In tema di vizi della cosa concessa in locazione finanziaria che la rendano inidonea all’uso, occorre distinguere l’ipotesi in cui gli stessi siano emersi prima della consegna (rifiutata dall’utilizzatore) da quella in cui siano emersi successivamente alla stessa perché nascosti o taciuti in mala fede dal fornitore.
Nel caso di vizi emersi prima della consegna (che va assimilato a quello della mancata consegna,) il concedente, informato del fatto che l’utilizzatore, verificati i vizi che rendono la cosa inidonea all’uso, ha rifiutato la consegna, in forza del principio di buona fede, ha il dovere di sospendere il pagamento del prezzo in favore del fornitore e, ricorrendone i presupposti, di agire verso quest’ultimo per la risoluzione del contratto di fornitura – alla quale necessariamente consegue la risoluzione del contratto di leasing – o per la riduzione del prezzo.
Diversamente il concedente corrisponderebbe al fornitore il pagamento di un prezzo non dovuto che, come tale, non può essere posto a carico dell’utilizzatore.
Nel caso di vizi emersi successivamente alla consegna l’utilizzatore ha azione diretta verso il fornitore per l’eliminazione dei vizi o la sostituzione della cosa, mentre il concedente, una volta informato dall’utilizzatore dell’emersione dei vizi, ha, in forza del canone integrativo della buona fede, il dovere giuridico (non la facoltà) di agire verso il fornitore per la risoluzione del contratto di fornitura o per la riduzione del prezzo, con tutte le conseguenze giuridiche ed economiche riverberantesi sul collegato contratto di locazione.
In ogni ipotesi, l’utilizzatore può agire contro il fornitore per il risarcimento dei danni, compresa la restituzione della somma corrispondente ai canoni già eventualmente pagati al concedente.