con il proprio patrimonio, non essendo infatti prevista alcuna ultrattività della responsabilità illimitata del socio, incompatibile peraltro con la disciplina delle società di capitali, mentre per le obbligazioni anteriori si mantiene inalterata ad ogni effetto la responsabilità del soci derivante dal precedente assetto giuridico, salvo consenso dei creditori.
La sentenza poi fa riferimento all’art 147 al comma 2 del R.D. n. 267/1942 c.d. Legge Fallimentare.
La suddetta norma, introdotta dal legislatore al fine di fissare i limiti e i presupposti del fallimento per estensione, dispone che “Il fallimento dei soci di cui al comma primo non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata anche in caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati“.
Conseguentemente, decorso un anno dall’iscrizione della trasformazione nel registro delle imprese, non può più essere dichiarato il fallimento del socio che era illimitatamente responsabile.
Invero su questa tema la Cassazione è più volte intervenuta ribadendo che “La liberazione del socio dalle obbligazioni preesistenti alla trasformazione è fatto diverso dalla cessazione della responsabilità illimitata. In mancanza del consenso esplicito o presunto dei creditori alla trasformazione di una società di persone in società di capitali, il socio illimitatamente responsabile della prima non è liberato dalle obbligazioni sociali contratte sino al momento della trasformazione e continua a risponderne illimitatamente; tuttavia, dopo che la trasformazione ha avuto luogo soltanto la società risponde delle nuove obbligazioni sociali non essendo prevista alcuna ultrattività della responsabilità illimitata del socio, incompatibile con la disciplina delle società di capitali. Ne consegue che, ai sensi della L. Fall., art. 147, comma 2, decorso un anno dalla iscrizione della trasformazione nel registro delle imprese, non può più essere dichiarato il fallimento del socio già illimitatamente responsabile”. (Cassazione civile, sez. I 18 novembre 2013; Cass. Civ. Sez. I, 9065/06)
Occorre precisare infine che il termine annuale decorre dal momento in cui viene effettuato l’ultimo degli adempimenti pubblicitari (cioè le forme di pubblicità previste in base al modello di società adottato, nonché la pubblicità per la cessazione dell’ente che effettua la trasformazione).
Cassazione civile, sez I, 5 marzo 2015, n. 4498