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Home » Norme » TUEL Dlgs 267/2000 Testo unico degli enti locali

TUEL Dlgs 267/2000 Testo unico degli enti locali

TUEL

Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267

(Gazz. Uff. n. 227, del 28 settembre 2000 - Suppl. ord. n. 162/L)

RedazionediRedazione
26 Settembre 2019 - Aggiornato il 3 Giugno 2020
inNorme, Amministrativo Enti locali
TUEL Dlgs 267/2000 Testo unico degli enti locali
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Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267
Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

Seleziona:

PARTE I
ORDINAMENTO ISTITUZIONALE

  • PARTE I
    ORDINAMENTO ISTITUZIONALE
  • PARTE II
    ORDINAMENTO FINANZIARIO E CONTABILE
  • PARTE III
    ASSOCIAZIONI DEGLI ENTI LOCALI
  • PARTE IV
    DISPOSIZIONI TRANSITORIE ED ABROGAZIONI

Titolo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Indice dei contenuti:

  • Titolo I DISPOSIZIONI GENERALI
  • Titolo II SOGGETTI
    • Capo I COMUNE
    • Capo II PROVINCIA
    • Capo IV COMUNITÀ MONTANE
  • Titolo III ORGANI
    • Capo I ORGANI DI GOVERNO DEL COMUNE E DELLA PROVINCIA
    • Capo IV STATUS DEGLI AMMINISTRATORI LOCALI
  • Titolo IV ORGANIZZAZIONE E PERSONALE
    • Capo I UFFICI E PERSONALE
    • Capo II SEGRETARI COMUNALI E PROVINCIALI
    • Capo III DIRIGENZA ED INCARICHI
  • Titolo V SERVIZI E INTERVENTI PUBBLICI LOCALI.
    • Capo II CONTROLLO SUGLI ORGANI

Articolo 1
Oggetto.
1. Il presente testo unico contiene i princìpi e le disposizioni in materia di ordinamento degli enti locali.
2. Le disposizioni del presente testo unico non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione.
3. La legislazione in materia di ordinamento degli enti locali e di disciplina dell’esercizio delle funzioni ad essi conferite enuncia espressamente i princìpi che costituiscono limite inderogabile per la loro autonomia normativa. L’entrata in vigore di nuove leggi che enunciano tali princìpi abroga le norme statutarie con essi incompatibili. Gli enti locali adeguano gli statuti entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore delle leggi suddette.
4. Ai sensi dell’art. 128 della Costituzione le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni.

Articolo 2
Ambito di applicazione.
1. Ai fini del presente testo unico si intendono per enti locali i comuni, le province, le città metropolitane, le Comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni .
2. Le norme sugli enti locali previste dal presente testo unico si applicano, altresì, salvo diverse disposizioni, ai consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali.

Articolo 3
Autonomia dei comuni e delle province.
1. Le comunità locali, ordinate in comuni e province, sono autonome.
2. Il comune è l’ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo.
3. La provincia, ente locale intermedio tra comune e regione, rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo.
4. I comuni e le province hanno autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa nonché autonomia impositiva e finanziaria nell’ambito dei propri statuti e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica.
5. I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della regione, secondo il principio di sussidiarietà. I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali.

Articolo 4
Sistema regionale delle autonomie locali.
1. Ai sensi dell’art. 117, primo e secondo comma, e dell’art. 118, primo comma, della Costituzione, le regioni, ferme restando le funzioni che attengono ad esigenze di carattere unitario nei rispettivi territori, organizzano l’esercizio delle funzioni amministrative a livello locale attraverso i comuni e le province.
2. Ai fini di cui al comma 1, le leggi regionali si conformano ai princìpi stabiliti dal presente testo unico in ordine alle funzioni del comune e della provincia, identificando nelle materie e nei casi previsti dall’art. 117 della Costituzione, gli interessi comunali e provinciali in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del territorio.
3. La generalità dei compiti e delle funzioni amministrative è attribuita ai comuni, alle province e alle Comunità montane, in base ai princìpi di cui all’art. 4, comma 3, della legge del 15 marzo 1997, n. 59, secondo le loro dimensioni territoriali, associative ed organizzative, con esclusione delle sole funzioni che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale.
4. La legge regionale indica i princìpi della cooperazione dei comuni e delle province tra loro e con la regione, al fine di realizzare un efficiente sistema delle autonomie locali al servizio dello sviluppo economico, sociale e civile.
5. Le regioni, nell’ambito della propria autonomia legislativa, prevedono strumenti e procedure di raccordo e concertazione, anche permanenti, che diano luogo a forme di cooperazione strutturali e funzionali, al fine di consentire la collaborazione e l’azione coordinata fra regioni ed enti locali nell’ambito delle rispettive competenze.

Articolo 5
Programmazione regionale e locale.
1. La regione indica gli obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale e su questi ripartisce le risorse destinate al finanziamento del programma di investimenti degli enti locali.
2. Comuni e province concorrono alla determinazione degli obiettivi contenuti nei piani e programmi dello Stato e delle regioni e provvedono, per quanto di propria competenza, alla loro specificazione ed attuazione.
3. La legge regionale stabilisce forme e modi della partecipazione degli enti locali alla formazione dei piani e programmi regionali e degli altri provvedimenti della regione.
4. La legge regionale indica i criteri e fissa le procedure per gli atti e gli strumenti della programmazione socio-economica e della pianificazione territoriale dei comuni e delle province rilevanti ai fini dell’attuazione dei programmi regionali.
5. La legge regionale disciplina, altresì, con norme di carattere generale, modi e procedimenti per la verifica della compatibilità fra gli strumenti di cui al comma 4 e i programmi regionali, ove esistenti.

Articolo 6
Statuti comunali e provinciali.
1. I comuni e le province adottano il proprio statuto.
2. Lo statuto, nell’ambito dei princìpi fissati dal presente testo unico, stabilisce le norme fondamentali dell’organizzazione dell’ente e, in particolare, specifica le attribuzioni degli organi e le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze, i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio. Lo statuto stabilisce, altresì, i criteri generali in materia di organizzazione dell’ente, le forme di collaborazione fra comuni e province, della partecipazione popolare, del decentramento, dell’accesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministrativi, lo stemma e il gonfalone e quanto ulteriormente previsto dal presente testo unico.
3. Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per garantire la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali non elettivi del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti
4. Gli statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto è approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle modifiche statutarie.
5. Dopo l’espletamento del controllo da parte del competente organo regionale, lo statuto è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione, affisso all’albo pretorio dell’ente per trenta giorni consecutivi ed inviato al Ministero dell’interno per essere inserito nella raccolta ufficiale degli statuti. Lo statuto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla sua affissione all’albo pretorio dell’ente.
6. L’ufficio del Ministero dell’interno, istituito per la raccolta e la conservazione degli statuti comunali e provinciali, cura anche adeguate forme di pubblicità degli statuti stessi.

Articolo 7
Regolamenti.
1. Nel rispetto dei princìpi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l’esercizio delle funzioni.

Articolo 7 bis
Sanzioni amministrative -bis.
1. Salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro.
1-bis. La sanzione amministrativa di cui al comma 1 si applica anche alle violazioni alle ordinanze adottate dal sindaco e dal presidente della provincia sulla base di disposizioni di legge, ovvero di specifiche norme regolamentari .
2. L’organo competente a irrogare la sanzione amministrativa è individuato ai sensi dell’ articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Articolo 8
Partecipazione popolare.
1. I comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale. I rapporti di tali forme associative sono disciplinati dallo statuto.
2. Nel procedimento relativo all’adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati secondo le modalità stabilite dallo statuto, nell’osservanza dei princìpi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.
3. Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonché procedure per l’ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere, altresì, determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Possono essere, altresì, previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini.
4. Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali.
5. Lo statuto, ispirandosi ai princìpi di cui alla legge 8 marzo 1994, n. 203, e al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, promuove forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell’Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti.

Articolo 9
Azione popolare e delle associazioni di protezione ambientale.
1. Ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia.
2. Il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio nei confronti del comune ovvero della provincia. In caso di soccombenza, le spese sono a carico di chi ha promosso l’azione o il ricorso, salvo che l’ente costituendosi abbia aderito alle azioni e ai ricorsi promossi dall’elettore.
3. Le associazioni di protezione ambientale di cui all’art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, possono proporre le azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario che spettino al comune e alla provincia, conseguenti a danno ambientale. L’eventuale risarcimento è liquidato in favore dell’ente sostituito e le spese processuali sono liquidate in favore o a carico dell’associazione.

Articolo 10
Diritto di accesso e di informazione.
1. Tutti gli atti dell’amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l’esibizione, conformemente a quanto previsto dal regolamento, in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese.
2. Il regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo pagamento dei soli costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei servizi, i responsabili dei procedimenti; detta le norme necessarie per assicurare ai cittadini l’informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull’ordine di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui è in possesso l’amministrazione.
3. Al fine di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all’attività dell’amministrazione, gli enti locali assicurano l’accesso alle strutture ed ai servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni.

Articolo 11
Difensore civico.
1. Lo statuto comunale e quello provinciale possono prevedere l’istituzione del difensore civico, con compiti di garanzia dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione comunale o provinciale, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell’amministrazione nei confronti dei cittadini.
2. Lo statuto disciplina l’elezione, le prerogative ed i mezzi del difensore civico nonché i suoi rapporti con il consiglio comunale o provinciale.
3. Il difensore civico comunale e quello provinciale svolgono altresì la funzione di controllo nell’ipotesi prevista all’art. 127.

Articolo 12
Sistemi informativi e statistici.
1. Gli enti locali esercitano i compiti conoscitivi e informativi concernenti le loro funzioni in modo da assicurare, anche tramite sistemi informativo-statistici automatizzati, la circolazione delle conoscenze e delle informazioni fra le amministrazioni, per consentirne, quando prevista, la fruizione su tutto il territorio nazionale.
2. Gli enti locali, nello svolgimento delle attività di rispettiva competenza e nella conseguente verifica dei risultati, utilizzano sistemi informativo-statistici che operano in collegamento con gli uffici di statistica in applicazione del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322. È in ogni caso assicurata l’integrazione dei sistemi informativo-statistici settoriali con il sistema statistico nazionale.
3. Le misure necessarie sono adottate con le procedure e gli strumenti di cui agli articoli 6 e 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Titolo II
SOGGETTI

Capo I
COMUNE

Articolo 13
Funzioni.
1. Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell’assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
2. Il comune, per l’esercizio delle funzioni in ambiti territoriali adeguati, attua forme sia di decentramento sia di cooperazione con altri comuni e con la provincia.

Articolo 14
Compiti del comune per servizi di competenza statale.
1. Il comune gestisce i servizi elettorali, di stato civile, di anagrafe, di leva militare e di statistica.
2. Le relative funzioni sono esercitate dal sindaco quale ufficiale del Governo, ai sensi dell’art. 54.
3. Ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza statale possono essere affidate ai comuni dalla legge che regola anche i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorse necessarie.

Articolo 15
Modifiche territoriali, fusione ed istituzione di comuni.
1. A norma degli articoli 117 e 133 della Costituzione, le regioni possono modificare le circoscrizioni territoriali dei comuni sentite le popolazioni interessate, nelle forme previste dalla legge regionale. Salvo i casi di fusione tra più comuni, non possono essere istituiti nuovi comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti o la cui costituzione comporti, come conseguenza, che altri comuni scendano sotto tale limite.
2. I comuni che hanno dato avvio al procedimento di fusione ai sensi delle rispettive leggi regionali possono, anche prima dell’istituzione del nuovo ente, mediante approvazione di testo conforme da parte di tutti i consigli comunali, definire lo statuto che entrerà in vigore con l’istituzione del nuovo comune e rimarrà vigente fino alle modifiche dello stesso da parte degli organi del nuovo comune istituito. Lo statuto del nuovo comune dovrà prevedere che alle comunità dei comuni oggetto della fusione siano assicurate adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi.
3. Al fine di favorire la fusione dei comuni, oltre ai contributi della regione, lo Stato eroga, per i dieci anni decorrenti dalla fusione stessa, appositi contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono .
4. La denominazione delle borgate e frazioni è attribuita ai comuni ai sensi dell’art. 118 della Costituzione.

Articolo 16
Municipi.
1. Nei comuni istituiti mediante fusione di due o più comuni contigui lo statuto comunale può prevedere l’istituzione di municipi nei territori delle comunità di origine o di alcune di esse.
2. Lo statuto e il regolamento disciplinano l’organizzazione e le funzioni dei municipi, potendo prevedere anche organi eletti a suffragio universale diretto. Si applicano agli amministratori dei municipi le norme previste per gli amministratori dei comuni con pari popolazione.

Articolo 17
Circoscrizioni di decentramento comunale (A).
1. I comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti articolano il loro territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento, quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal comune.
2. L’organizzazione e le funzioni delle circoscrizioni sono disciplinate dallo statuto comunale e da apposito regolamento.
3. I comuni con popolazione tra i 100.000 e i 250.000 abitanti possono articolare il territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento ai sensi di quanto previsto dal comma 2. La popolazione media delle circoscrizioni non può essere inferiore a 30.000 abitanti.
4. Gli organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell’ambito dell’unità del comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto e dal regolamento.
5. Nei comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti, lo statuto può prevedere particolari e più accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale, determinando, altresì, anche con il rinvio alla normativa applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status dei componenti e le relative modalità di elezione, nomina o designazione. Le modalità di elezione dei consigli circoscrizionali e la nomina o la designazione dei componenti degli organi esecutivi sono comunque disciplinate in modo da garantire il rispetto del principio della parità di accesso delle donne e degli uomini alle cariche elettive, secondo le disposizioni dell’articolo 73, commi 1 e 3, e agli uffici pubblici. Il consiglio comunale può deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi della normativa statutaria.

Articolo 18
Titolo di città.
1. Il titolo di città può essere concesso con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’interno ai comuni insigni per ricordi, monumenti storici e per l’attuale importanza.

Capo II
PROVINCIA

Articolo 19
Funzioni.
1. Spettano alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l’intero territorio provinciale nei seguenti settori:
a) difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell’ambiente e prevenzione delle calamità;
b) tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche;
c) valorizzazione dei beni culturali;
d) viabilità e trasporti;
e) protezione della flora e della fauna parchi e riserve naturali;
f) caccia e pesca nelle acque interne;
g) organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore;
h) servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
i) compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione professionale, compresa l’edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
l) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.
2. La provincia, in collaborazione con i comuni e sulla base di programmi da essa proposti, promuove e coordina attività, nonché realizza opere di rilevante interesse provinciale sia nel settore economico, produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale, culturale e sportivo.
3. La gestione di tali attività ed opere avviene attraverso le forme previste dal presente testo unico per la gestione dei servizi pubblici locali.

Articolo 20
Compiti di programmazione.
1. La provincia:
a) raccoglie e coordina le proposte avanzate dai comuni, ai fini della programmazione economica, territoriale ed ambientale della regione;
b) concorre alla determinazione del programma regionale di sviluppo e degli altri programmi e piani regionali secondo norme dettate dalla legge regionale;
c) formula e adotta, con riferimento alle previsioni e agli obiettivi del programma regionale di sviluppo, propri programmi pluriennali sia di carattere generale che settoriale e promuove il coordinamento dell’attività programmatoria dei comuni.
2. La provincia, inoltre, ferme restando le competenze dei comuni ed in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, predispone ed adotta il piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio e, in particolare, indica:
a) le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti;
b) la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione;
c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque;
d) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali.
3. I programmi pluriennali e il piano territoriale di coordinamento sono trasmessi alla regione ai fini di accertarne la conformità agli indirizzi regionali della programmazione socio-economica e territoriale.
4. La legge regionale detta le procedure di approvazione, nonché norme che assicurino il condono dei comuni alla formazione dei programmi pluriennali e dei piani territoriali di coordinamento.
5. Ai fini del coordinamento e dell’approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale predisposti dai comuni, la provincia esercita le funzioni ad essa attribuite dalla regione ed ha, in ogni caso, il compito di accertare la compatibilità di detti strumenti con le previsioni del piano territoriale di coordinamento.
6. Gli enti e le amministrazioni pubbliche, nell’esercizio delle rispettive competenze, si conformano ai piani territoriali di coordinamento delle province e tengono conto dei loro programmi pluriennali.

Articolo 21
Revisione delle circoscrizioni provinciali
[1. La provincia, in relazione all’ampiezza e peculiarità del territorio, alle esigenze della popolazione ed alla funzionalità dei servizi, può disciplinare nello statuto la suddivisione del proprio territorio in circondari e sulla base di essi organizzare gli uffici, i servizi e la partecipazione dei cittadini.]
[2. Nel rispetto della disciplina regionale, in materia di circondario, lo stanato della provincia può demandare ad un apposito regolamento l’istituzione dell’assemblea dei sindaci del circondario, con funzioni consultive, propositive e di coordinamento, e la previsione della nomina di un presidente del circondario indicato a maggioranza assoluta dall’assemblea dei sindaci e componente del consiglio comunale di uno dei comuni appartenenti al circondario. Il presidente ha funzioni di rappresentanza, promozione e coordinamento. Al presidente del circondario si applicano le disposizioni relative allo status, del presidente del consiglio di comune con popolazione pari a quella ricompresa nel circondario.]
3. Per la revisione delle circoscrizioni provinciali e l’istituzione di nuove province i comuni esercitano l’iniziativa di cui all’art. 133 della Costituzione, tenendo conto dei seguenti criteri ed indirizzi:
a) ciascun territorio provinciale deve corrispondere alla zona entro la quale si svolge la maggior parte dei rapporti sociali, economici e culturali della popolazione residente;
b) ciascun territorio provinciale deve avere dimensione tale, per ampiezza, entità demografica, nonché per le attività produttive esistenti o possibili, da consentire una programmazione dello sviluppo che possa favorire il riequilibrio economico, sociale e culturale del territorio provinciale e regionale;
c) l’intero territorio di ogni comune deve far parte di una sola provincia;
d) l’iniziativa dei comuni, di cui all’art. 133 della Costituzione, deve conseguire l’adesione della maggioranza dei comuni dell’area interessata, che rappresentino, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell’area stessa, con delibera assunta a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati;
e) di norma, la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni territoriali non deve essere inferiore a 200.000 abitanti;
f) l’istituzione di nuove province non comporta necessariamente l’istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici;
g) le province preesistenti debbono garantire alle nuove, in proporzione al territorio ed alla popolazione trasferiti, personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie adeguati.
4. Ai sensi del secondo comma dell’art. 117 della Costituzione le regioni emanano norme intese a promuovere e coordinare l’iniziativa dei comuni di cui alla lettera d) del comma 3.

Articolo 22
Aree metropolitane.
[ 1. Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali.
2. Su conforme proposta degli enti locali interessati la regione procede entro centottanta giorni dalla proposta stessa alla delimitazione territoriale dell’area metropolitana. Qualora la regione non provveda entro il termine indicato, il Governo, sentita la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, invita la regione a provvedere entro un ulteriore termine, scaduto il quale procede alla delimitazione dell’area metropolitana.
3. Restano ferme le città metropolitane e le aree metropolitane definite dalle regioni a statuto speciale.]

Articolo 23
Città metropolitane.
[ 1. Nelle aree metropolitane di cui all’art. 22, il comune capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da contiguità territoriale e da rapporti di stretta integrazione in ordine all’attività economica, ai servizi essenziali, ai caratteri ambientali, alle relazioni sociali e culturali possono costituirsi in città metropolitane ad ordinamento differenziato.
2. A tale fine, su iniziativa degli enti locali interessati, il sindaco del comune capoluogo e il presidente della provincia convocano l’assemblea dei rappresentanti degli enti locali interessati. L’assemblea su conforme deliberazione dei consigli comunali, adotta una proposta di statuto della città metropolitana, che ne indichi il territorio, l’organizzazione, l’articolazione interna e le funzioni.
3. La proposta di istituzione della città metropolitana è sottoposta a referendum a cura di ciascun comune partecipante, entro centottanta giorni dalla sua approvazione. Se la proposta riceve il voto favorevole della maggioranza degli aventi diritto al voto espressa nella metà più uno dei comuni partecipanti, essa è presentata dalla regione entro i successivi novanta giorni ad una delle due Camere per l’approvazione con legge.
4. All’elezione degli organi della città metropolitana si procede al primo turno utile ai sensi delle leggi vigenti in materia di elezioni degli enti locali.
5. La città metropolitana, comunque denominata, acquisisce le funzioni della provincia; attua il decentramento previsto dallo statuto, salvaguardando l’identità delle originarie collettività locali.
6. Quando la città metropolitana non coincide con il territorio di una provincia, si procede alla nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali o all’istituzione di nuove province anche in deroga alle previsioni di cui all’art. 21, considerando l’area della città come territorio di una nuova provincia. Le regioni a statuto speciale possono adeguare il proprio ordinamento ai princìpi contenuti nel presente comma.
7. Le disposizioni del comma 6 possono essere applicate anche in materia di riordino, ad opera dello Stato, delle circoscrizioni provinciali nelle regioni a statuto speciale nelle quali siano istituite le aree metropolitane previste dalla legislazione regionale.]

