Gli indagati per violenza sessuale di gruppo, anche ai danni di un minore, non devono necessariamente essere sottoposti alla custodia cautelare in carcere, ma potranno ottenere eventualmente anche gli arresti domiciliari.
Lo ha stabilito la terza Sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 4377/2012, che riprende ed estende anche al reato p.e p. dall’art. 609-octies del Codice Penale i principi interpretativi che la Corte costituzionale, pronunciandosi proprio in ordine al terzo comma dell’art. 275 c.p.p., aveva fissato con riferimento ai reati ex art.609-bis e 609-quater del codice penale, atteso che dette fattispecie criminose presentano tutte caratteristiche essenziali uniformi (cfr. sentenza C. Cost. 21 luglio 2010, n. 265).
La Consulta ebbe a dichiarare l’illegittimità costituzionale del secondo e terzo periodo del terzo comma dell’art. 275 c.p.p.nella parte in cui “nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 609-bis e 609-quater del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure”.
Viene meno dunque anche per il delitto di violenza sessuale di gruppo la presunzione relativa di adeguatezza della custodia cautelare in carcere sicché il giudice ha l’obbligo di valutare, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine a tale delitto, se siano stati acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.