Articolo 24
Esercizio coordinato di funzioni.
1. La regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può definire ambiti sovracomunali per l’esercizio coordinato delle funzioni degli enti locali, attraverso forme associative e di cooperazione, nelle seguenti materie:
a) pianificazione territoriale;
b) reti infrastrutturali e servizi a rete;
c) piani di traffico intercomunali;
d) tutela e valorizzazione dell’ambiente e rilevamento dell’inquinamento atmosferico;
e) interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica;
f) raccolta, distribuzione e depurazione delle acque;
g) smaltimento dei rifiuti;
h) grande distribuzione commerciale;
i) attività culturali;
l) funzioni dei sindaci ai sensi dell’art. 50, comma 7.
2. Le disposizioni regionali emanate ai sensi del comma 1 si applicano fino all’istituzione della città metropolitana.

Articolo 25
Revisione delle circoscrizioni comunali.
1. Istituita la città metropolitana, la regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può procedere alla revisione delle circoscrizioni territoriali dei comuni compresi nell’area metropolitana.

Articolo 26
Norma transitoria.
1. Sono fatte salve le leggi regionali vigenti in materia di aree metropolitane.
2. La legge istitutiva della città metropolitana stabilisce i termini per il conferimento, da parte della regione, dei compiti e delle funzioni amministrative in base ai princìpi dell’art. 4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e le modalità per l’esercizio dell’intervento sostitutivo da parte del Governo in analogia a quanto previsto dall’art. 3, comma 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

Capo IV
COMUNITÀ MONTANE

Articolo 27
Natura e ruolo.
1. Le Comunità montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse, per la valorizzazione delle zone montane per l’esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per l’esercizio associato delle funzioni comunali.
2. La Comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della Comunità. I rappresentanti dei comuni della Comunità montana sono eletti dai consigli dei comuni partecipanti con il sistema del voto limitato garantendo la rappresentanza delle minoranze.
3. La regione individua, concordandoli nelle sedi concertative di cui all’art. 4, gli ambiti o le zone omogenee per la costituzione delle Comunità montane, in modo da consentire gli interventi per la valorizzazione della montagna e l’esercizio associato delle funzioni comunali. La costituzione della Comunità montana avviene con provvedimento del Presidente della Giunta regionale.
4. La legge regionale disciplina le Comunità montane stabilendo in particolare:
a) le modalità di approvazione dello statuto;
b) le procedure di concertazione;
c) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;
d) i criteri di ripartizione tra le Comunità montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell’Unione europea;
e) i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.
5. La legge regionale può escludere dalla Comunità montana i comuni parzialmente montani nei quali la popolazione residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per cento della popolazione complessiva, restando sempre esclusi i capoluoghi di provincia e i comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti. L’esclusione non priva i rispettivi territori montani dei benefici e degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionali. La legge regionale può prevedere, altresì, per un più efficace esercizio delle funzioni e dei servizi svolti in forma associata, l’inclusione dei comuni confinanti, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e socio-economico della Comunità.
6. Al comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui territorio coincide con quello di una Comunità montana sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali. Tale disciplina si applica anche nel caso in cui il comune sorto dalla fusione comprenda comuni non montani. Con la legge regionale istitutiva del nuovo comune si provvede allo scioglimento della Comunità montana.
7. Ai fini della graduazione e differenziazione degli interventi di competenza delle regioni e delle Comunità montane, le regioni, con propria legge, possono provvedere ad individuare nell’ambito territoriale delle singole Comunità montane fasce altimetriche di territorio, tenendo conto dell’andamento orografico, del clima, della vegetazione, delle difficoltà nell’utilizzazione agricola del suolo, della fragilità ecologica, dei rischi ambientali e della realtà socio-economica.
8. Ove in luogo di una preesistente Comunità montana vengano costituite più Comunità montane, ai nuovi enti spettano nel complesso i trasferimenti erariali attribuiti all’ente originario, ripartiti in attuazione dei criteri stabiliti dall’art. 36 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e successive modificazioni.

Articolo 28
Funzioni.
1. L’esercizio associato di funzioni proprie dei comuni o a questi conferite dalla regione spetta alle Comunità montane. Spetta, altresì, alle Comunità montane l’esercizio di ogni altra funzione ad esse conferita dai comuni, dalla provincia e dalla regione.
2. Spettano alle Comunità montane le funzioni attribuite dalla legge e gli interventi speciali per la montagna stabiliti dalla Unione europea o dalle leggi statali e regionali.
3. Le Comunità montane adottano piani pluriennali di opere ed interventi e individuano gli strumenti idonei a perseguire gli obiettivi dello sviluppo socio-economico, ivi compresi quelli previsti dalla Unione europea, dallo Stato e dalla regione, che possono concorrere alla realizzazione dei programmi annuali operativi di esecuzione del piano.
4. Le Comunità montane, attraverso le indicazioni urbanistiche del piano pluriennale di sviluppo, concorrono alla formazione del piano territoriale di coordinamento.
5. Il piano pluriennale di sviluppo socio-economico ed i suoi aggiornamenti sono adottati dalle Comunità montane ed approvati dalla provincia secondo le procedure previste dalla legge regionale.
6. Gli interventi finanziari disposti dalle Comunità montane e da altri soggetti pubblici a favore della montagna sono destinati esclusivamente ai territori classificati montani.
7. Alle Comunità montane si applicano le disposizioni dell’art. 32, comma 5.

Articolo 29
Comunità isolane o di arcipelago.
1. In ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sicilia e della Sardegna, ove esistono più comuni, può essere istituita, dai comuni interessati, la comunità isolana o dell’arcipelago, cui si estendono le norme sulle Comunità montane.

Articolo 30
Convenzioni.
1. Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni.
2. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.
3. Per la gestione a tempo determinato di uno specifico servizio o per la realizzazione di un’opera lo Stato e la regione, nelle materie di propria competenza, possono prevedere forme di convenzione obbligatoria fra enti locali, previa statuizione di un disciplinare-tipo.
4. Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l’esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all’accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all’accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.

Articolo 31
Consorzi .
1. Gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l’esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all’art. 114, in quanto compatibili. Al consorzio possono partecipare altri enti pubblici, quando siano a ciò autorizzati, secondo le leggi alle quali sono soggetti.
2. A tal fine i rispettivi consigli approvano a maggioranza assoluta dei componenti una convenzione ai sensi dell’art. 30, unitamente allo statuto del consorzio.
3. In particolare la convenzione deve disciplinare le nomine e le competenze degli organi consortili coerentemente a quanto disposto dai commi 8, 9 e 10 dell’art. 50 e dell’art. 42, comma 2, lettera m), e prevedere la trasmissione, agli enti aderenti, degli atti fondamentali del consorzio; lo statuto, in conformità alla convenzione, deve disciplinare l’organizzazione, la nomina e le funzioni degli organi consortili.
4. Salvo quanto previsto dalla convenzione e dallo statuto per i consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei rispettivi rappresentanti legali anche enti diversi dagli enti locali, l’assemblea del consorzio è composta dai rappresentanti degli enti associati nella persona del sindaco, del presidente o di un loro delegato, ciascuno con responsabilità pari alla quota di partecipazione fissata dalla convenzione e dallo statuto.
5. L’assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto.
6. Tra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio.
7. In caso di rilevante interesse pubblico, la legge dello Stato può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori per l’esercizio di determinate funzioni e servizi. La stessa legge ne demanda l’attuazione alle leggi regionali.
8. Ai consorzi che gestiscono attività di cui all’art. 113-bis, si applicano le norme previste per le aziende speciali.

Articolo 32
Unioni di comuni.
1. L’unione di comuni è l’ente locale costituito da due o più comuni, di norma contermini, finalizzato all’esercizio associato di funzioni e servizi. Ove costituita in prevalenza da comuni montani, essa assume la denominazione di unione di comuni montani e può esercitare anche le specifiche competenze di tutela e di promozione della montagna attribuite in attuazione dell’ articolo 44, secondo comma, della Costituzione e delle leggi in favore dei territori montani.
2. Ogni comune può far parte di una sola unione di comuni. Le unioni di comuni possono stipulare apposite convenzioni tra loro o con singoli comuni.
3. Gli organi dell’unione, presidente, giunta e consiglio, sono formati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da amministratori in carica dei comuni associati e a essi non possono essere attribuite retribuzioni, gettoni e indennità o emolumenti in qualsiasi forma percepiti. Il presidente è scelto tra i sindaci dei comuni associati e la giunta tra i componenti dell’esecutivo dei comuni associati. Il consiglio è composto da un numero di consiglieri definito nello statuto, eletti dai singoli consigli dei comuni associati tra i propri componenti, garantendo la rappresentanza delle minoranze e assicurando la rappresentanza di ogni comune.
4. L’unione ha potestà statutaria e regolamentare e ad essa si applicano, in quanto compatibili e non derogati con le disposizioni della legge recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, i principi previsti per l’ordinamento dei comuni, con particolare riguardo allo status degli amministratori, all’ordinamento finanziario e contabile, al personale e all’organizzazione. Lo statuto dell’unione stabilisce le modalità di funzionamento degli organi e ne disciplina i rapporti. In fase di prima istituzione lo statuto dell’unione è approvato dai consigli dei comuni partecipanti e le successive modifiche sono approvate dal consiglio dell’unione.
5. All’unione sono conferite dai comuni partecipanti le risorse umane e strumentali necessarie all’esercizio delle funzioni loro attribuite. Fermi restando i vincoli previsti dalla normativa vigente in materia di personale, la spesa sostenuta per il personale dell’Unione non può comportare, in sede di prima applicazione, il superamento della somma delle spese di personale sostenute precedentemente dai singoli comuni partecipanti. A regime, attraverso specifiche misure di razionalizzazione organizzativa e una rigorosa programmazione dei fabbisogni, devono essere assicurati progressivi risparmi di spesa in materia di personale. I comuni possono cedere, anche parzialmente, le proprie capacità assunzionali all’unione di comuni di cui fanno parte
5-bis. Previa apposita convenzione, i sindaci dei comuni facenti parte dell’Unione possono delegare le funzioni di ufficiale dello stato civile e di anagrafe a personale idoneo dell’Unione stessa, o dei singoli comuni associati, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 3, e dall’ articolo 4, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, recante regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’ articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
5-ter. Il presidente dell’unione di comuni si avvale del segretario di un comune facente parte dell’unione, senza che ciò comporti l’erogazione di ulteriori indennità e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Sono fatti salvi gli incarichi per le funzioni di segretario già affidati ai dipendenti delle unioni o dei comuni anche ai sensi del comma 557 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Ai segretari delle unioni di comuni si applicano le disposizioni dell’articolo 8 della legge 23 marzo 1981, n. 93, e successive modificazioni.
6. L’atto costitutivo e lo statuto dell’unione sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e con la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua le funzioni svolte dall’unione e le corrispondenti risorse.
7. Alle unioni competono gli introiti derivanti dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse affidati.
8. Gli statuti delle unioni sono inviati al Ministero dell’interno per le finalità di cui all’articolo 6, commi 5 e 6.

Articolo 33
Esercizio associato di funzioni e servizi da parte dei comuni.
1. Le regioni, nell’emanazione delle leggi di conferimento delle funzioni ai comuni, attuano il trasferimento delle funzioni nei confronti della generalità dei comuni.
2. Al fine di favorire l’esercizio associato delle funzioni dei comuni di minore dimensione demografica, le regioni individuano livelli ottimali di esercizio delle stesse, concordandoli nelle sedi concertative di cui all’art. 4. Nell’ambito della previsione regionale, i comuni esercitano le funzioni in forma associata, individuando autonomamente i soggetti, le forme e le metodologie, entro il termine temporale indicato dalla legislazione regionale. Decorso inutilmente il termine di cui sopra, la regione esercita il potere sostitutivo nelle forme stabilite dalla legge stessa.
3. Le regioni predispongono, concordandolo con i comuni nelle apposite sedi concertative, un programma di individuazione degli ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi, realizzato anche attraverso le unioni, che può prevedere altresì la modifica di circoscrizioni comunali e i criteri per la corresponsione di contributi e incentivi alla progressiva unificazione. Il programma è aggiornato ogni tre anni, tenendo anche conto delle unioni di comuni regolarmente costituite.
4. Al fine di favorire il processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, le regioni provvedono a disciplinare, con proprie leggi, nell’ambito del programma territoriale di cui al comma 3, le forme di incentivazione dell’esercizio associato delle funzioni da parte dei comuni, con l’eventuale previsione nel proprio bilancio di un apposito fondo. A tal fine, oltre a quanto stabilito dal comma 3 e dagli articoli 30 e 32, le regioni si attengono ai seguenti princìpi fondamentali:
a) nella disciplina delle incentivazioni:
1) favoriscono il massimo grado di integrazione tra i comuni, graduando la corresponsione dei benefici in relazione al livello di unificazione, rilevato mediante specifici indicatori con riferimento alla tipologia ed alle caratteristiche delle funzioni e dei servizi associati trasferiti in modo tale da erogare il massimo dei contributi nelle ipotesi di massima integrazione;
2) prevedono in ogni caso una maggiorazione dei contributi nelle ipotesi di fusione e di unione, rispetto alle altre forme di gestione sovracomunale;
b) promuovono le unioni di comuni, senza alcun vincolo alla successiva fusione, prevedendo comunque ulteriori benefici da corrispondere alle unioni che autonomamente deliberino, su conforme proposta dei consigli comunali interessati, di procedere alla fusione.

Articolo 34
Accordi di programma.
1. Per la definizione e l’attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull’opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinare i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.
2. L’accordo può prevedere altresì procedimenti di arbitrato, nonché interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei soggetti partecipanti.
3. Per verificare la possibilità di concordare l’accordo di programma, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate.
4. L’accordo, consistente nel consenso unanime del presidente della regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del presidente della regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione. L’accordo, qualora adottato con decreto del presidente della regione, produce gli effetti della intesa di cui all’art. 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l’assenso del comune interessato.
5. Ove l’accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici, l’adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza.
6. Per l’approvazione di progetti di opere pubbliche comprese nei programmi dell’amministrazione e per le quali siano immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti si procede a norma dei precedenti commi. L’approvazione dell’accordo di programma comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni.
7. La vigilanza sull’esecuzione dell’accordo di programma e gli eventuali interventi sostitutivi sono svolti da un collegio presieduto dal presidente della regione o dal presidente della provincia o dal sindaco e composto da rappresentanti degli enti locali interessati, nonché dal commissario del Governo nella regione o dal prefetto nella provincia interessata se all’accordo partecipano amministrazioni statali o enti pubblici nazionali.
8. Allorchè l’intervento o il programma di intervento comporti il concorso di due o più regioni finitime, la conclusione dell’accordo di programma è promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a cui spetta convocare la conferenza di cui al comma 3. Il collegio di vigilanza di cui al comma 7 è in tal caso presieduto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è composto dai rappresentanti di tutte le regioni che hanno partecipato all’accordo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri esercita le funzioni attribuite dal comma 7 al commissario del Governo ed al prefetto.

Articolo 35
Norma transitoria.
1. L’adozione delle leggi regionali previste dall’art. 33, comma 4, avviene entro il 21 febbraio 2001. Trascorso inutilmente tale termine, il Governo, entro i successivi sessanta giorni, sentite le regioni inadempienti e la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede a dettare la relativa disciplina nel rispetto dei princìpi enunciati nel citato articolo del presente testo unico. La disciplina adottata nell’esercizio dei poteri sostitutivi si applica fino alla data di entrata in vigore della legge regionale.

Titolo III
ORGANI

Capo I
ORGANI DI GOVERNO DEL COMUNE E DELLA PROVINCIA

Articolo 36
Organi di governo.
1. Sono organi di governo del comune il consiglio, la giunta, il sindaco.
2. Sono organi di governo della provincia il consiglio, la giunta, il presidente.

Articolo 37
Composizione dei consigli.
1. Il consiglio comunale è composto dal sindaco e:
a) da 60 membri nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti;
b) da 50 membri nei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti;
c) da 46 membri nei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti;
d) da 40 membri nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia;
e) da 30 membri nei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti;
f) da 20 membri nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti;
g) da 16 membri nei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti;
h) da 12 membri negli altri comuni.
2. Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e:
a) da 45 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti;
b) da 36 membri nelle province con popolazione residente superiore a 700.000 abitanti;
c) da 30 membri nelle province con popolazione residente superiore a 300.000 abitanti;
d) da 24 membri nelle altre province.
3. Il presidente della provincia e i consiglieri provinciali rappresentano la intera provincia.
4 La popolazione è determinata in base ai risultati dell’ultimo censimento ufficiale.

Articolo 38
Consigli comunali e provinciali.
1. L’elezione dei consigli comunali e provinciali, la loro durata in carica, il numero dei consiglieri e la loro posizione giuridica sono regolati dal presente testo unico.
2. Il funzionamento dei consigli, nel quadro dei princìpi stabiliti dallo statuto, e disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte. Il regolamento indica altresì il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all’ente, senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia.
3. I consigli sono dotati di autonomia funzionale e organizzativa. Con norme regolamentari i comuni e le province fissano le modalità per fornire ai consigli servizi, attrezzature e risorse finanziarie. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province possono essere previste strutture apposite per il funzionamento dei consigli. Con il regolamento di cui al comma 2 i consigli disciplinano la gestione di tutte le risorse attribuite per il proprio funzionamento e per quello dei gruppi consiliari regolarmente costituiti.
4. I consiglieri entrano in carica all’atto della proclamazione ovvero, in caso di surrogazione, non appena adottata dal consiglio la relativa deliberazione.
5. I consigli durano in carica sino all’elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili.
6. Quando lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di commissioni costituite nel proprio seno con criterio proporzionale. Il regolamento determina i poteri delle commissioni e ne disciplina l’organizzazione e le forme di pubblicità dei lavori.
7. Le sedute del consiglio e delle commissioni sono pubbliche salvi i casi previsti dal regolamento e, nei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, si tengono preferibilmente in un arco temporale non coincidente con l’orario di lavoro dei partecipanti.
8. Le dimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate al rispettivo consiglio, devono essere presentate personalmente ed assunte immediatamente al protocollo dell’ente nell’ordine temporale di presentazione. Le dimissioni non presentate personalmente devono essere autenticate ed inoltrate al protocollo per il tramite di persona delegata con atto autenticato in data non anteriore a cinque giorni. Esse sono irrevocabili, non necessitano di presa d’atto e sono immediatamente efficaci. Il consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni, seguendo l’ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo. Non si fa luogo alla surroga qualora, ricorrendone i presupposti, si debba procedere allo scioglimento del consiglio a norma dell’art. 141 .
9. In occasione delle riunioni del consiglio vengono esposte all’esterno degli edifici, ove si tengono, la bandiera della Repubblica italiana e quella dell’Unione europea per il tempo in cui questi esercita le rispettive funzioni e attività. Sono fatte salve le ulteriori disposizioni emanate sulla base della legge 5 febbraio 1998, n. 22, concernente disposizioni generali sull’uso della bandiera italiana ed europea.

Articolo 39
Presidenza dei consigli comunali e provinciali.
1. I consigli provinciali e i consigli comunali dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti sono presieduti da un presidente eletto tra i consiglieri nella prima seduta del consiglio. Al presidente del consiglio sono attribuiti, tra gli altri, i poteri di convocazione e direzione dei lavori e delle attività del consiglio. Quando lo statuto non dispone diversamente, le funzioni vicarie di presidente del consiglio sono esercitate dal consigliere anziano individuato secondo le modalità di cui all’art. 40. Nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la figura del presidente del consiglio.
2. Il presidente del consiglio comunale o provinciale è tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri, o il sindaco o il presidente della provincia, inserendo all’ordine del giorno le questioni richieste.
3. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti il consiglio è presieduto dal sindaco che provvede anche alla convocazione del consiglio salvo differente previsione statutaria.
4. Il presidente del consiglio comunale o provinciale assicura una adeguata e preventiva informazione ai gruppi consiliari ed ai singoli consiglieri sulle questioni sottoposte al consiglio.
5. In caso di inosservanza degli obblighi di convocazione del consiglio, previa diffida, provvede il prefetto.

Articolo 40
Convocazione della prima seduta del consiglio.
1. La prima seduta del consiglio comunale e provinciale deve essere convocata entro il termine perentorio di dieci giorni dalla proclamazione e deve tenersi entro il termine di dieci giorni dalla convocazione.
2. Nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, la prima seduta, è convocata dal sindaco ed è presieduta dal consigliere anziano fino alla elezione del presidente del consiglio. La seduta prosegue poi sotto la presidenza del presidente del consiglio per la comunicazione dei componenti della giunta e per gli ulteriori adempimenti. é consigliere anziano colui che ha ottenuto la maggior cifra individuale ai sensi dell’art. 73 con esclusione del sindaco neoeletto e dei candidati alla carica di sindaco, proclamati consiglieri ai sensi del comma 11 del medesimo art. 73.
3. Qualora il consigliere anziano sia assente o rifiuti di presiedere l’assemblea, la presidenza è assunta dal consigliere che, nella graduatoria di anzianità determinata secondo i criteri di cui al comma 2, occupa il posto immediatamente successivo.
4. La prima seduta del consiglio provinciale è presieduta e convocata dal presidente della provincia sino alla elezione del presidente del consiglio.
5. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, la prima seduta del consiglio è convocata e presieduta dal sindaco sino all’elezione del presidente del consiglio.
6. Le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5 si applicano salvo diversa previsione regolamentare nel quadro dei princìpi stabiliti dallo statuto.

Articolo 41
Adempimenti della prima seduta.
1. Nella prima seduta il consiglio comunale e provinciale, prima di deliberare su qualsiasi altro oggetto, ancorchè non sia stato prodotto alcun reclamo, deve esaminare la condizione degli eletti a norma del capo II titolo III e dichiarare la ineleggibilità di essi quando sussista alcuna delle cause ivi previste, provvedendo secondo la procedura indicata dall’art. 69.
2. Il consiglio comunale, nella prima seduta, elegge tra i propri componenti la commissione elettorale comunale ai sensi degli articoli 12 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223.

Articolo 41 bis 2
Obblighi di trasparenza dei titolari di cariche elettive e di governo -bis.
[ 1. Gli enti locali con popolazione superiore a 15.000 abitanti sono tenuti a disciplinare, nell’ambito della propria autonomia regolamentare, le modalità di pubblicità e trasparenza dello stato patrimoniale dei titolari di cariche pubbliche elettive e di governo di loro competenza. La dichiarazione, da pubblicare annualmente, nonché all’inizio e alla fine del mandato, sul sito internet dell’ente riguarda: i dati di reddito e di patrimonio con particolare riferimento ai redditi annualmente dichiarati; i beni immobili e mobili registrati posseduti; le partecipazioni in società quotate e non quotate; la consistenza degli investimenti in titoli obbligazionari, titoli di Stato, o in altre utilità finanziarie detenute anche tramite fondi di investimento, sicav o intestazioni fiduciarie.
2. Gli enti locali sono altresì tenuti a prevedere sanzioni amministrative per la mancata o parziale ottemperanza all’onere di cui al comma 1, da un minimo di euro duemila a un massimo di euro ventimila. L’organo competente a irrogare la sanzione amministrativa è individuato ai sensi dell’ articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689.]

Articolo 42
Attribuzioni dei consigli.
1. Il consiglio è l’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo.
2. Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali:
a) statuti dell’ente e delle aziende speciali, regolamenti salva l’ipotesi di cui all’art. 48, comma 3, criteri generali in materia di ordinamento degli uffici e dei servizi;
b) programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie;
c) convenzioni tra i comuni e quelle tra i comuni e provincia, costituzione e modificazione di forme associative;
d) istituzione, compiti e norme sul funzionamento degli organismi di decentramento e di partecipazione;
e) organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell’ente locale a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione;
f) istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote; disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi;
g) indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza;
h) contrazione di mutui e aperture di credito non previste espressamente in atti fondamentali del consiglio ed emissioni di prestiti obbligazionari;
i) spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a carattere continuativo;
l) acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta, del segretario o di altri funzionari;
m) definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei rappresentanti del comune presso enti, aziende ed istituzioni, nonché nomina dei rappresentanti del consiglio presso enti, aziende ed istituzioni ad esso espressamente riservata dalla legge.
3. Il consiglio, nei modi disciplinati dallo statuto, partecipa altresì alla definizione, all’adeguamento e alla verifica periodica dell’attuazione delle linee programmatiche da parte del sindaco o del presidente della provincia e dei singoli assessori.
4. Le deliberazioni in ordine agli argomenti di cui al presente articolo non possono essere adottate in via d’urgenza da altri organi del comune o della provincia, salvo quelle attinenti alle variazioni di bilancio adottate dalla giunta da sottoporre a ratifica del consiglio nei sessanta giorni successivi, a pena di decadenza.

Articolo 43
Diritti dei consiglieri.
1. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione del consiglio. Hanno inoltre il diritto di chiedere la convocazione del consiglio secondo le modalità dettate dall’art. 39, comma 2, e di presentare interrogazioni e mozioni.
2. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge.
3. Il sindaco o il presidente della provincia o gli assessori da essi delegati rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo presentata dai consiglieri. Le modalità della presentazione di tali atti e delle relative risposte sono disciplinate dallo statuto e dal regolamento consiliare.
4. Lo statuto stabilisce i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative.

Articolo 44
Garanzia delle minoranze e controllo consiliare.
1. Lo statuto prevede le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze attribuendo alle opposizioni la presidenza delle commissioni consiliari aventi funzioni di controllo o di garanzia, ove costituite.
2. Il consiglio comunale o provinciale, a maggioranza assoluta dei propri membri, può istituire al proprio interno commissioni di indagine sull’attività dell’amministrazione. I poteri, la composizione ed il funzionamento delle suddette commissioni sono disciplinati dallo statuto e dal regolamento consiliare.

Articolo 45
Surrogazione e supplenza dei consiglieri provinciali, comunali e circoscrizionali.
1. Nei consigli provinciali, comunali e circoscrizionali il seggio che durante il quinquennio rimanga vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che nella medesima lista segue immediatamente l’ultimo eletto.
2. Nel caso di sospensione di un consigliere ai sensi dell’art. 59, il consiglio, nella prima adunanza successiva alla notifica del provvedimento di sospensione, procede alla temporanea sostituzione affidando la supplenza per l’esercizio delle funzioni di consigliere al candidato della stessa lista che ha riportato, dopo gli eletti, il maggior numero di voti. La supplenza ha termine con la cessazione della sospensione. Qualora sopravvenga la decadenza si fa luogo alla surrogazione a norma del comma 1.

Articolo 46
Elezione del sindaco e del presidente della provincia – Nomina della giunta.
1. Il sindaco e il presidente della provincia sono eletti dai cittadini a suffragio universale e diretto secondo le disposizioni dettate dalla legge e sono membri dei rispettivi consigli.
2. Il sindaco e il presidente della provincia nominano, nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la presenza di entrambi i sessi, i componenti della giunta, tra cui un vicesindaco e un vicepresidente, e ne danno comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva alla elezione.
3. Entro il termine fissato dallo statuto, il sindaco o il presidente della provincia, sentita la giunta, presenta al consiglio le linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato.
4. Il sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio.

Articolo 47
Composizione delle giunte.
1. La giunta comunale e la giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a dodici unità.
2. Gli statuti, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 1, possono fissare il numero degli assessori ovvero il numero massimo degli stessi.
3. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere.
4. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere
5. Fino all’adozione delle norme statutarie di cui al comma 1, le giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:
a) non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti; non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;
b) non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri.

Articolo 48
Competenze delle giunte.
1. La giunta collabora con il sindaco o con il presidente della provincia nel governo del comune o della provincia ed opera attraverso deliberazioni collegiali. Nei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, le riunioni della giunta si tengono preferibilmente in un arco temporale non coincidente con l’orario di lavoro dei partecipanti.
2. La giunta compie tutti gli atti rientranti ai sensi dell’art. 107, commi 1 e 2, nelle funzioni degli organi di governo, che non siano riservati dalla legge al consiglio e che non ricadano nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o del presidente della provincia o degli organi di decentramento; collabora con il sindaco e con il presidente della provincia nell’attuazione degli indirizzi generali del consiglio; riferisce annualmente al consiglio sulla propria attività e svolge attività propositive e di impulso nei confronti dello stesso.
3. È altresì, di competenza della giunta l’adozione dei regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio.

Articolo 49
Pareri dei responsabili dei servizi.
1. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità tecnica, del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell’ente, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione.
2. Nel caso in cui l’ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere è espresso dal segretario dell’ente, in relazione alle sue competenze.
3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi.
4. Ove la Giunta o il Consiglio non intendano conformarsi ai pareri di cui al presente articolo, devono darne adeguata motivazione nel testo della deliberazione.

Articolo 50
Competenze del sindaco e del presidente della provincia.
1. Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell’amministrazione del comune e della provincia.
2. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l’ente, convocano e presiedono la giunta, nonché il consiglio quando non è previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti.
3. Salvo quanto previsto dall’art. 107 essi esercitano le funzioni loro attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti e sovrintendono altresì all’espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate al comune e alla provincia
4. Il sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge.
5. In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. Negli altri casi l’adozione dei provvedimenti d’urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali.
6. In caso di emergenza che interessi il territorio di più comuni, ogni sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non intervengano i soggetti competenti ai sensi del precedente comma.
7. Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti.
7-bis. Il Sindaco, al fine di assicurare il soddisfacimento delle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti nonché dell’ambiente e del patrimonio culturale in determinate aree delle città interessate da afflusso particolarmente rilevante di persone, anche in relazione allo svolgimento di specifici eventi, o in altre aree comunque interessate da fenomeni di aggregazione notturna, nel rispetto dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, può disporre, per un periodo comunque non superiore a trenta giorni, con ordinanza non contingibile e urgente, limitazioni in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche, nonché limitazioni degli orari di vendita degli esercizi del settore alimentare o misto, e delle attività artigianali di produzione e vendita di prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato e di erogazione di alimenti e bevande attraverso distributori automatici.
7-bis.1. L’inosservanza delle ordinanze emanate dal Sindaco ai sensi del comma 7-bis è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 500 euro a 5.000 euro. Qualora la stessa violazione sia stata commessa per due volte in un anno, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, anche se il responsabile ha proceduto al pagamento della sanzione in misura ridotta, ai sensi dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
7-ter. Nelle materie di cui al comma 5, secondo periodo, i comuni possono adottare regolamenti ai sensi del presente testo unico.
8. Sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni.
9. Tutte le nomine e le designazioni debbono essere effettuate entro quarantacinque giorni dall’insediamento ovvero entro i termini di scadenza del precedente incarico. In mancanza, il comitato regionale di controllo adotta i provvedimenti sostitutivi ai sensi dell’art. 136.
10. Il sindaco e il presidente della provincia nominano i responsabili degli uffici e dei servizi, attribuiscono e definiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna secondo le modalità ed i criteri stabiliti dagli articoli 109 e 110, nonché dai rispettivi statuti e regolamenti comunali e provinciali
11. Il sindaco e il presidente della provincia prestano davanti al consiglio, nella seduta di insediamento, il giuramento di osservare lealmente la Costituzione italiana.
12. Distintivo del sindaco è la fascia tricolore con lo stemma della Repubblica e lo stemma del comune, da portarsi a tracolla. Distintivo del presidente della provincia è una fascia di colore azzurro con lo stemma della Repubblica e lo stemma della propria provincia da portare a tracolla.

Articolo 51
Durata del mandato del sindaco, del presidente della provincia e dei consigli. Limitazione dei mandati.
1. Il sindaco e il consiglio comunale, il presidente della provincia e il consiglio provinciale durano in carica per un periodo di cinque anni.
2. Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco e di presidente della provincia non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime cariche.
3. È consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei due mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie
[1] In riferimento alle nuove disposizioni in materia di città metropolitane, province e unioni e fusioni di comuni, vediLegge 7 aprile 2014, n. 56.
[2] A norma dell’articolo 1, comma 138, della Legge 7 aprile 2014, n. 56 ai comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti non si applicano le disposizioni di cui al presente comma; ai sindaci dei medesimi comuni è comunque consentito un numero massimo di tre mandati.
[3] A norma dell’articolo 1, comma 138, della Legge 7 aprile 2014, n. 56 ai comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti non si applicano le disposizioni di cui al presente comma; ai sindaci dei medesimi comuni è comunque consentito un numero massimo di tre mandati.

Articolo 52
Mozione di sfiducia.
1. Il voto del consiglio comunale o del consiglio provinciale contrario ad una proposta del sindaco, del presidente della provincia o delle rispettive giunte non comporta le dimissioni degli stessi.
2. Il sindaco, il presidente della provincia e le rispettive giunte cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti il consiglio. La mozione di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il sindaco e il presidente della provincia, e viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, si procede allo scioglimento del consiglio e alla nomina di un commissario ai sensi dell’art. 141.

Articolo 53
Dimissioni, impedimento, rimozione, decadenza, sospensione o decesso del sindaco o del presidente della provincia.
1. In caso di impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia, la giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio. Il consiglio e la giunta rimangono in carica sino alla elezione del nuovo consiglio e del nuovo sindaco o presidente della provincia. Sino alle predette elezioni, le funzioni del sindaco e del presidente della provincia sono svolte, rispettivamente, dal vicesindaco e dal vicepresidente.
2. Il vicesindaco ed il vicepresidente sostituiscono il sindaco e il presidente della provincia in caso di assenza o di impedimento temporaneo, nonché nel caso di sospensione dall’esercizio della funzione ai sensi dell’art. 59.
3. Le dimissioni presentate dal sindaco o dal presidente della provincia diventano efficaci ed irrevocabili trascorso il termine di 20 giorni dalla loro presentazione al consiglio. In tal caso si procede allo scioglimento del rispettivo consiglio, con contestuale nomina di un commissario.
4. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale determina in ogni caso la decadenza del sindaco o del presidente della provincia nonché delle rispettive giunte.

Articolo 54
Attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale
1. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende:
a) all’emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalla legge e dai regolamenti in materia di ordine e sicurezza pubblica;
b) allo svolgimento delle funzioni affidategli dalla legge in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria;
c) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico, informandone preventivamente il prefetto.
2. Il sindaco, nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 1, concorre ad assicurare anche la cooperazione della polizia locale con le Forze di polizia statali, nell’ambito delle direttive di coordinamento impartite dal Ministro dell’interno – Autorità nazionale di pubblica sicurezza.
3. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende, altresì, alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica.
4. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione.
4-bis. I provvedimenti adottati ai sensi del comma 4 concernenti l’incolumità pubblica sono diretti a tutelare l’integrità fisica della popolazione, quelli concernenti la sicurezza urbana sono diretti a prevenire e contrastare [ le situazioni che favoriscono ] l’insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l’illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all’abuso di alcool o all’uso di sostanze stupefacenti.
5. Qualora i provvedimenti adottati dai sindaci ai sensi dei commi 1 e 4 comportino conseguenze sull’ordinata convivenza delle popolazioni dei comuni contigui o limitrofi, il prefetto indice un’apposita conferenza alla quale prendono parte i sindaci interessati, il presidente della provincia e, qualora ritenuto opportuno, soggetti pubblici e privati dell’ambito territoriale interessato dall’intervento.
5-bis. Il sindaco segnala alle competenti autorità, giudiziaria o di pubblica sicurezza, la condizione irregolare dello straniero o del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione europea, per la eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento dal territorio dello Stato;
6. In casi di emergenza, connessi con il traffico o con l’inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell’utenza o per motivi di sicurezza urbana, il sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti di cui al comma 4.
7. Se l’ordinanza adottata ai sensi del comma 4 è rivolta a persone determinate e queste non ottemperano all’ordine impartito, il sindaco può provvedere d’ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell’azione penale per i reati in cui siano incorsi.
8. Chi sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni di cui al presente articolo.
9. Al fine di assicurare l’attuazione dei provvedimenti adottati dai sindaci ai sensi del presente articolo, il prefetto, ove le ritenga necessarie, dispone, fermo restando quanto previsto dal secondo periodo del comma 4, le misure adeguate per assicurare il concorso delle Forze di polizia. Nell’ambito delle funzioni di cui al presente articolo, il prefetto può altresì disporre ispezioni per accertare il regolare svolgimento dei compiti affidati, nonché per l’acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale.
10. Nelle materie previste dai commi 1 e 3, nonché dall’ articolo 14, il sindaco, previa comunicazione al prefetto, può delegare l’esercizio delle funzioni ivi indicate al presidente del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di decentramento comunale, il sindaco può conferire la delega a un consigliere comunale per l’esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni.
11. Nelle fattispecie di cui ai commi 1, 3 e 4, nel caso di inerzia del sindaco o del suo delegato nell’esercizio delle funzioni previste dal comma 10, il prefetto può intervenire con proprio provvedimento.
12. Il Ministro dell’interno può adottare atti di indirizzo per l’esercizio delle funzioni previste dal presente articolo da parte del sindaco.

Articolo 55
Elettorato passivo.
1. Sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale gli elettori di un qualsiasi comune della Repubblica che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età, nel primo giorno fissato per la votazione.
2. Per l’eleggibilità alle elezioni comunali dei cittadini dell’Unione europea residenti nella Repubblica si applicano le disposizioni del decreto legislativo 12 aprile 1996, n. 197.

Articolo 56
Requisiti della candidatura.
1. Nessuno può presentarsi come candidato a consigliere in più di due province o in più di due comuni o in più di due circoscrizioni, quando le elezioni si svolgano nella stessa data. I consiglieri provinciali, comunali o di circoscrizione in carica non possono candidarsi, rispettivamente, alla medesima carica in altro consiglio provinciale, comunale o circoscrizionale.
2. Nessuno può essere candidato alla carica di sindaco o di presidente della provincia in più di un comune ovvero di una provincia.

Articolo 57
Obbligo di opzione.
1. Il candidato che sia eletto contemporaneamente consigliere in due province, in due comuni, in due circoscrizioni, deve optare per una delle cariche entro cinque giorni dall’ultima deliberazione di convalida. Nel caso di mancata opzione rimane eletto nel consiglio della provincia, del comune o della circoscrizione in cui ha riportato il maggior numero di voti in percentuale rispetto al numero dei votanti ed è surrogato nell’altro consiglio.

Articolo 58
Cause ostative alla candidatura.
[ 1. Non possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’art. 114, presidente e componente degli organi delle Comunità montane:
a) coloro che hanno riportato condanna definitiva per il delitto previsto dall’art. 416- bis del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all’art. 74 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, o per un delitto di cui all’art. 73 del citato testo unico concernente la produzione o il traffico di dette sostanze, o per un delitto concernente la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la vendita o cessione, nonché, nei casi in cui sia inflitta la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati;
b) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell’errore altrui), 316- bis (malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per l’esercizio della funzione), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio), 319- ter (corruzione in atti giudiziari), 319-quater, primo comma (induzione indebita a dare o promettere utilità), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale ;
c) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi da quelli indicati nella lettera b );
d) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo;
e) coloro nei cui confronti il tribunale ha applicato, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all’art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’art. 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646.
2. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo e dall’art. 59 la sentenza prevista dall’art. 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.
3. Le disposizioni previste dal comma 1 si applicano a qualsiasi altro incarico con riferimento al quale l’elezione o la nomina è di competenza:
a) del consiglio provinciale, comunale o circoscrizionale;
b) della giunta provinciale o del presidente, della giunta comunale o del sindaco, di assessori provinciali o comunali.
4. L’eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla. L’organo che ha provveduto alla nomina o alla convalida dell’elezione è tenuto a revocare il relativo provvedimento non appena venuto a conoscenza dell’esistenza delle condizioni stesse.
5. Le disposizioni previste dai commi precedenti non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato o di chi è stato sottoposto a misura di prevenzione con provvedimento definitivo, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell’art. 178 del codice penale o dell’art. 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327. ]

Articolo 59
Sospensione e decadenza di diritto.
[ 1. Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate al comma 1 dell’art. 58:
a) coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all’art. 58, comma 1, lettera a), o per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma316, 316- bis, 317, 318, 319, 319- ter, 319-quater e 320 del codice penale;
b) coloro che, con sentenza di primo grado, confermata in appello per la stessa imputazione, hanno riportato, dopo l’elezione o la nomina, una condanna ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per un delitto non colposo;
c) coloro nei cui confronti l’autorità giudiziaria ha applicato, con provvedimento non definitivo, una misura di prevenzione in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all’art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’art. 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646. La sospensione di diritto consegue, altresì, quando è disposta l’applicazione di una delle misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale nonché di cui all’articolo 283, comma 1, del codice di procedura penale, quando il divieto di dimora riguarda la sede dove si svolge il mandato elettorale.
2. Nel periodo di sospensione i soggetti sospesi, ove non sia possibile la sostituzione ovvero fino a quando non sia convalidata la supplenza, non sono computati al fine della verifica del numero legale, Né per la determinazione di qualsivoglia quorum o maggioranza qualificata.
3. La sospensione cessa di diritto di produrre effetti decorsi diciotto mesi. Nel caso in cui l’appello proposto dall’interessato avverso la sentenza di condanna sia rigettato anche con sentenza non definitiva, decorre un ulteriore periodo di sospensione che cessa di produrre effetti trascorso il termine di dodici mesi dalla sentenza di rigetto .
4. A cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero i provvedimenti giudiziari che comportano la sospensione sono comunicati al prefetto, il quale, accertata la sussistenza di una causa di sospensione, provvede a notificare il relativo provvedimento agli organi che hanno convalidato l’elezione o deliberato la nomina
5. La sospensione cessa nel caso in cui nei confronti dell’interessato venga meno l’efficacia della misura coercitiva di cui al comma 1, ovvero venga emessa sentenza, anche se non passata in giudicato, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione o provvedimento di revoca della misura di prevenzione o sentenza di annullamento ancorchè con rinvio. In tal caso la sentenza o il provvedimento di revoca devono essere pubblicati nell’albo pretorio e comunicati alla prima adunanza dell’organo che ha proceduto all’elezione, alla convalida dell’elezione o alla nomina
6. Chi ricopre una delle cariche indicate al comma 1 dell’art. 58 decade da essa di diritto dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna o dalla data in cui diviene definitivo il provvedimento che applica la misura di prevenzione.
7. Quando, in relazione a fatti o attività comunque riguardanti gli enti di cui all’art. 58, l’autorità giudiziaria ha emesso provvedimenti che comportano la sospensione o la decadenza dei pubblici ufficiali degli enti medesimi e vi è la necessità di verificare che non ricorrano pericoli di infiltrazione di tipo mafioso nei servizi degli stessi enti, il prefetto può accedere presso gli enti interessati per acquisire dati e documenti ed accertare notizie concernenti i servizi stessi.
8. Copie dei provvedimenti di cui al comma 7 sono trasmesse al Ministro dell’interno, ai sensi dell’art. 2, comma 2- quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 110 e successive modifiche ed integrazioni. ]

Articolo 60
Ineleggibilità.
1. Non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale e circoscrizionale:
1) il Capo della polizia, i vice capi della polizia, gli ispettori generali di pubblica sicurezza che prestano servizio presso il Ministero dell’interno, i dipendenti civili dello Stato che svolgono le funzioni di direttore generale o equiparate o superiori ;
2) nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i Commissari di Governo, i prefetti della Repubblica, i vice prefetti ed i funzionari di pubblica sicurezza;
[3) nel territorio, nel quale esercitano il comando, gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato;]
4) nel territorio, nel quale esercitano il loro ufficio, gli ecclesiastici ed i ministri di culto, che hanno giurisdizione e cura di anime e coloro che ne fanno ordinariamente le veci;
5) i titolari di organi individuali ed i componenti di organi collegiali che esercitano poteri di controllo istituzionale sull’amministrazione del comune o della provincia nonché i dipendenti che dirigono o coordinano i rispettivi uffici;
6) nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali, ai tribunali amministrativi regionali, nonché i giudici di pace;
7) i dipendenti del comune e della provincia per i rispettivi consigli;
8) il direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore sanitario delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere;
9) i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio dell’azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionati o lo ricomprende, ovvero dei comuni che concorrono a costituire l’azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate ;
10) i legali rappresentanti ed i dirigenti delle società per azioni con capitale superiore al 50 per cento rispettivamente del comune o della provincia ;
11) gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dal comune o dalla provincia;
12) i sindaci, presidenti di provincia, consiglieri metropolitani, consiglieri comunali, provinciali o circoscrizionali in carica, rispettivamente, in altro comune, città metropolitana, provincia o circoscrizione.
2. Le cause di ineleggibilità di cui al n. 8) non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata degli organi ivi indicati. In caso di scioglimento anticipato delle rispettive assemblee elettive, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del provvedimento di scioglimento. Il direttore generale, il direttore amministrativo ed il direttore sanitario, in ogni caso, non sono eleggibili nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell’azienda sanitaria locale o ospedaliera presso la quale abbiano esercitato le proprie funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura. I predetti, ove si siano candidati e non siano stati eletti, non possono esercitare per un periodo di cinque anni le loro funzioni in aziende sanitarie locali e ospedaliere comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale nel cui ambito si sono svolte le elezioni.
3. Le cause di ineleggibilità previste nei numeri 1), 2), [3),] 4), 5), 6), 7), 9), 10), 11) e 12) non hanno effetto se l’interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell’incarico o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidaturė La causa di ineleggibilità prevista nel numero 12) non ha effetto nei confronti del sindaco in caso di elezioni contestuali nel comune nel quale l’interessato è già in carica e in quello nel quale intende candidarsi.
4. Le strutture convenzionate, di cui al n. 9) del comma 1, sono quelle indicate negli articoli 43 e 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
5. La pubblica amministrazione è tenuta ad adottare i provvedimenti di cui al comma 3 entro cinque giorni dalla richiesta. Ove l’amministrazione non provveda, la domanda di dimissioni o aspettativa accompagnata dalla effettiva cessazione delle funzioni ha effetto dal quinto giorno successivo alla presentazione.
6. La cessazione delle funzioni importa la effettiva astensione da ogni atto inerente all’ufficio rivestito.
7. L’aspettativa è concessa anche in deroga ai rispettivi ordinamenti per tutta la durata del mandato, ai sensi dell’art. 81.
8. Non possono essere collocati in aspettativa i dipendenti assunti a tempo determinato.
9. Le cause di ineleggibilità previste dal n. 9) del comma 1 non si applicano per la carica di consigliere provinciale.

Articolo 61
Ineleggibilità e incompatibilità alla carica di sindaco e presidente di provincia .
1. Non può essere eletto alla carica di sindaco o di presidente della provincia:
1) il ministro di un culto;
2) coloro che hanno ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado che coprano nelle rispettive amministrazioni il posto di segretario comunale o provinciale.
1-bis. Non possono ricoprire la carica di sindaco o di presidente di provincia coloro che hanno ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado che coprano nelle rispettive amministrazioni il posto di appaltatore di lavori o di servizi comunali o provinciali o in qualunque modo loro fideiussore .

Articolo 62
Decadenza dalla carica di sindaco e di presidente della provincia.
1. Fermo restando quanto previsto dall’art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e dall’art. 5 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, l’accettazione della candidatura a deputato o senatore comporta in ogni caso, per i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e per i presidenti delle province la decadenza dalle cariche elettive ricoperte.

Articolo 63
Incompatibilità.
1. Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale:
1) l’amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cui vi sia almeno il 20 per cento di partecipazione rispettivamente da parte del comune o della provincia o che dagli stessi riceva in via continuativa una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell’anno il dieci per cento del totale delle entrate dell’ente;
2) colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell’interesse del comune o della provincia ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della regione, fatta eccezione per i comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti qualora la partecipazione dell’ente locale di appartenenza sia inferiore al 3 per cento e fermo restando quanto disposto dall’articolo 1, comma 718, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
3) il consulente legale, amministrativo e tecnico che presta opera in modo continuativo in favore delle imprese di cui ai numeri 1) e 2) del presente comma;
4) colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con il comune o la provincia. La pendenza di una lite in materia tributaria ovvero di una lite promossa ai sensi dell’articolo 9 del presente decreto non determina incompatibilità. Qualora il contribuente venga eletto amministratore comunale, competente a decidere sul suo ricorso è la commissione del comune capoluogo di circondario sede di tribunale ovvero sezione staccata di tribunale. Qualora il ricorso sia proposto contro tale comune, competente a decidere è la commissione del comune capoluogo di provincia. Qualora il ricorso sia proposto contro quest’ultimo comune, competente a decidere è, in ogni caso, la commissione del comune capoluogo di regione. Qualora il ricorso sia proposto contro quest’ultimo comune, competente a decidere è la commissione del capoluogo di provincia territorialmente più vicino. La lite promossa a seguito di o conseguente a sentenza di condanna determina incompatibilità soltanto in caso di affermazione di responsabilità con sentenza passata in giudicato. La costituzione di parte civile nel processo penale non costituisce causa di incompatibilità. La presente disposizione si applica anche ai procedimenti in corso;
5) colui che, per, fatti compiuti allorchè era amministratore o impiegato, rispettivamente, del comune o della provincia ovvero di istituto o azienda da esso dipendente o vigilato, è stato, con sentenza passata in giudicato, dichiarato responsabile verso l’ente, istituto od azienda e non ha ancora estinto il debito;
6) colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell’avviso di cui all’art. 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;
7) colui che, nel corso del mandato, viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilità prevista nei precedenti articoli.
2. L’ipotesi di cui al n. 2) del comma 1 non si applica a coloro che hanno parte in cooperative o consorzi di cooperative, iscritte regolarmente nei registri pubblici.
3. L’ipotesi di cui al n. 4) del comma 1 non si applica agli amministratori per fatto connesso con l’esercizio del mandato.

Articolo 64
Incompatibilità tra consigliere comunale e provinciale e assessore nella rispettiva giunta.
1. La carica di assessore è incompatibile con la carica di consigliere comunale e provinciale.
2. Qualora un consigliere comunale o provinciale assuma la carica di assessore nella rispettiva giunta, cessa dalla carica di consigliere all’atto dell’accettazione della nomina, ed al suo posto subentra il primo dei non eletti.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti.
4. Il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti e affini entro il terzo grado, del sindaco o del presidente della giunta provinciale, non possono far parte della rispettiva giunta Né essere nominati rappresentanti del comune e della provincia .

Articolo 65
Incompatibilità per consigliere regionale, comunale e circoscrizionale.
1. Le cariche di presidente provinciale, nonché di sindaco e di assessore dei comuni compresi nel territorio della regione, sono incompatibili con la carica di consigliere regionale.
2. Le cariche di consigliere comunale e circoscrizionale sono incompatibili, rispettivamente, con quelle di consigliere comunale di altro comune e di consigliere circoscrizionale di altra circoscrizione, anche di altro comune.
3. La carica di consigliere comunale è incompatibile con quella di consigliere di una circoscrizione dello stesso o di altro comune.

Articolo 66
Incompatibilità per gli organi delle aziende sanitarie locali e ospedaliere.
1. La carica di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario delle aziende sanitarie locali e ospedaliere è incompatibile con quella di consigliere provinciale, di sindaco, di assessore comunale, di presidente o di assessore della Comunità montana.

Articolo 67
Esimente alle cause di ineleggibilità o incompatibilità.
1. Non costituiscono cause di ineleggibilità o di incompatibilità gli incarichi e le funzioni conferite ad amministratori del comune, della provincia e della circoscrizione previsti da norme di legge, statuto o regolamento in ragione del mandato elettivo.

Articolo 68
Perdita delle condizioni di eleggibilità e incompatibilità.
1. La perdita delle condizioni di eleggibilità previste dal presente capo importa la decadenza dalla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale.
2. Le cause di incompatibilità, sia che esistano al momento della elezione sia che sopravvengano ad essa, importano la decadenza dalle predette cariche.
3. Ai fini della rimozione delle cause di ineleggibilità sopravvenute alle elezioni ovvero delle cause di incompatibilità sono applicabili le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 5, 6 e 7 dell’art. 60.
4. La cessazione dalle funzioni deve avere luogo entro dieci giorni dalla data in cui è venuta a concretizzarsi la causa di ineleggibilità o di incompatibilità.

Articolo 69
Contestazione delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità.
1. Quando successivamente alla elezione si verifichi qualcuna delle condizioni previste dal presente capo come causa di ineleggibilità ovvero esista al momento della elezione o si verifichi successivamente qualcuna delle condizioni di incompatibilità previste dal presente capo il consiglio di cui l’interessato fa parte gliela contesta.
2. L’amministratore locale ha dieci giorni di tempo per formulare osservazioni o per eliminare le cause di ineleggibilità sopravvenute o di incompatibilità.
3. Nel caso in cui venga proposta azione di accertamento in sede giurisdizionale ai sensi del successivo art. 70, il temine di dieci giorni previsto dal comma 2 decorre dalla data di notificazione del ricorso.
4. Entro i 10 giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 2 il consiglio delibera definitivamente e, ove ritenga sussistente la causa di ineleggibilità o di incompatibilità, invita l’amministratore a rimuoverla o ad esprimere, se del caso, la opzione per la carica che intende conservare.
5. Qualora l’amministratore non vi provveda entro i successivi 10 giorni il consiglio lo dichiara decaduto. Contro la deliberazione adottata è ammesso ricorso giurisdizionale al tribunale competente per territorio.
6. La deliberazione deve essere, nel giorno successivo, depositata nella segreteria del consiglio e notificata, entro i cinque giorni successivi, a colui che è stato dichiarato decaduto.
7. Le deliberazioni di cui al presente articolo sono adottate di ufficio o su istanza di qualsiasi elettore.

Articolo 70
Azione popolare.
1. La decadenza dalla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale può essere promossa in prima istanza da qualsiasi cittadino elettore del comune, o da chiunque altro vi abbia interesse davanti al tribunale civile [, con ricorso da notificare all’amministratore ovvero agli amministratori interessati, nonché al sindaco o al presidente della provincia].
2. L’azione può essere promossa anche dal prefetto.
3. Alle controversie previste dal presente articolo si applica l’articolo 22 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.
[4. Contro la sentenza del Tribunale, sono ammesse le impugnazioni ed i ricorsi previsti dagli articoli 82/2 e articoli 82/3 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570.]

Articolo 71
Elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni sino a 15.000 abitanti (A).
1. Nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, l’elezione dei consiglieri comunali si effettua con sistema maggioritario contestualmente alla elezione del sindaco.
2. Con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato alla carica di sindaco e il programma amministrativo da affiggere all’albo pretorio.
3. Ciascuna candidatura alla carica di sindaco è collegata ad una lista di candidati alla carica di consigliere comunale, comprendente un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai tre quarti.
3-bis. Nelle liste dei candidati è assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi. Nelle medesime liste, nei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati, con arrotondamento all’unità superiore qualora il numero dei candidati del sesso meno rappresentato da comprendere nella lista contenga una cifra decimale inferiore a 50 centesimi.
4. Nella scheda è indicato, a fianco del contrassegno, il candidato alla carica di sindaco.
5. Ciascun elettore ha diritto di votare per un candidato alla carica di sindaco, segnando il relativo contrassegno. Può altresì esprimere voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere comunale compreso nella lista collegata al candidato alla carica di sindaco prescelto, scrivendone il cognome nella apposita riga stampata sotto il medesimo contrassegno. Nei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti, ciascun elettore può esprimere, nelle apposite righe stampate sotto il medesimo contrassegno, uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome di non più di due candidati compresi nella lista collegata al candidato alla carica di sindaco prescelto. Nel caso di espressione di due preferenze, esse devono riguardare candidati di sesso diverso della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza.
6. é proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ad un turno di ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, da effettuarsi la seconda domenica successiva. In caso di ulteriore parità viene eletto il più anziano di età.
7. A ciascuna lista di candidati alla carica di consigliere si intendono attribuiti tanti voti quanti sono i voti conseguiti dal candidato alla carica di sindaco ad essa collegato.
8. Alla lista collegata al candidato alla carica di sindaco che ha riportato il maggior numero di voti sono attribuiti due terzi dei seggi assegnati al consiglio, con arrotondamento all’unità superiore qualora il numero dei consiglieri da assegnare alla lista contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi. I restanti seggi sono ripartiti proporzionalmente fra le altre liste. A tal fine si divide la cifra elettorale di ciascuna lista successivamente per 1, 2, 3, 4,… sino a concorrenza del numero dei seggi da assegnare e quindi si scelgono, tra i quozienti così ottenuti, i più alti, in numero eguale a quello dei seggi da assegnare, disponendoli in una graduatoria decrescente. Ciascuna lista ottiene tanti seggi quanti sono i quozienti ad essa appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di quest’ultima, per sorteggio.
9. Nell’ambito di ogni lista i candidati sono proclamati eletti consiglieri comunali secondo l’ordine delle rispettive cifre individuali, costituite dalla cifra di lista aumentata dei voti di preferenza. A parità di cifra, sono proclamati eletti i candidati che precedono nell’ordine di lista. Il primo seggio spettante a ciascuna lista di minoranza è attribuito al candidato alla carica di sindaco della lista medesima.
10. Ove sia stata ammessa e votata una sola lista, sono eletti tutti i candidati compresi nella lista, ed il candidato a sindaco collegato, purché essa abbia riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento dei votanti ed il numero dei votanti non sia stato inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune. Qualora non si siano raggiunte tali percentuali, la elezione è nulla.
11. In caso di decesso di un candidato alla carica di sindaco, intervenuto dopo la presentazione delle candidature e prima del giorno fissato per le elezioni, si procede al rinvio delle elezioni con le modalità stabilite dall’art. 18, terzo, quarto e quinto comma del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, consentendo, in ogni caso, l’integrale rinnovo del procedimento di presentazione di tutte le liste e candidature a sindaco e a consigliere comunale.

Articolo 72
Elezione del sindaco nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.
1. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, il sindaco è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente all’elezione del consiglio comunale.
2. Ciascun candidato alla carica di sindaco deve dichiarare all’atto della presentazione della candidatura il collegamento con una o più liste presentate per l’elezione del consiglio comunale. La dichiarazione ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati delle liste interessate.
3. La scheda per l’elezione del sindaco è quella stessa utilizzata per l’elezione del consiglio. La scheda reca i nomi e i cognomi dei candidati alla carica di sindaco, scritti entro un apposito rettangolo, sotto ai quali sono riportati i contrassegni della lista o delle liste con cui il candidato è collegato. Tali contrassegni devono essere riprodotti sulle schede con il diametro di centimetri 3. Ciascun elettore può, con un unico voto, votare per un candidato alla carica di sindaco e per una delle liste ad esso collegate, tracciando un segno sul contrassegno di una di tali liste. Ciascun elettore può altresì votare per un candidato alla carica di sindaco, anche non collegato alla lista prescelta, tracciando un segno sul relativo rettangolo.
4. é proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi.
5. Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza di cui al comma 4, si procede ad un secondo turno elettorale che ha luogo la seconda domenica successiva a quella del primo. Sono ammessi al secondo turno i due candidati alla carica di sindaco che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti. In caso di parità di voti tra i candidati, è ammesso al ballottaggio il candidato collegato con la lista o il gruppo di liste per l’elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, partecipa al ballottaggio il candidato più anziano di età.
6. In caso di impedimento permanente o decesso di uno dei candidati ammessi al ballottaggio ai sensi del comma 5, secondo periodo, partecipa al ballottaggio il candidato che segue nella graduatoria. Detto ballottaggio ha luogo la domenica successiva al decimo giorno dal verificarsi dell’evento.
7. Per i candidati ammessi al ballottaggio rimangono fermi i collegamenti con le liste per l’elezione del consiglio dichiarati al primo turno. I candidati ammessi al ballottaggio hanno tuttavia facoltà, entro sette giorni dalla prima votazione, di dichiarare il collegamento con ulteriori liste rispetto a quelle con cui è stato effettuato il collegamento nel primo turno. Tutte le dichiarazioni di collegamento hanno efficacia solo se convergenti con analoghe dichiarazioni rese dai delegati delle liste interessate.
8. La scheda per il ballottaggio comprende il nome e il cognome dei candidati alla carica di sindaco, scritti entro l’apposito rettangolo, sotto il quale sono riprodotti i simboli delle liste collegate. Il voto si esprime tracciando un segno sul rettangolo entro il quale è scritto il nome del candidato prescelto.
9. Dopo il secondo turno è proclamato eletto sindaco il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti, è proclamato eletto sindaco il candidato collegato, ai sensi del comma 7, con la lista o il gruppo di liste per l’elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato eletto sindaco il candidato più anziano d’età.

Articolo 73
Elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti (A).
1. Le liste per l’elezione del consiglio comunale devono comprendere un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai due terzi, con arrotondamento all’unità superiore qualora il numero dei consiglieri da comprendere nella lista contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi. Nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi, con arrotondamento all’unità superiore qualora il numero dei candidati del sesso meno rappresentato da comprendere nella lista contenga una cifra decimale inferiore a 50 centesimi.
2. Con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato alla carica di sindaco e il programma amministrativo da affiggere all’albo pretorio. Più liste possono presentare lo stesso candidato alla carica di sindaco. In tal caso le liste debbono presentare il medesimo programma amministrativo e si considerano fra di loro collegate.
3. Il voto alla lista viene espresso, ai sensi del comma 3 dell’art. 72, tracciando un segno sul contrassegno della lista prescelta. Ciascun elettore può altresì esprimere, nelle apposite righe stampate sotto il medesimo contrassegno, uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome di non più di due candidati compresi nella lista da lui votata. Nel caso di espressione di due preferenze, esse devono riguardare candidati di sesso diverso della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza.
4. L’attribuzione dei seggi alle liste è effettuata successivamente alla proclamazione dell’elezione del sindaco al termine del primo o del secondo turno.
5. La cifra elettorale di una lista è costituita dalla somma dei voti validi riportati dalla lista stessa in tutte le sezioni del comune.
6. La cifra individuale di ciascun candidato a consigliere comunale è costituita dalla cifra di lista aumentata dei voti di preferenza.
7. Non sono ammesse all’assegnazione dei seggi quelle liste che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3 per cento dei voti validi e che non appartengano a nessun gruppo di liste che abbia superato tale soglia.
8. Salvo quanto disposto dal comma 10, per l’assegnazione del numero dei consiglieri a ciascuna lista o a ciascun gruppo di liste collegate, nel turno di elezione del sindaco, con i rispettivi candidati alla carica di sindaco si divide la cifra elettorale di ciascuna lista o gruppo di liste collegate successivamente per 1, 2, 3, 4,… sino a concorrenza del numero dei consiglieri da eleggere e quindi si scelgono, fra i quozienti così ottenuti, i più alti, in numero eguale a quello dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. Ciascuna lista o gruppo di liste avrà tanti rappresentanti quanti sono i quozienti ad essa appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito alla lista o gruppo di liste che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di quest’ultima, per sorteggio. Se ad una lista spettano più posti di quanti sono i suoi candidati, i posti eccedenti sono distribuiti, fra le altre liste, secondo l’ordine dei quozienti.
9. Nell’ambito di ciascun gruppo di liste collegate la cifra elettorale di ciascuna di esse, corrispondente ai voti riportati nel primo turno, è divisa per 1, 2, 3, 4,… sino a concorrenza del numero dei seggi spettanti al gruppo di liste. Si determinano in tal modo i quozienti più alti e, quindi, il numero dei seggi spettanti ad ogni lista.
10. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al primo turno, alla lista o al gruppo di liste a lui collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, ma abbia ottenuto almeno il 40 per cento dei voti validi, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, semprechè nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate abbia superato il 50 per cento dei voti validi. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, semprechè nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del comma 8.
11. Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascuna lista o gruppo di liste collegate, sono in primo luogo proclamati eletti alla carica di consigliere i candidati alla carica di sindaco, non risultati eletti, collegati a ciascuna lista che abbia ottenuto almeno un seggio. In caso di collegamento di più liste al medesimo candidato alla carica di sindaco risultato non eletto, il seggio spettante a quest’ultimo è detratto dai seggi complessivamente attribuiti al gruppo di liste collegate.
12. Compiute le operazioni di cui al comma 11 sono proclamati eletti consiglieri comunali i candidati di ciascuna lista secondo l’ordine delle rispettive cifre individuali. In caso di parità di cifra individuale, sono proclamati eletti i candidati che precedono nell’ordine di lista.

Articolo 74
Elezione del presidente della provincia.
1. Il presidente della provincia è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente alla elezione del consiglio provinciale. La circoscrizione per l’elezione del presidente della provincia coincide con il territorio provinciale.
2. Oltre a quanto previsto dall’art. 14 della legge 8 marzo 1951, n. 122 e successive modificazioni, il deposito, l’affissione presso l’albo pretorio della provincia e la presentazione delle candidature alla carica di consigliere provinciale e di presidente della provincia sono disciplinati dalle disposizioni di cui all’ art. 3, commi 3 e 4, della legge 25 marzo 1993, n. 81, in quanto compatibili.
3. All’atto di presentare la propria candidatura ciascun candidato alla carica di presidente della provincia deve dichiarare di collegarsi ad almeno uno dei gruppi di candidati per l’elezione del consiglio provinciale. La dichiarazione di collegamento ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati dei gruppi interessati.
4. La scheda per l’elezione del presidente della provincia è quella stessa utilizzata per l’elezione del consiglio e reca, alla destra del nome e cognome di ciascun candidato alla carica di presidente della provincia, il contrassegno o i contrassegni del gruppo o dei gruppi di candidati al consiglio cui il candidato ha dichiarato di collegarsi. Alla destra di ciascun contrassegno è riportato il nome e cognome del candidato al consiglio provinciale facente parte del gruppo di candidati contraddistinto da quel contrassegno. I contrassegni devono essere riprodotti sulle schede con il diametro di centimetri 3.
5. Ciascun elettore può votare per uno dei candidati al consiglio provinciale tracciando un segno sul relativo contrassegno. Ciascun elettore può, altresì, votare sia per un candidato alla carica di presidente della provincia, tracciando un segno sul relativo rettangolo, sia per uno dei candidati al consiglio provinciale ad esso collegato, tracciando anche un segno sul relativo contrassegno. Il voto espresso nei modi suindicati si intende attribuito sia al candidato alla carica di consigliere provinciale corrispondente al contrassegno votato sia al candidato alla carica di presidente della provincia. Ciascun elettore può, infine, votare per un candidato alla carica di presidente della provincia tracciando un segno sul relativo rettangolo. Il voto in tal modo espresso si intende attribuito solo al candidato alla carica di presidente della provincia.
6. é proclamato eletto presidente della provincia, il candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi.
7. Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza di cui al comma 6, si procede ad un secondo turno elettorale che ha luogo la seconda domenica successiva a quella del primo. Sono ammessi al secondo turno i due candidati alla carica di presidente della provincia che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti. In caso di parità di voti fra il secondo ed il terzo candidato è ammesso al ballottaggio il più anziano di età.
8. In caso di impedimento permanente o decesso di uno dei candidati ammessi al ballottaggio, partecipa al secondo turno il candidato che segue nella graduatoria. Detto ballottaggio dovrà aver luogo la domenica successiva al decimo giorno dal verificarsi dell’evento.
9. I candidati ammessi al ballottaggio mantengono i collegamenti con i gruppi di candidati al consiglio provinciale dichiarati al primo turno. I candidati ammessi al ballottaggio hanno facoltà, entro sette giorni dalla prima votazione, di dichiarare il collegamento con ulteriori gruppi di candidati rispetto a quelli con cui è stato effettuato il collegamento nel primo turno. La dichiarazione ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati dei gruppi interessati.
10. La scheda per il ballottaggio comprende il nome ed il cognome dei candidati alla carica di presidente della provincia, scritti entro l’apposito rettangolo, sotto il quale sono riprodotti i simboli dei gruppi di candidati collegati. Il voto si esprime tracciando un segno sul rettangolo entro il quale è scritto il nome del candidato prescelto.
11. Dopo il secondo turno è proclamato eletto presidente della provincia il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti, è proclamato eletto presidente della provincia il candidato collegato con il gruppo o i gruppi di candidati per il consiglio provinciale che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato eletto il candidato più anziano di età.

Articolo 75
Elezione del consiglio provinciale.
1. L’elezione dei consiglieri provinciali è effettuata sulla base di collegi uninominali e secondo le disposizioni dettate dalla legge 8 marzo 1951, n. 122 e successive modificazioni, in quanto compatibili con le norme di cui all’art. 74 e al presente articolo.
2. Con il gruppo di candidati collegati deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato alla carica di presidente della provincia e il programma amministrativo da affiggere all’albo pretorio. Più gruppi possono presentare lo stesso candidato alla carica di presidente della provincia. In tal caso i gruppi debbono presentare il medesimo programma amministrativo e si considerano fra di loro collegati.
3. L’attribuzione dei seggi del consiglio provinciale ai gruppi di candidati collegati è effettuata dopo la proclamazione dell’elezione del presidente della provincia.
4. La cifra elettorale di ogni gruppo è data dal totale dei voti validi ottenuti da tutti i candidati del gruppo stesso nei singoli collegi della Provincia.
5. Non sono ammessi all’assegnazione dei seggi i gruppi di candidati che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3 per cento dei voti validi e che non appartengano a nessuna coalizione di gruppi che abbia superato tale soglia.
6. Per l’assegnazione dei seggi a ciascun gruppo di candidati collegati, si divide la cifra elettorale conseguita da ciascun gruppo di candidati successivamente per 1, 2, 3, 4,… sino a concorrenza del numero di consiglieri da eleggere. Quindi tra i quozienti così ottenuti si scelgono i più alti, in numero eguale a quello dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. A ciascun gruppo di candidati sono assegnati tanti rappresentanti quanti sono i quozienti ad esso appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito al gruppo di candidati che ha ottenuto la maggior cifra elettorale e, a parità di quest’ultima, per sorteggio. Se ad un gruppo spettano più posti di quanti sono i suoi candidati, i posti eccedenti sono distribuiti tra gli altri gruppi, secondo l’ordine dei quozienti.
7. Le disposizioni di cui al comma 6 si applicano quando il gruppo o i gruppi di candidati collegati al candidato proclamato eletto presidente della provincia abbiano conseguito almeno il 60 per cento dei seggi assegnati al consiglio provinciale.
8. Qualora il gruppo o i gruppi di candidati collegati al candidato proclamato eletto presidente della provincia non abbiano conseguito almeno il 60 per cento dei seggi assegnati al consiglio provinciale, a tale gruppo o gruppi di candidati viene assegnato il 60 per cento dei seggi, con arrotondamento all’unità superiore qualora il numero dei consiglieri da attribuire al gruppo o ai gruppi contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi. In caso di collegamento di più gruppi con il candidato proclamato eletto presidente, per determinare il numero di seggi spettanti a ciascun gruppo, si dividono le rispettive cifre elettorali corrispondenti ai voti riportati al primo turno, per 1, 2, 3, 4… sino a concorrenza del numero dei seggi da assegnare. Si determinano in tal modo i quozienti più alti e, quindi, il numero dei seggi spettanti ad ogni gruppo di candidati.
9. I restanti seggi sono attribuiti agli altri gruppi di candidati ai sensi del comma 6.
10. Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascun gruppo di candidati, sono in primo luogo proclamati eletti alla carica di consigliere i candidati alla carica di presidente della provincia non risultati eletti, collegati a ciascun gruppo di candidati che abbia ottenuto almeno un seggio. In caso di collegamento di più gruppi con il candidato alla carica di presidente della provincia non eletto, il seggio spettante a quest’ultimo è detratto dai seggi complessivamente attribuiti ai gruppi di candidati collegati.
11. Compiute le operazioni di cui al comma 10 sono proclamati eletti consiglieri provinciali i candidati di ciascun gruppo secondo l’ordine delle rispettive cifre individuali.
12. La cifra individuale dei candidati a consigliere provinciale viene determinata moltiplicando il numero dei voti validi ottenuto da ciascun candidato per cento e dividendo il prodotto per il totale dei voti validi espressi nel collegio per i candidati a consigliere provinciale. Nel caso di candidature presentate in più di un collegio si assume, ai fini della graduatoria, la maggiore cifra individuale riportata dal candidato.

Articolo 76
Anagrafe degli amministratori locali e regionali.
1. Avvenuta la proclamazione degli eletti, il competente ufficio del Ministero dell’interno in materia elettorale raccoglie i dati relativi agli eletti a cariche locali e regionali nella apposita anagrafe degli amministratori locali, nonché i dati relativi alla tenuta ed all’aggiornamento anche in corso di mandato.
2. L’anagrafe è costituita dalle notizie relative agli eletti nei comuni, province e regioni concernenti i dati anagrafici, la lista o gruppo di appartenenza o di collegamento, il titolo di studio e la professione esercitata. I dati sono acquisiti presso comuni, province e regioni, anche attraverso i sistemi di comunicazione telematica.
3. Per gli amministratori non elettivi l’anagrafe è costituita dai dati indicati al comma 2 consensualmente forniti dagli amministratori stessi.
4. Al fine di assicurare la massima trasparenza è riconosciuto a chiunque il diritto di prendere visione ed estrarre copia, anche su supporto informatico, dei dati contenuti nell’anagrafe.

Capo IV
STATUS DEGLI AMMINISTRATORI LOCALI

Articolo 77
Definizione di amministratore locale.
1. La Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari ed usufruendo di indennità e di rimborsi spese nei modi e nei limiti previsti dalla legge.
2. Il presente capo disciplina il regime delle aspettative, dei permessi e delle indennità degli amministratori degli enti locali. Per amministratori si intendono, ai soli fini del presente capo, i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle Comunità montane, i componenti degli argani delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.

Articolo 78
Doveri e condizione giuridica.
1. Il comportamento degli amministratori, nell’esercizio delle proprie funzioni, deve essere improntato all’imparzialità e al principio di buona amministrazione, nel pieno rispetto della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilità degli amministratori di cui all’art. 77, comma 2, e quelle proprie dei dirigenti delle rispettive amministrazioni.
2. Gli amministratori di cui all’art. 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L’obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado.
3. I componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall’esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.
4. Nel caso di piani urbanistici, ove la correlazione immediata e diretta di cui al comma 2 sia stata accertata con sentenza passata in giudicato, le parti di strumento urbanistico che costituivano oggetto della correlazione sono annullate e sostituite mediante nuova variante urbanistica parziale. Nelle more dell’accertamento di tale stato di correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini è sospesa la validità delle relative disposizioni del piano urbanistico.
5. Al sindaco ed al presidente della provincia, nonché agli assessori ed ai consiglieri comunali e provinciali è vietato ricoprire incarichi e assumere consulenze presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi comuni e province.
6. Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l’esercizio del mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità. [Nell’assegnazione della sede per l’espletamento del servizio militare di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli amministratori locali la proprietà per la sede di espletamento del mandato amministrativo o per le sedi a questa più vicine. Il servizio sostitutivo di leva non può essere espletato nell’ente nel quale il soggetto è amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla medesima amministrazione].

Articolo 79
Permessi e licenze.
1. I lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei consigli comunali, provinciali, metropolitani, delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché dei consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti, hanno diritto di assentarsi dal servizio per il tempo strettamente necessario per la partecipazione a ciascuna seduta dei rispettivi consigli e per il raggiungimento del luogo di suo svolgimento. Nel caso in cui i consigli si svolgano in orario serale, i predetti lavoratori hanno diritto di non riprendere il lavoro prima delle ore 8 del giorno successivo; nel caso in cui i lavori dei consigli si protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l’intera giornata successiva.
[2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano altresì nei confronti dei militari di leva o richiamati e di coloro che svolgono il servizio sostitutivo previsto dalla legge. Ai sindaci, ai presidenti di provincia, ai presidenti delle Comunità montane che svolgono servizio militare di leva o che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo, spetta, a richiesta, una licenza illimitata in attesa di congedo per la durata del mandato.]
3. I lavoratori dipendenti facenti parte delle Giunte comunali, provinciali, metropolitane, delle Comunità montane, nonché degli organi esecutivi dei consigli circoscrizionali, dei municipi, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, ovvero facenti parte delle commissioni consiliari o circoscrizionali formalmente istituite nonché delle commissioni comunali previste per legge, ovvero membri delle conferenze dei capogruppo e degli organismi di pari opportunità, previsti dagli statuti e dai regolamenti consiliari, hanno diritto di assentarsi dal servizio per partecipare alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata. Il diritto di assentarsi di cui al presente comma comprende il tempo per raggiungere il luogo della riunione e rientrare al posto di lavoro. [Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì nei confronti dei militari di leva o di coloro che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo. ]
4. I componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle unioni di comuni, delle Comunità montane e dei consorzi fra enti locali, e i presidenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, nonché i presidenti dei gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, hanno diritto, oltre ai permessi di cui ai precedenti commi, di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro per un massimo di 24 ore lavorative al mese, elevate a 48 ore per i sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani, presidenti delle Comunità montane, presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti.
5. I lavoratori dipendenti di cui al presente articolo hanno diritto ad ulteriori permessi non retribuiti sino ad un massimo di 24 ore lavorative mensili qualora risultino necessari per l’espletamento del mandato.
6. L’attività ed i tempi di espletamento del mandato per i quali i lavoratori chiedono ed ottengono permessi, retribuiti e non retribuiti, devono essere prontamente e puntualmente documentati mediante attestazione dell’ente.

Articolo 80
Oneri per permessi retribuiti.
1. Le assenze dal servizio di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell’art. 79 sono retribuite al lavoratore dal datore di lavoro. Gli oneri per i permessi retribuiti dei lavoratori dipendenti da privati o da enti pubblici economici sono a carico dell’ente presso il quale gli stessi lavoratori esercitano le funzioni pubbliche di cui all’articolo 79. L’ente, su richiesta documentata del datore di lavoro, e tenuto a rimborsare quanto dallo stesso corrisposto, per retribuzioni ed assicurazioni, per le ore o giornate di effettiva assenza del lavoratore. Il rimborso viene effettuato dall’ente entro trenta giorni dalla richiesta. Le somme rimborsate sono esenti da imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 8, comma 35, della legge 11 marzo 1988, n. 67.

Articolo 81
Aspettative.
1. I sindaci, i presidenti delle province, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti dei consigli circoscrizionali dei comuni di cui all’articolo 22, comma 1, i presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché i membri delle giunte di comuni e province, che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova. I consiglieri di cui all’articolo 77, comma 2, se a domanda collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato, assumono a proprio carico l’intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura previsti dall’articolo 86.

Articolo 82
Indennità.
1. Il decreto di cui al comma 8 del presente articolo determina una indennità di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo, per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della Comunità montana, i presidenti dei consigli circoscrizionali dei soli comuni capoluogo di provincia, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, nonché i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle Comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l’aspettativa.
2. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8. Nessuna indennità è dovuta ai consiglieri circoscrizionali ad eccezione dei consiglieri circoscrizionali delle città metropolitane per i quali l’ammontare del gettone di presenza non può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità prevista per il rispettivo presidente. In nessun caso gli oneri a carico dei predetti enti per i permessi retribuiti dei lavoratori dipendenti da privati o da enti pubblici economici possono mensilmente superare, per ciascun consigliere circoscrizionale, l’importo pari ad un quarto dell’indennità prevista per il rispettivo presidente ». Il comma 7 dell’articolo 5 del decreto legislativo 17 settembre 2010, n. 156, è abrogato .
3. Ai soli fini dell’applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi, le indennità di cui ai commi 1 e 2 non sono assimilabili ai redditi da lavoro di qualsiasi natura.
[ 4. Gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che all’interessato competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l’ente pari o minori oneri finanziari. Il regime di indennità di funzione per i consiglieri prevede l’applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata assenza dalle sedute degli organi collegiali. ]
5. Le indennità di funzione previste dal presente capo non sono tra loro cumulabili. L’interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna.
[ 6. Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza quando siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona.]
7. Agli amministratori ai quali viene corrisposta l’indennità di funzione prevista dal presente capo non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, Né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne.
8. La misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al presente articolo è determinata, senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali nel rispetto dei seguenti criteri:
a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;
b) articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell’ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell’ammontare del bilancio di parte corrente;
c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura massima del 50 per cento dell’indennità prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana;
d) definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delle città metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate:
[ e) determinazione dell’indennità spettante al presidente della provincia e al sindaco dei comuni con popolazione superiore a dieci mila abitanti, comunque, non inferiore al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i comuni con popolazione inferiore a dieci mila abitanti, nella determinazione dell’indennità si tiene conto del trattamento economico fondamentale del segretario comunale; ]
f) previsione dell’integrazione dell’indennità dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine mandato, con una somma pari a una indennità mensile, spettante per ciascun anno di mandato.
9. Su richiesta della Conferenza Stato-città ed autonomie locali si può procedere alla revisione del decreto ministeriale di cui al comma 8 con la medesima procedura ivi indicata.
10. Il decreto ministeriale di cui al comma 8 è rinnovato ogni tre anni ai fini dell’adeguamento della misura delle indennità e dei gettoni di presenza sulla base della media degli indici annuali dell’ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure stabilite per l’anno precedente, la variazione verificatasi nel biennio nell’indice dei prezzi al consumo rilevata dall’ISTAT e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine del biennio.
11. La corresponsione dei gettoni di presenza è comunque subordinata alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni; il regolamento ne stabilisce termini e modalità .

Articolo 83
Divieto di cumulo.
1. I parlamentari nazionali ed europei, nonché i consiglieri regionali non possono percepire i gettoni di presenza o altro emolumento comunque denominato previsti dal presente capo.
2. Salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, non percepiscono alcun compenso, [tranne quello dovuto per spese di indennità di missione,] per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominate, se tale partecipazione è connessa all’esercizio delle proprie funzioni pubbliche.
3. In caso di cariche incompatibili, le indennità di funzione non sono cumulabili; ai soggetti che si trovano in tale condizione, fino al momento dell’esercizio dell’opzione o comunque sino alla rimozione della condizione di incompatibilità, l’indennità per la carica sopraggiunta non viene corrisposta.

Articolo 84
Rimborso delle spese di viaggio.
1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, è dovuto esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute [, nonché un rimborso forfetario onnicomprensivo per le altre spese], nella misura fissata con decreto del Ministro dell’interno e del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
2. La liquidazione del rimborso delle spese è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.
3. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate.

Articolo 85
Partecipazione alle associazioni rappresentative degli enti locali.
1. Le norme stabilite dal presente capo, relative alla posizione, al trattamento e ai permessi dei lavoratori pubblici e privati chiamati a funzioni elettive, si applicano anche per la partecipazione dei rappresentanti degli enti locali alle associazioni internazionali, nazionali e regionali tra enti locali.
2. Le spese che gli enti locali ritengono di sostenere, per la partecipazione dei componenti dei propri organi alle riunioni e alle attività degli organi nazionali e regionali delle associazioni, fanno carico ai bilanci degli enti stessi.

Articolo 86
Oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi e disposizioni fiscali e assicurative.
1. L’amministrazione locale prevede a proprio carico, dandone comunicazione tempestiva ai datori di lavoro, il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi ai rispettivi istituti per i sindaci, per i presidenti di provincia, per i presidenti di Comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, per gli assessori provinciali e per gli assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, per i presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, per i presidenti dei consigli provinciali che siano collocati in aspettativa non retribuita ai sensi del presente testo unico. La medesima disposizione si applica per i presidenti dei consigli circoscrizionali nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro confronti un effettivo decentramento di funzioni e per i presidenti delle aziende anche consortili fino all’approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali che si trovino nelle condizioni previste dall’art. 81.
2. Agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1 l’amministrazione locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili. Con decreto dei Ministri dell’interno, del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabiliti i criteri per la determinazione delle quote forfettarie in coerenza con quanto previsto per i lavoratori dipendenti, da conferire alla forma pensionistica presso la quale il soggetto era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell’incarico.
3. L’amministrazione locale provvede, altresì, a rimborsare al datore di lavoro la quota annuale di accantonamento per l’indennità di fine rapporto entro i limiti di un dodicesimo dell’indenità di carica annua da parte dell’ente e per l’eventuale residuo da parte dell’amministratore.
4. Alle indennità di funzione e ai gettoni di presenza si applicano le disposizioni di cui all’art. 26, comma 1, delle legge 23 dicembre 1994, n. 724.
5. Gli enti locali di cui all’articolo 2 del presente testo unico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all’espletamento del loro mandato. Il rimborso delle spese legali per gli amministratori locali è ammissibile, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel limite massimo dei parametri stabiliti dal decreto di cui all’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, nel caso di conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o di emanazione di un provvedimento di archiviazione, in presenza dei seguenti requisiti:
a) assenza di conflitto di interessi con l’ente amministrato;
b) presenza di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti;
c) assenza di dolo o colpa grave.
6. Al fine di conferire certezza alla posizione previdenziale e assistenziale dei soggetti destinatari dei benefici di cui al comma 1 è consentita l’eventuale ripetizione degli oneri assicurativi, assistenziali e previdenziali, entro cinque anni dalla data del loro versamento, se precedente alla data di entrata in vigore della legge 3 agosto 1999, n. 265, ed entro tre anni se successiva.

Articolo 87
Consigli di amministrazione delle aziende speciali.
1. Fino all’approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali, ai componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali anche consortili si applicano le disposizioni contenute nell’art. 78, comma 2, nell’art. 79, commi 3 e 4, nell’art. 81, nell’art. 85 e nell’art. 86.

Titolo IV
ORGANIZZAZIONE E PERSONALE

Capo I
UFFICI E PERSONALE

Articolo 88
Disciplina applicabile agli uffici ed al personale degli enti locali.
1. All’ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali e provinciali, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni, e le altre disposizioni di legge in materia di organizzazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni nonché quelle contenute nel presente testo unico.

Articolo 89
Fonti.
1. Gli enti locali disciplinano, con propri regolamenti, in conformità allo statuto, l’ordinamento generale degli uffici e dei servizi, in base a criteri di autonomia, funzionalità ed economicità di gestione e secondo princìpi di professionalità e responsabilità.
2. La potestà regolamentare degli enti locali si esercita, tenendo conto di quanto demandato alla contrattazione collettiva nazionale, nelle seguenti materie:
a) responsabilità giuridiche attinenti ai singoli operatori nell’espletamento delle procedure amministrative;
b) organi, uffici, modi di conferimento della titolarità dei medesimi;
c) princìpi fondamentali di organizzazione degli uffici;
d) procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro;
e) ruoli, dotazioni organiche e loro consistenza complessiva;
f) garanzia della libertà di insegnamento ed autonomia professionale nello svolgimento dell’attività didattica scientifica e di ricerca;
g) disciplina della responsabilità e delle incompatibilità tra impiego nelle pubbliche amministrazioni ed altre attività e casi di divieto di cumulo di impieghi e incarichi pubblici.
3. I regolamenti di cui al comma 1, nella definizione delle procedure per le assunzioni, fanno riferimento ai princìpi fissati dall’art. 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni.
4. In mancanza di disciplina regolamentare sull’ordinamento degli uffici e dei servizi o per la parte non disciplinata dalla stessa, si applica la procedura di reclutamento prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487.
5. Gli enti locali, nel rispetto dei princìpi fissati dal presente testo unico, provvedono alla rideterminazione delle proprie dotazioni organiche, nonché all’organizzazione e gestione del personale nell’ambito della propria autonomia normativa ed organizzativa con i soli limiti derivanti dalle proprie capacità di bilancio e dalle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro attribuiti. Restano salve le disposizioni dettate dalla normativa concernente gli enti locali dissestati e strutturalmente deficitari.
6. Nell’ambito delle leggi, nonché dei regolamenti di cui al comma 1, le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dai soggetti preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro.

Articolo 90
Uffici di supporto agli organi di direzione politica.
1. Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, del presidente della provincia, della giunta o degli assessori, per l’esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti dell’ente, ovvero, salvo che per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari, da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono collocati in aspettativa senza assegni.
2. Al personale assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali.
3. Con provvedimento motivato della giunta, al personale di cui al comma 2 il trattamento economico accessorio previsto dai contratti collettivi può essere sostituito da un unico emolumento comprensivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale.
3-bis. Resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal possesso del titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale.

Articolo 91
Assunzioni.
1. Gli enti locali adeguano i propri ordinamenti ai princìpi di funzionalità e di ottimizzazione delle risorse per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio. Gli organi di vertice delle amministrazioni locali sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di personale, comprensivo delle unità di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, finalizzata alla riduzione programmata delle spese del personale.
2. Gli enti locali, ai quali non si applicano discipline autorizzatorie delle assunzioni, programmano le proprie politiche di assunzioni adeguandosi ai princìpi di riduzione complessiva della spesa di personale, in particolare per nuove assunzioni, di cui ai commi 2- bis, 3, 3- bis e 3- ter dell’art. 39 del decreto legislativo 27 dicembre 1997, n. 449, per quanto applicabili, realizzabili anche mediante l’incremento della quota di personale ad orario ridotto o con altre tipologie contrattuali flessibili nel quadro delle assunzioni compatibili con gli obiettivi della programmazione e giustificate dai processi di riordino o di trasferimento di funzioni e competenze.
3. Gli enti locali che non versino nelle situazioni strutturalmente deficitarie possono prevedere concorsi interamente riservati al personale dipendente, solo in relazione a particolari profili o figure professionali caratterizzati da una professionalità acquisita esclusivamente all’interno dell’ente.
4. Pa gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione per l’eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione per i posti istituiti o trasformati successivamente all’indizione del concorso medesimo.

Articolo 92
Rapporti di lavoro a tempo determinato e a tempo parziale.
1. Gli enti locali possono costituire rapporti di lavoro a tempo parziale e a tempo determinato, pieno o parziale, nel rispetto della disciplina vigente in materia. I dipendenti degli enti locali a tempo parziale, purché autorizzati dall’amministrazione di appartenenza, possono prestare attività lavorativa presso altri enti.
2. Nei comuni interessati da mutamenti demografici stagionali in relazione a flussi turistici o a particolari manifestazioni anche a carattere periodico, al fine di assicurare il mantenimento di adeguati livelli quantitativi e qualitativi dei servizi pubblici, il regolamento può prevedere particolari modalità di selezione per l’assunzione del personale a tempo determinato per esigenze temporanee o stagionali, secondo criteri di rapidità e trasparenza ed escludendo ogni forma di discriminazione. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni dei commi 7 e 8 dell’art. 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni.

Articolo 93
Responsabilità patrimoniale.
1. Per gli amministratori e per il personale degli enti locali si osservano le disposizioni vigenti in materia di responsabilità degli impiegati civili dello Stato.
2. Il tesoriere ed ogni altro agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione dei beni degli enti locali, nonché coloro che si ingeriscano negli incarichi attribuiti a detti agenti devono rendere il conto della loro gestione e sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti secondo le norme e le procedure previste dalle leggi vigenti.
3. Gli agenti contabili degli enti locali, salvo che la Corte dei conti lo richieda, non sono tenuti alla trasmissione della documentazione occorrente per il giudizio di conto di cui all’art. 74 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, ed agli articoli 44 e seguenti del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214.
4. L’azione di responsabilità si prescrive in cinque anni dalla commissione del fatto. La responsabilità nei confronti degli amministratori e dei dipendenti dei comuni e delle province è personale e non si estende agli eredi salvo il caso in cui vi sia stato illecito arricchimento del dante causa e conseguente illecito arricchimento degli eredi stessi.

Articolo 94
Responsabilità disciplinare.
1. Qualora ricorra alcuna delle condizioni di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 1 dell’art. 58, nonché alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’art. 59 nei confronti del personale dipendente delle amministrazioni locali, compresi gli enti ivi indicati, si fa luogo alla immediata sospensione dell’interessato dalla funzione o dall’ufficio ricoperti. La sospensione è disposta dal responsabile dell’ufficio secondo la specifica competenza, con le modalità e procedure previste dai rispettivi ordinamenti. A tal fine i provvedimenti emanati dal giudice sono comunicati, a cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero, ai responsabili delle amministrazioni o enti locali indicati nelle predette disposizioni.
2. Al personale dipendente di cui al comma precedente si applicano altresì le disposizioni del comma 5 dell’art. 58 e del comma 6 dell’art. 59 previa attivazione del procedimento disciplinare.

Articolo 95
Dati sul personale degli enti locali.
1. Il Ministero dell’interno aggiorna periodicamente, sentiti l’Associazione nazionale comuni italiani (Anci), l’Unione delle province d’Italia (Upi) e l’Unione nazionale comuni, comunità enti montani (Uncem), i dati del censimento generale del personale in servizio presso gli enti locali.
2. Resta ferma la disciplina sulla banca dati sulle dotazioni organiche degli enti locali prevista dall’art. 16- ter del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68.

Articolo 96
Riduzione degli organismi collegiali.
1. Al fine di conseguire risparmi di spese e recuperi di efficienza nei tempi dei procedimenti amministrativi i consigli e le giunte, secondo le rispettive competenze, con provvedimento da emanare entro sei mesi dall’inizio di ogni esercizio finanziario, individuano i comitati, le commissioni, i consigli ed ogni altro organo collegiale con funzioni amministrative ritenuti indispensabili per la realizzazione dei fini istituzionali dell’amministrazione o dell’ente interessato. Gli organismi non identificati come indispensabili sono soppressi a decorrere dal mese successivo all’emanazione del provvedimento. Le relative funzioni sono attribuite all’ufficio che riveste preminente competenza nella materia.

Capo II
SEGRETARI COMUNALI E PROVINCIALI

Articolo 97
Ruolo e funzioni.
1. Il comune e la provincia hanno un segretario titolare dipendente dall’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali, di cui all’art. 102 e iscritto all’albo di cui all’art. 98.
2. Il segretario comunale e provinciale svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell’ente in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti.
3. Il sindaco e il presidente della provincia, ove si avvalgano della facoltà prevista dal comma 1 dell’art. 108, contestualmente al provvedimento di nomina del direttore generale disciplinano, secondo l’ordinamento dell’ente e nel rispetto dei loro distinti ed autonomi ruoli, i rapporti tra il segretario ed il direttore generale.
4. Il segretario sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l’attività, salvo quando ai sensi e per gli effetti del comma 1 dell’art. 108 il sindaco e il presidente della provincia abbiano nominato il direttore generale. Il segretario inoltre:
a) partecipa con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della giunta e ne cura la verbalizzazione;
b) esprime il parere di cui all’art. 49, in relazione alle sue competenze, nel caso in cui l’ente non abbia responsabili dei servizi;
c) roga, su richiesta dell’ente, i contratti nei quali l’ente è parte e autentica scritture private ed atti unilaterali nell’interesse dell’ente;
d) esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco o dal presidente della provincia;
e) esercita le funzioni di direttore generale nell’ipotesi prevista dall’art. 108, comma 4.
5. Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, può prevedere un vicesegretario per coadiuvare il segretario e sostituirlo nei casi di vacanza, assenza o impedimento.
6. Il rapporto di lavoro dei segretari comunali e provinciali è disciplinato dai contratti collettivi ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni.

Articolo 98
Albo nazionale.
1. L’albo nazionale dei segretari comunali e provinciali, al quale si accede per concorso, è articolato in sezioni regionali.
2. Il numero complessivo degli iscritti all’albo non può essere superiore al numero dei comuni e delle province ridotto del numero delle sedi unificate, maggiorato di una percentuale determinata ogni due anni dal consiglio di amministrazione dell’Agenzia di cui all’art. 102 e funzionale all’esigenza di garantire una adeguata opportunità di scelta da parte dei sindaci e dei presidenti di provincia.
3. I comuni possono stipulare convenzioni per l’ufficio di segretario comunale comunicandone l’avvenuta costituzione alla Sezione regionale dell’Agenzia. Tali convenzioni possono essere stipulate anche tra comune e provincia e tra province.
4. L’iscrizione all’albo è subordinata al possesso dell’abilitazione concessa dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore dell’amministrazione dell’interno.
5. Al relativo corso si accede mediante concorso nazionale a cui possono partecipare i laureati in giurisprudenza, scienze politiche, economia.

Articolo 99
Nomina.
1. Il sindaco e il presidente della provincia nominano il segretario, che dipende funzionalmente dal capo dell’amministrazione, scegliendolo tra gli iscritti all’albo di cui all’art. 98.
2. Salvo quanto disposto dall’art. 100, la nomina ha durata corrispondente a quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia che lo ha nominato. Il segretario cessa automaticamente dall’incarico con la cessazione del mandato del sindaco e del presidente della provincia, continuando ad esercitare le funzioni sino alla nomina del nuovo segretario.
3. La nomina è disposta non prima di sessanta giorni e non oltre centoventi giorni dalla data di insediamento del sindaco e del presidente della provincia, decorsi i quali il segretario è confermato.

Articolo 100
Revoca.
1. Il segretario può essere revocato con provvedimento motivato del sindaco o del presidente della provincia, previa deliberazione della giunta, per violazione dei doveri d’ufficio.

Articolo 101
Disponibilità e mobilità.
1. Il segretario comunale o provinciale non confermato, revocato o comunque privo di incarico è collocato in posizione di disponibilità per la durata massima di due anni.
2. Durante il periodo di disponibilità rimane iscritto all’albo ed è posto a disposizione dell’Agenzia autonoma di cui all’art. 102 per le attività dell’Agenzia stessa o per l’attività di consulenza, nonché per incarichi di supplenza e di reggenza ovvero per l’espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni pubbliche che lo richiedano con oneri a carico dell’ente presso cui presta servizio. Per il periodo di disponibilità al segretario compete il trattamento economico in godimento in relazione agli incarichi conferiti.
2-bis. Durante il periodo in cui il segretario comunale o provinciale è utilizzato in posizione di distacco, comando, aspettativa, fuori ruolo o altra analoga posizione presso altre amministrazioni pubbliche e in ogni altro caso previsto dalla legge, il termine di collocamento in disponibilità resta sospeso .
3. Nel caso di collocamento in disponibilità per mancato raggiungimento di risultati imputabile al segretario oppure motivato da gravi e ricorrenti violazioni dei doveri d’ufficio, allo stesso, salva diversa sanzione, compete il trattamento economico tabellare sperante per la sua qualifica detratti i compensi percepiti a titolo di indennità per l’espletamento degli incarichi di cui al comma 2.
4. Decorsi due anni senza che abbia preso servizio in qualità di titolare in altra sede il segretario viene collocato d’ufficio in mobilità presso altre pubbliche amministrazioni nella piena salvaguardia della posizione giuridica ed economica.
4-bis. Le disposizioni di cui all’articolo 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applicano ai segretari comunali e provinciali equiparati ai dirigenti statali ai fini delle procedure di mobilità per effetto del contratto collettivo nazionale di lavoro. Alla cessazione dell’incarico, il segretario comunale o provinciale viene collocato nella posizione di disponibilità nell’ambito dell’albo di appartenenza.

Articolo 102
[ Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali.
1. È istituita l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali, avente personalità giuridica di diritto pubblico e sottoposta alla vigilanza del Ministero dell’interno.
2. L’Agenzia è gestita da un consiglio di amministrazione, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e composto da due sindaci nominati dall’Anci, da un presidente di provincia designato dall’Upi, da tre segretari comunali e provinciali eletti tra gli iscritti all’albo e da tre esperti designati dalla Conferenza Stato-città e autonomie locali. Il consiglio elegge nel proprio seno un presidente e un vicepresidente .
3. Con la stessa composizione e con le stesse modalità sono costituiti i consigli di amministrazione delle sezioni regionali.
4. L’Agenzia con deliberazione del consiglio nazionale di amministrazione, può adeguare la dotazione organica in relazione alle esigenze di funzionamento, entro i limiti derivanti dalle disponibilità di bilancio. Al reclutamento del personale, ferma restando l’utilizzazione delle procedure e degli istituti previsti dal comma 2, lettera a), dell’articolo 103, si provvede anche con le modalità previste dall’articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nel rispetto della disciplina programmatoria delle assunzioni del personale prevista dall’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
5. All’Agenzia è attribuito un fondo finanziario di mobilità a carico degli enti locali, disciplinato dal regolamento di cui all’art. 103, percentualmente determinato sul trattamento economico del segretario dell’ente, graduato in rapporto alla dimensione dell’ente, e definito in sede di accordo contrattuale.
6. Per il proprio funzionamento e per quello della Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale l’Agenzia si avvale del fondo di mobilità di cui al comma 5 a cui sono attribuiti i proventi dei diritti di segreteria di cui all’art. 42 della legge 8 giugno 1962, n. 604 e successive modificazioni. ]

Articolo 103
[ Organizzazione e funzionamento dell’Agenzia autonoma.
1. Salvo quanto previsto dal presente tesso unico, sono disciplinati con regolamento, emanato ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro competente, sentite le organizzazioni sindacali e le rappresentanze degli enti locali, l’organizzazione, il funzionamento e l’ordinamento contabile dell’Agenzia, l’amministrazione dell’albo e la sua articolazione in sezioni e in fasce professionali, le modalità di svolgimento dei concorsi per l’iscrizione all’albo, il passaggio tra le fasce professionali, il procedimento disciplinare e le modalità di utilizzazione dei segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria.
2. Il regolamento si conforma ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) reclutamento del personale da destinare all’Agenzia mediante utilizzo delle procedure in materia di mobilità, ricorrendo prioritariamente, anche in deroga alle disposizioni dell’ordinamento speciale, al personale dell’amministrazione civile dell’interno, utilizzando anche l’istituto del comando o del fuori ruolo;
b) previsione di un esame di idoneità per l’iscrizione all’albo riservato ai frequentatori dei corsi promossi dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore dell’amministrazione dell’interno;
c) disciplina dell’ordinamento contabile dell’Agenzia anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato, fermo restando l’obbligo di sottoporre il rendiconto della gestione finanziaria al controllo della Corte dei conti;
d) utilizzazione in via prioritaria dei segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria per le esigenze dell’Agenzia e per incarichi di supplenza e di reggenza, ovvero per l’espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni pubbliche con oneri retributivi a loro carico.]

Articolo 104
Scuola superiore della pubblica amministrazione locale e scuole regionali e interregionali.
1. L’organizzazione, il funzionamento e l’ordinamento contabile della Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale e delle scuole di cui al comma 2 sono disciplinati con regolamento, determinando i criteri per l’eventuale stipula di convenzioni per l’attività formativa anche in sede decentrata con istituti, enti, società di formazione e ricerca.
2. L’Agenzia istituisce scuole regionali ed interregionali per la formazione e la specializzazione dei segretari comunali e provinciali e dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero può avvalersi, previa convenzione, della sezione autonoma della Scuola superiore dell’amministrazione dell’interno.

Articolo 105
Regioni a statuto speciale.
1. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le materie di cui al presente capo con propria legislazione.
2. Nel territorio della Regione Trentino-Alto Adige, fino all’emanazione di apposita legge regionale, rimane ferma l’applicazione del titolo VI della legge 11 marzo 1972, n. 118.

Articolo 106
Disposizioni finali e transitorie.
1. Fino alla stipulazione di una diversa disciplina del contratto collettivo nazionale di lavoro resta ferma la classificazione dei comuni e delle province ai fini dell’assegnazione del segretario prevista dalle tabelle A e B allegate al decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno 1972, n. 749.
2. I segretari già iscritti alla sezione speciale dell’albo ai sensi dell’art. 17, comma 82, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e trasferiti presso altre pubbliche amministrazioni, permangono nel ruolo statale e mantengono ad esaurimento qualifica e trattamento economico pensionabile in godimento.
3. Ai fini dell’attuazione della legge 8 marzo 1999, n. 50, i segretari comunali di cui all’art. 18, comma 14, del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, o all’art. 39, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, possono essere collocati o mantenuti in posizione di fuori ruolo con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, anche dopo il trasferimento alle amministrazioni di destinazione e con effetto dalla data di entrata in vigore della citata legge n. 50 del 1999. Gli oneri relativi al trattamento economico, fondamentale ed accessorio, dei predetti dipendenti rimangono a carico dell’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali fino alla data del trasferimento alle amministrazioni di destinazione; successivamente sono a queste imputate. Analogamente si provvede, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, per i segretari comunali in servizio presso il Ministero dell’interno ai sensi dell’art. 34, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465.

Capo III
DIRIGENZA ED INCARICHI

Articolo 107
Funzioni e responsabilità della dirigenza.
1. Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.
2. Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell’ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108.
3. Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente:
a) la presidenza delle commissioni di gara e di concorso;
b) la responsabilità delle procedure d’appalto e di concorso;
c) la stipulazione dei contratti;
d) gli atti di gestione finanziaria, ivi compresa l’assunzione di impegni di spesa;
e) gli atti di amministrazione e gestione del personale;
f) i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie;
g) tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell’abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale;
h ) le attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autenticazioni, legalizzazioni ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di conoscenza;
i ) gli atti ad essi attribuiti dallo statuto e dai regolamenti o, in base a questi, delegati dal sindaco.
4. Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all’art. 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.
5. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I titolo III l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall’art. 50, comma 3, e dall’art. 54.
6. I dirigenti sono direttamente responsabili, in via esclusiva, in relazione agli obiettivi dell’ente, della correttezza amministrativa, della efficienza e dei risultati della gestione.
7. Alla valutazione dei dirigenti degli enti locali si applicano i princìpi contenuti nell’art. 5, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, secondo le modalità previste dall’art. 147 del presente testo unico.

Articolo 108
Direttore generale.
1. Il sindaco nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e il presidente della provincia, previa deliberazione della giunta comunale o provinciale, possono nominare un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato, e secondo criteri stabiliti dal regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi, che provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell’ente, secondo le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della provincia, e che sovrintende alla gestione dell’ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza. Compete in particolare al direttore generale la predisposizione del piano dettagliato di obiettivi previsto dall’art. 197, comma 2, lettera a ), nonché la proposta di piano esecutivo di gestione previsto dall’art. 169. A tali fini, al direttore generale rispondono, nell’esercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell’ente, ad eccezione del segretario del comune e della provincia.
2. Il direttore generale è revocato dal sindaco o dal presidente della provincia, previa deliberazione della giunta comunale o provinciale. La durata dell’incarico non può eccedere quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia.
3. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è consentito procedere alla nomina del direttore generale previa stipula di convenzione tra comuni le cui popolazioni assommale raggiungano i 15.000 abitanti. In tal caso il direttore generale dovrà provvedere anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i comuni interessati.
4. Quando non risultino stipulate le convenzioni previste dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il direttore generale non sia stato nominato, le relative funzioni possono essere conferite dal sindaco o dal presidente della provincia al segretario.

Articolo 109
Conferimento di funzioni dirigenziali.
1. Gli incarichi dirigenziali sono conferiti a tempo determinato, ai sensi dell’art. 50, comma 10, con provvedimento motivato e con le modalità fissate dal regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, secondo criteri di competenza professionale, in relazione agli obiettivi indicati nel programma amministrativo del sindaco o del presidente della provincia e sono revocati in caso di inosservanza delle direttive del sindaco o del presidente della provincia, della giunta o dell’assessore di riferimento, o in caso di mancato raggiungimento al termine di ciascun anno finanziario degli obiettivi assegnati nel piano esecutivo di gestione previsto dall’art. 169 o per responsabilità particolarmente grave o reiterata e negli altri casi disciplinati dai contratti collettivi di lavoro. L’attribuzione degli incarichi può prescindere dalla precedente assegnazione di funzioni di direzione a seguito di concorsi.
2. Nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all’art. 107, commi 2 e 3, fatta salva l’applicazione dell’art. 97, comma 4, lettera d ), possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione.

Articolo 110
Incarichi a contratto.
1. Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato. Per i posti di qualifica dirigenziale, il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi definisce la quota degli stessi attribuibile mediante contratti a tempo determinato, comunque in misura non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità. Fermi restando ì requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire, gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad. accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell’ incarico.
2. Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell’area direttiva e comunque per almeno una unità. Negli altri enti, il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, solo in assenza di professionalità analoghe presenti all’interno dell’ente, contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell’area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento della dotazione organica dell’ente arrotondando il prodotto all’unità superiore, o ad una unità negli enti con una dotazione organica inferiore alle 20 unità.
3. I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica. Il trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, può essere integrato, con provvedimento motivato della giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Il trattamento economico e l’eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell’ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale.
4. Il contratto a tempo determinato è risolto di diritto nel caso in cui l’ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie
5. Per il periodo di durata degli incarichi di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo nonché dell’incarico di cui all’articolo 108, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell’anzianità di servizio.
6. Per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità.

Articolo 111
Adeguamento della disciplina della dirigenza.
1. Gli enti locali, tenendo conto delle proprie peculiarità, nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano lo statuto ed il regolamento ai princìpi del presente capo e del capo II del decreto legislativo del 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni.

Titolo V
SERVIZI E INTERVENTI PUBBLICI LOCALI.

Articolo 112
Servizi pubblici locali.
1. Gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.
[ 2. I servizi riservati in via esclusiva ai comuni e alle province sono stabiliti dalla legge.]
3. Ai servizi pubblici locali si applica il capo III del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, relativo alla qualità dei servizi pubblici locali e carte dei servizi.

Articolo 113
Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica .
1. Le disposizioni del presente articolo che disciplinano le modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore. Restano ferme le altre disposizioni di settore e quelle di attuazione di specifiche normative comunitarie. Restano esclusi dal campo di applicazione del presente articolo i settori disciplinati dai decreti legislativi 16 marzo 1999, n. 79 e 23 maggio 2000, n. 164.
1-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al settore del trasporto pubblico locale che resta disciplinato dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni.
2. Gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all’esercizio dei servizi pubblici di cui al comma 1, salvo quanto stabilito dal comma 13.
2-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli impianti di trasporti a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane.
3. Le discipline di settore stabiliscono i casi nei quali l’attività di gestione delle reti e degli impianti destinati alla produzione dei servizi pubblici locali di cui al comma 1 può essere separata da quella di erogazione degli stessi. È, in ogni caso, garantito l’accesso alle reti a tutti i soggetti legittimati all’erogazione dei relativi servizi.
4. Qualora sia separata dall’attività di erogazione dei servizi, per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali gli enti locali, anche in forma associata, si avvalgono:
a) di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico, cui può essere affidata direttamente tale attività, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano;
b) di imprese idonee, da individuare mediante procedure ad evidenza pubblica, ai sensi del comma 7.
[5. L’erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio:
a) a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;
b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;
c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.]
[5-bis. Le normative di settore, al fine di superare assetti monopolistici, possono introdurre regole che assicurino concorrenzialità nella gestione dei servizi da esse disciplinati prevedendo, nel rispetto delle disposizioni di cui al comma 5, criteri di gradualità nella scelta della modalità di conferimento del servizio.]
5-ter. In ogni caso in cui la gestione della rete, separata o integrata con l’erogazione dei servizi, non sia stata affidata con gara ad evidenza pubblica, i soggetti gestori di cui ai precedenti commi provvedono all’esecuzione dei lavori comunque connessi alla gestione della rete esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici, aggiudicati a seguito di procedure di evidenza pubblica, ovvero in economia nei limiti di cui all’ articolo 24 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e all’ articolo 143 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554. Qualora la gestione della rete, separata o integrata con la gestione dei servizi, sia stata affidata con procedure di gara, il soggetto gestore può realizzare direttamente i lavori connessi alla gestione della rete, purché qualificato ai sensi della normativa vigente e purché la gara espletata abbia avuto ad oggetto sia la gestione del servizio relativo alla rete, sia l’esecuzione dei lavori connessi. Qualora, invece, la gara abbia avuto ad oggetto esclusivamente la gestione del servizio relativo alla rete, il gestore deve appaltare i lavori a terzi con le procedure ad evidenza pubblica previste dalla legislazione vigente.
[6. Non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all’estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o aseguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime. Sono parimenti esclusi i soggetti di cui al comma 4.]
[7. La gara di cui al comma 5 è indetta nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla competente Autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti locali. La gara è aggiudicata sulla base del migliore livello di qualità e sicurezza e delle condizioni economiche e di prestazione del servizio, dei piani di investimento per lo sviluppo e il potenziamento delle reti e degli impianti, per il loro rinnovo e manutenzione, nonché dei contenuti di innovazione tecnologica e gestionale. Tali elementi fanno parte integrante del contratto di servizio. Le previsioni di cui al presente comma devono considerarsi integrative delle discipline di settore. ]
[8. Qualora sia economicamente più vantaggioso, è consentito l’affidamento contestuale con gara di una pluralità di servizi pubblici locali diversi da quelli di trasporto collettivo. In questo caso, la durata dell’affidamento, unica per tutti i servizi, non può essere superiore alla media calcolata sulla base della durata degli affidamenti indicata dalle discipline di settore.]
9. Alla scadenza del periodo di affidamento, e in esito alla successiva gara di affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali o delle società di cui al comma 13 sono assegnati al nuovo gestore. [Sono, inoltre, assegnati al nuovo gestore le reti o loro porzioni, gli impianti e le altre dotazioni realizzate, in attuazione dei piani di investimento di cui al comma 7, dal gestore uscente. A quest’ultimo è dovuto da parte del nuovo gestore un indennizzo pari al valore dei beni non ancora ammortizzati, il cui ammontare è indicato nel bando di gara.]
10. È vietata ogni forma di differenziazione nel trattamento dei gestori di pubblico servizio in ordine al regime tributario, nonché alla concessione da chiunque dovuta di contribuzioni o agevolazioni per la gestione del servizio.
11. I rapporti degli enti locali con le società di erogazione del servizio e con le società di gestione delle reti e degli impianti sono regolati da contratti di servizio, allegati ai capitolati di gara, che dovranno prevedere i livelli dei servizi da garantire e adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli previsti.
12. L’ente locale può cedere in tutto o in parte la propria partecipazione nelle società erogatrici di servizi mediante procedure ad evidenza pubblica da rinnovarsi alla scadenza del periodo di affidamento. Tale cessione non comporta effetti sulla durata delle concessioni e degli affidamenti in essere.
13. Gli enti locali, anche in forma associata, nei casi in cui non sia vietato dalle normative di settore, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti, e delle altre dotazioni patrimoniali a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile. Tali società pongono le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio o, ove prevista la gestione separata della rete, dei gestori di quest’ultima, a fronte di un canone stabilito dalla competente Autorità di settore, ove prevista, o dagli enti locali. Alla società suddetta gli enti locali possono anche assegnare, ai sensi della lettera a) del comma 4, la gestione delle reti, nonché il compito di espletare le gare di cui al comma 5.
[14. Fermo restando quanto disposto dal comma 3, se le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali per la gestione dei servizi di cui al comma 1 sono di proprietà di soggetti diversi dagli enti locali, questi possono essere autorizzati a gestire i servizi o loro segmenti, a condizione che siano rispettati gli standard di cui al comma 7 e siano praticate tariffe non superiori alla media regionale, salvo che le discipline di carattere settoriale o le relative Autorità dispongano diversamente. Tra le parti è in ogni caso stipulato, ai sensi del comma 11, un contratto di servizio in cui sono definite, tra l’altro, le misure di coordinamento con gli eventuali altri gestori.]
15. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, se incompatibili con le attribuzioni previste dallo statuto e dalle relative norme di attuazione.
[15-bis. Nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione, ai fini dell’attuazione delle disposizioni previste nel presente articolo, le concessioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2006, relativamente al solo servizio idrico integrato al 31 dicembre 2007, senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante. Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidate a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato sia stato scelto mediante procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza, nonché quelle affidate a società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano. Sono altresì escluse dalla cessazione le concessioni affidate alla data del 1° ottobre 2003 a società già quotate in borsa e a quelle da esse direttamente partecipate a tale data a condizione che siano concessionarie esclusive del servizio, nonché a società originariamente a capitale interamente pubblico che entro la stessa data abbiano provveduto a collocare sul mercato quote di capitale attraverso procedure ad evidenza pubblica, ma, in entrambe le ipotesi indicate, le concessioni cessano comunque allo spirare del termine equivalente a quello della durata media delle concessioni aggiudicate nello stesso settore a seguito di procedure di evidenza pubblica, salva la possibilità di determinare caso per caso la cessazione in una data successiva qualora la stessa risulti proporzionata ai tempi di recupero di particolari investimenti effettuati da parte del gestore.]
[15-ter. Il termine del 31 dicembre 2006, relativamente al solo servizio idrico integrato al 31 dicembre 2007, di cui al comma 15-bis, può essere differito ad una data successiva, previo accordo, raggiunto caso per caso, con la Commissione europea, alle condizioni sotto indicate:
a) nel caso in cui, almeno dodici mesi prima dello scadere del suddetto termine si dia luogo, mediante una o più fusioni, alla costituzione di una nuova società capace di servire un bacino di utenza complessivamente non inferiore a due volte quello originariamente servito dalla società maggiore; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore ad un anno;
b) nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a), un’impresa affidataria, anche a seguito di una o più fusioni, si trovi ad operare in un ambito corrispondente almeno all’intero territorio provinciale ovvero a quello ottimale, laddove previsto dalle norme vigenti; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore a due anni.]
[15-quater. A decorrere dal 1° gennaio 2007 si applica il divieto di cui al comma 6, salvo nei casi in cui si tratti dell’espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa. Con regolamento da emanare ai sensi dell’ articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sentite le Autorità indipendenti del settore e la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Governo definisce le condizioni per l’ammissione alle gare di imprese estere, o di imprese italiane che abbiano avuto all’estero la gestione del servizio senza ricorrere a procedure di evidenza pubblica, a condizione che, nel primo caso, sia fatto salvo il principio di reciprocità e siano garantiti tempi certi per l’effettiva apertura dei relativi mercati .]

Articolo 113 bis 2
Gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica -bis
1. Ferme restando le disposizioni previste per i singoli settori, i servizi pubblici locali privi di rilevanza economica sono gestiti mediante affidamento diretto a :
a) istituzioni;
b) aziende speciali, anche consortili;
c) società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.
2. È consentita la gestione in economia quando, per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio, non sia opportuno procedere ad affidamento ai soggetti di cui al comma 1.
3. Gli enti locali possono procedere all’affidamento diretto dei servizi culturali e del tempo libero anche ad associazioni e fondazioni da loro costituite o partecipate.
[ 4. Quando sussistono ragioni tecniche, economiche o di utilità sociale, i servizi di cui ai commi 1, 2 e 3 possono essere affidati a terzi, in base a procedure ad evidenza pubblica, secondo le modalità stabilite dalle normative di settore. ]
5. I rapporti tra gli enti locali ed i soggetti erogatori dei servizi di cui al presente articolo sono regolati da contratti di servizio.

Articolo 114
Aziende speciali ed istituzioni.
1. L’azienda speciale è ente strumentale dell’ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale. L’azienda speciale conforma la propria gestione ai principi contabili generali contenuti nell’allegato n. 1 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni, ed ai principi del codice civile.
2. L’istituzione è organismo strumentale dell’ente locale per l’esercizio di servizi sociali, dotato di autonomia gestionale. L’istituzione conforma la propria gestione ai principi contabili generali e applicati allegati al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni e integrazioni ed adotta il medesimo sistema contabile dell’ente locale che lo ha istituito, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 151, comma 2. L’ente locale che si avvale della facoltà di non tenere la contabilità economico patrimoniale di cui all’art. 232, comma 3, può imporre alle proprie istituzioni l’adozione della contabilità economico-patrimoniale.
3. Organi dell’azienda e dell’istituzione sono il consiglio di amministrazione, il presidente e il direttore, al quale compete la responsabilità gestionale. Le modalità di nomina e revoca degli amministratori sono stabilite dallo statuto dell’ente locale.
4. L’azienda e l’istituzione conformano la loro attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità ed hanno l’obbligo dell’equilibrio economico, considerando anche i proventi derivanti dai trasferimenti, fermo restando, per l’istituzione, l’obbligo del pareggio finanziario.
5. Nell’ambito della legge, l’ordinamento ed il funzionamento delle aziende speciali sono disciplinati dal proprio statuto e dai regolamenti; quelli delle istituzioni sono disciplinati dallo statuto e dai regolamenti dell’ente locale da cui dipendono.
5-bis. Le aziende speciali e le istituzioni si iscrivono e depositano i propri bilanci al registro delle imprese o nel repertorio delle notizie economico-amministrative della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura del proprio territorio entro il 31 maggio di ciascun anno (A).
6. L’ente locale conferisce il capitale di dotazione; determina le finalità e gli indirizzi; approva gli atti fondamentali; esercita la vigilanza; verifica i risultati della gestione; provvede alla copertura degli eventuali costi sociali.
7. Il collegio dei revisori dei conti dell’ente locale esercita le sue funzioni anche nei confronti delle istituzioni. Lo statuto dell’azienda speciale prevede un apposito organo di revisione, nonché forme autonome di verifica della gestione.
8. Ai fini di cui al comma 6 sono fondamentali i seguenti atti dell’azienda da sottoporre all’approvazione del consiglio comunale:
a) il piano-programma, comprendente un contratto di servizio che disciplini i rapporti tra ente locale ed azienda speciale;
b) il budget economico almeno triennale;
c) il bilancio di esercizio;
d) il piano degli indicatori di bilancio.
8-bis. Ai fini di cui al comma 6, sono fondamentali i seguenti atti dell’istituzione da sottoporre all’approvazione del consiglio comunale:
a) il piano-programma, di durata almeno triennale, che costituisce il documento di programmazione dell’istituzione;
b) il bilancio di previsione almeno triennale, predisposto secondo lo schema di cui all’allegato n. 9 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni, completo dei relativi allegati;
c) le variazioni di bilancio;
d) il rendiconto della gestione predisposto secondo lo schema di cui all’allegato n. 10 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni, completo dei relativi allegati.

Articolo 115
Trasformazione delle aziende speciali in società per azioni.
1. I comuni, le province e gli altri enti locali possono, per atto unilaterale trasformare le aziende speciali, in società di capitali, di cui possono restare azionisti unici per un periodo comunque non superiore a due anni dalla trasformazione. Il capitale iniziale di tali società è determinato dalla deliberazione di trasformazione in misura non inferiore al fondo di dotazione delle aziende speciali risultante dall’ultimo bilancio di esercizio approvato e comunque in misura non inferiore all’importo minimo richiesto per la costituzione delle società medesime. L’eventuale residuo del patrimonio netto conferito è imputato a riserve e fondi, mantenendo ove possibile le denominazioni e le destinazioni previste nel bilancio delle aziende originarie. Le società conservano tutti i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione e subentrano pertanto in tutti i rapporti attivi e passivi delle aziende originarie.
2. La deliberazione di trasformazione tiene luogo di tutti gli adempimenti in materia di costituzione delle società previsti dalla normativa vigente, ferma l’applicazione delle disposizioni degli articoli 2330, commi terzo e quarto, e 2330-bis del codice civile.
3. Ai fini della definitiva determinazione dei valori patrimoniali conferiti, entro tre mesi dalla costituzione delle società, gli amministratori devono richiedere a un esperto designato dal presidente del tribunale una relazione giurata ai sensi e per gli effetti dell’art. 2343, primo comma, del codice civile. Entro sei mesi dal ricevimento di tale relazione gli amministratori e i sindaci determinano i valori definitivi di conferimento dopo avere controllato le valutazioni contenute nella relazione stessa e, se sussistono fondati motivi, aver proceduto alla revisione della stima. Fino a quando i valori di conferimento non sono stati determinati in via definitiva le azioni delle società sono inalienabili.
4. Le società di cui al comma 1 possono essere costituite anche ai fini dell’applicazione delle norme di cui al decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474.
[ 5. Le partecipazioni nelle società di cui al comma 1 possono essere alienate anche ai fini e con le modalità di cui all’articolo 116. ]
6. Il conferimento e l’assegnazione dei beni degli enti locali e delle aziende speciali alle società di cui al comma 1 sono esenti da imposizioni fiscali, dirette e indirette, statali e regionali.
7. La deliberazione di cui al comma 1 può anche prevedere la scissione dell’azienda speciale e la destinazione a società di nuova costituzione di un ramo aziendale di questa. Si applicano, in tal caso, per quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 del presente articolo, nonché agli articoli 2504-septies e 2504-decies del codice civile.
7-bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche alla trasformazione dei consorzi, intendendosi sostituita al consiglio comunale l’assemblea consortile. In questo caso le deliberazioni sono adottate a maggioranza dei componenti; gli enti locali che non intendono partecipare alla società hanno diritto alla liquidazione sulla base del valore nominale iscritto a bilancio della relativa quota di capitale.
7-ter. Alla privatizzazione di enti ed aziende delle regioni a statuto ordinario e ad autonomia speciale, fermo restando quanto stabilito dalla legislazione regionale in materia, si applicano le disposizioni di cui ai precedenti commi. Delle obbligazioni sorte anteriormente alla costituzione delle società di capitali di cui al comma 1 rispondono in ogni caso le regioni.

Articolo 116
Società per azioni con partecipazione minoritaria di enti locali.
[1. Gli enti locali possono, per l’esercizio di servizi pubblici di cui all’articolo 113-bis e per la realizzazione delle opere necessarie al corretto svolgimento del servizio, nonché per la realizzazione di infrastrutture ed altre opere di interesse pubblico, che non rientrino, ai sensi della vigente legislazione statale e regionale, nelle competenze istituzionali di altri enti, costituire apposite società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria anche in deroga ai vincoli derivanti da disposizioni di legge specifiche. Gli enti interessati provvedono alla scelta dei soci privati e all’eventuale collocazione dei titoli azionari sul mercato con procedure di evidenza pubblica. L’atto costitutivo delle società deve prevedere l’obbligo dell’ente pubblico di nominare uno o più amministratori e sindaci. Nel caso di servizi pubblici locali una quota delle azioni può essere destinata all’azionariato diffuso e resta comunque sul mercato.
2. La costituzione di società miste con la partecipazione non maggioritaria degli enti locali è disciplinata da apposito regolamento adottato ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95 e successive modifiche e integrazioni.
3. Per la realizzazione delle opere di qualunque importo si applicano le norme vigenti di recepimento delle direttive comunitarie in materia di lavori pubblici.
4. Fino al secondo esercizio successivo a quello dell’entrata in funzione dell’opera, l’ente locale partecipante potrà rilasciare garanzia fidejussoria agli istituti mutuanti in misura non superiore alla propria quota di partecipazione alla società di cui al presente articolo.
5. Per i conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi e di ogni altro bene effettuati dai soggetti di cui al comma 1, anche per la costituzione con atto unilaterale delle società di cui al medesimo comma, si applicano le disposizioni dell’art. 7, commi 1 e 2, della legge 30 luglio 1990, n. 218 e successive modificazioni.]

Articolo 117
Tariffe dei servizi.
1. Gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa gestione. I criteri per il calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi sono i seguenti:
a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario;
b) l’equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito;
c) l’entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio;
d) l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato.
2. La tariffa costituisce il corrispettivo dei servizi pubblici; essa è determinata e adeguata ogni anno dai soggetti proprietari, attraverso contratti di programma di durata poliennale, nel rispetto del disciplinare e dello statuto conseguenti ai modelli organizzativi prescelti.
3. Qualora i servizi siano gestiti da soggetti diversi dall’ente pubblico per effetto di particolari convenzioni e concessioni dell’ente o per effetto del modello organizzativo di società mista, la tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce i servizi pubblici.

Articolo 118
Regime del trasferimento di beni.
1. I trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati dai comuni, dalle province e dai consorzi fra tali enti a favore di aziende speciali o di società di capitali di cui al comma 13 dell’articolo 113, sono esenti, senza limiti di valore, dalle imposte di bollo, di registro, di incremento di valore ipotecarie, catastali e da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura. Gli onorari previsti per i periti designati dal tribunale per la redazione della stima di cui all’art. 2343 del codice civile, nonché gli onorari previsti per i notai incaricati della redazione degli atti conseguenti ai trasferimenti, sono ridotti alla metà.
2. Le disposizioni previste nel comma 1 si applicano anche ai trasferimenti ed alle retrocessioni di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi posti in essere nell’ambito di procedure di liquidazione di aziende municipali e provinciali o di aziende speciali, adottate a norma delle disposizioni vigenti in materia di revoca del servizio e di liquidazione di aziende speciali, qualora dette procedure siano commesse o funzionali alla contestuale o successiva costituzione di società per azioni, aventi per oggetto lo svolgimento del medesimo servizio pubblico in precedenza svolto dalle aziende soppresse, purché i beni, i diritti, le aziende o rami di aziende trasferiti o retrocessi vengano effettivamente conferiti nella costituenda società per azioni. Le stesse disposizioni si applicano altresì ai conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi da parte delle province e dei comuni in sede di costituzione o trasformazione dei consorzi in aziende speciali e consortili ai sensi degli articoli 31 e 274, comma 4, per la costituzione di società per azioni ai sensi dell’art. 116, ovvero per la costituzione, anche mediante atto unilaterale, da parte di enti locali, di società per azioni al fine di dismetterne le partecipazioni ai sensi del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474 e successive modificazioni.
[ 3. Ai trasferimenti di beni destinati a pubblico servizio, da parte di province e comuni, in favore di società costituite ai sensi dell’art. 113, lettera e), e dell’art. 116, nonché dei consorzi e delle aziende speciali di cui, rispettivamente, agli articoli 31 e 114 non si applicano le disposizioni relative alla cessione dei beni patrimoniali degli enti pubblici territoriali. ]

Articolo 119
Contratti di sponsorizzazione, accordi di collaborazione e convenzioni.
1. In applicazione dell’art. 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, al fine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati, i comuni, le province e gli altri enti locali indicati nel presente testo unico, possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, nonché convenzioni con soggetti pubblici o privati diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi.

Articolo 120
Società di trasformazione urbana.
1. Le città metropolitane e i comuni, anche con la partecipazione della provincia e della regione, possono costituire società per azioni per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti. A tal fine le deliberazioni dovranno in ogni caso prevedere che gli azionisti privati delle società per azioni siano scelti tramite procedura di evidenza pubblica.
2. Le società di trasformazione urbana provvedono alla preventiva acquisizione degli immobili interessati dall’intervento, alla trasformazione e alla commercializzazione degli stessi. Le acquisizioni possono avvenire consensualmente o tramite ricorso alle procedure di esproprio da parte del comune.
3. Gli immobili interessati dall’intervento di trasformazione sono individuati con delibera del consiglio comunale. L’individuazione degli immobili equivale a dichiarazione di pubblica utilità, anche per gli immobili non interessati da opere pubbliche. Gli immobili di proprietà degli enti locali interessati dall’intervento possono essere conferiti alla società anche a titolo di concessione.
4. I rapporti tra gli enti locali azionisti e la società per azioni di trasformazione urbana sono disciplinati da una convenzione contenente, a pena di nullità, gli obblighi e i diritti delle parti.

Articolo 121
Occupazione d’urgenza di immobili.
[1. L’amministrazione comunale può disporre, in presenza dei presupposti di cui alla legge 3 gennaio 1978, n. 1 e successive modificazioni, l’occupazione d’urgenza degli immobili necessari per la realizzazione di opere e lavori pubblici o di pubblico interesse, compresi gli interventi di edilizia residenziale pubblica e quelli necessari per servizi pubblici locali di cui al presente titolo. Per le opere ed i lavori di cui al precedente periodo la redazione dello stato di consistenza può avvenire contestualmente al verbale di immissione nel possesso ai sensi dell’art. 3 della legge 3 gennaio 1978, n. 1 e successive modificazioni.]

Articolo 122
Lavori socialmente utili.
[1. Restano salve le competenze dei comuni e delle province in materia di lavori socialmente utili, previste dall’art. 4, commi 6, 7 e 8, del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95 e successive modifiche ed integrazioni. ]

Articolo 123
Norma transitoria.
1. Resta fermo l’obbligo per gli enti locali di adeguare l’ordinamento delle aziende speciali alle disposizioni di cui all’art. 114; gli enti locali iscrivono per gli effetti di cui al primo comma dell’art. 2331 del codice civile, le aziende speciali nel registro delle imprese.
2. Restano salvi gli effetti degli atti e dei contratti che le medesime aziende speciali hanno posto in essere anteriormente alla data di attuazione del registro delle imprese, di cui all’art. 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
[ 3. Le norme del R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578, si applicano fino all’adeguamento delle aziende speciali alla disciplina del presente testo unico; si applicano altresì per l’esercizio del diritto di riscatto relativo ai rapporti in corso di esecuzione. ]

Articolo 124
Pubblicazione delle deliberazioni.
1. Tutte le deliberazioni del comune e della provincia sono pubblicate mediante pubblicazione all’albo pretorio, nella sede dell’ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge.
2. Tutte le deliberazioni degli altri enti locali sono pubblicate mediante pubblicazione all’albo pretorio del comune ove ha sede l’ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni.

Articolo 125
Comunicazione delle deliberazioni ai capigruppo.
1. Contestualmente all’affissione all’albo le deliberazioni adottate dalla giunta sono trasmesse in elenco ai capigruppo consiliari; i relativi testi sono messi a disposizione dei consiglieri nelle forme stabilite dallo statuto o dal regolamento.

Articolo 126
Deliberazioni soggette in via necessaria al controllo preventivo di legittimità.
1. Il controllo preventivo di legittimità di cui all’art. 130 della Costituzione sugli atti degli enti locali si esercita esclusivamente sugli statuti dell’ente, sui regolamenti di competenza del consiglio, esclusi quelli attinenti all’autonomia organizzativa e contabile dello stesso consiglio, sui bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, adottate o ratificate dal consiglio, sul rendiconto della gestione, secondo le disposizioni del presente testo unico.
2. Il controllo preventivo di legittimità si estende anche agli atti delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza.

Articolo 127
Controllo eventuale.
1. Le deliberazioni della giunta e del consiglio sono sottoposte al controllo, nei limiti delle illegittimità denunziate, quando un quarto dei consiglieri provinciali o un quarto dei consiglieri nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti ovvero un quinto dei consiglieri nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti ne facciano richiesta scritta e motivata con l’indicazione delle norme violate, entro dieci giorni dall’affissione all’albo pretorio, quando le deliberazioni stesse riguardino:
a) appalti e affidamento di servizi o torniture di importo superiore alla soglia di rilievo comunitario;
b) dotazioni organiche e relative variazioni;
c ) assunzioni del personale.
2. Nei casi previsti dal comma 1, il controllo è esercitato dal comitato regionale di controllo ovvero, se istituito, dal difensore civico comunale o provinciale. L’organo che procede al controllo, se ritiene che la deliberazione sia illegittima, ne da comunicazione all’ente, entro quindici giorni dalla richiesta, e lo invita ad eliminare i vizi riscontrati. In tal caso, se l’ente non ritiene di modificare la delibera, essa acquista efficacia se viene confermata con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti il consiglio.
3. La giunta può altresì sottoporre al controllo preventivo di legittimità dell’organo regionale di controllo ogni altra deliberazione dell’ente secondo le modalità di cui all’art. 133.

Articolo 128
Comitato regionale di controllo .
1. Per l’esercizio del controllo di legittimità è istituito, con decreto del presidente della giunta regionale, il comitato regionale di controllo sugli atti dei comuni e delle province.
2. Sono disciplinate con legge regionale l’elezione, a maggioranza qualificata dei componenti del comitato regionale di controllo di cui all’art. 130, comma 1, lettera a) e comma 2 prima parte, la tempestiva sostituzione degli stessi in caso di morte, dimissioni, decadenza per reiterate assenze ingiustificate o incompatibilità sopravvenuta, nonché per la supplenza del presidente.
3. La legge regionale può articolare il comitato in sezioni per territorio o per materia, salvaguardando con forme opportune l’unitarietà di indirizzo. A tal fine la regione, in collaborazione con gli uffici del comitato, cura la pubblicazione periodica delle principali decisioni del comitato regionale di controllo con le relative motivazioni di riferimento.
4. Le pronunce degli organi di controllo previsti nel presente capo sono provvedimenti definitivi.
5. I componenti dei comitati regionali di controllo sono personalmente e solidalmente responsabili nei confronti degli enti locali per i danni a questi arrecati con dolo o colpa grave nell’esercizio delle loro funzioni.

Articolo 129
Servizi di consulenza del comitato regionale di controllo.
1. Possono essere attivati nell’ambito dei comitati regionali di controllo servizi di consulenza ai quali gli enti locali possono rivolgersi al fine di ottenere preventivi elementi valutativi in ordine all’adozione di atti o provvedimenti di particolare complessità o che attengano ad aspetti nuovi dell’attività deliberativa. La regione disciplina con propria normativa le modalità organizzative e di espletamento dei servizi di consulenza.

Articolo 130
Composizione del comitato.
1. Il comitato regionale di controllo e ogni sua eventuale sezione sono composti:
a) da quattro esperti eletti dal consiglio regionale, di cui:
1) uno iscritto da almeno dieci anni nell’albo degli avvocati, scelto in una terna proposta dal competente ordine professionale;
2) uno iscritto da almeno dieci anni all’albo dei dottori commercialisti o dei ragionieri, scelto in una terna proposta dai rispettivi ordini professionali;
3) uno scelto tra chi abbia ricoperto complessivamente per almeno cinque anni la carica di sindaco, di presidente della provincia, di consigliere regionale o di parlamentare nazionale, ovvero tra i funzionari statali, regionali o degli enti locali in quiescenza, con qualifica non inferiore a dirigente od equiparata;
4) uno scelto tra i magistrati o gli avvocati dello Stato in quiescenza, o tra i professori di ruolo di università in materie giuridiche ed amministrative ovvero tra i segretari comunali o provinciali in quiescenza;
b) da un esperto designato dal commissario del Governo scelto fra funzionari dell’Amministrazione civile dell’interno in servizio nelle rispettive province.
2. Il consiglio regionale elegge non più di due componenti supplenti aventi i requisiti di cui alla lettera a) del comma 1; un terzo supplente, avente i requisiti di cui alla lettera b) del comma 1, è designato dal commissario del Governo.
3. In caso di assenza od impedimento dei componenti effettivi, di cui rispettivamente alle lettere a) e b) del comma 1, intervengono alle sedute i componenti supplenti, eletti o designati per la stessa categoria.
4. Il comitato ed ogni sua sezione eleggono nel proprio seno il presidente ed un vicepresidente scelti tra i componenti eletti dal consiglio regionale.
5. Funge da segretario un funzionario della regione.
6. Il comitato e le sezioni sono rinnovati integralmente a seguito di nuove elezioni del consiglio regionale, nonché quando si dimetta contemporaneamente la maggioranza dei rispettivi componenti.
7. Il presidente ed il vicepresidente del comitato, se dipendenti pubblici, sono collocati fuori ruolo; se dipendenti privati, sono collocati in aspettativa non retribuita.
8. Ai componenti del comitato si applicano le norme relative ai permessi ed alle aspettative previsti per gli amministratori locali.

Articolo 131
Incompotibilità ed ineleggibilità.
1. Non possono essere eletti e non possono far parte dei comitati regionali di controllo:
a ) i deputati, i senatori, i parlamentari europei;
b) i consiglieri e gli assessori regionali;
c) gli amministratori di enti locali o di altri enti soggetti a controllo del comitato, nonché coloro che abbiano ricoperto tali cariche nell’anno precedente alla costituzione del medesimo comitato;
d ) coloro che si trovano nelle condizioni di ineleggibilità alle cariche di cui alle lettere b ) e c ), con esclusione dei magistrati e dei funzionari dello Stato;
e) i dipendenti ed i contabili della regione e degli enti locali sottoposti al controllo del comitato nonché i dipendenti dei partiti presenti nei consigli degli enti locali della regione;
f) i componenti di altro comitato regionale di controllo o delle sezioni di esso;
g) coloro che prestano attività di consulenza o di collaborazione presso la regione o enti sottoposti al controllo regionale;
h) coloro che ricoprono incarichi direttivi o esecutivi nei partiti a livello provinciale, regionale o nazionale, nonché coloro che abbiano ricoperto tali incarichi nell’anno precedente alla costituzione del comitato.

Articolo 132
Funzionamento del comitato.
1. Il funzionamento dei comitati regionali di controllo e delle loro sezioni, le indennità da attribuire ai componenti, le funzioni del presidente e del vicepresidente, le forme di pubblicità della attività dei comitati e di consultazione delle decisioni, nonché il rilascio di copie di esse sono disciplinati dalla legge regionale.
2. Le spese per il funzionamento dei comitati regionali di controllo e dei loro uffici nonché la corresponsione di un’indennità di carica ai componenti sono a carico della regione.
3. La Regione provvede alle strutture serventi del comitato regionale di controllo ispirandosi ai princìpi dell’adeguatezza funzionale e dell’autonomia dell’organo.

Articolo 133
Modalità del controllo preventivo di legittimità.
1. Il controllo di legittimità comporta la verifica della conformità dell’atto alle norme vigenti ed alle norme statutarie specificamente indicate nel provvedimento di annullamento, per quanto riguarda la competenza, la forma e la procedura e rimanendo esclusa ogni diversa valutazione dell’interesse pubblico perseguito. Nell’esame del bilancio preventivo e del rendiconto della gestione il controllo di legittimità comprende la coerenza interna degli atti e la corrispondenza dei dati contabili con quelli delle deliberazioni, nonché con i documenti giustificativi allegati alle stesse.
2. Il comitato regionale di controllo, entro dieci giorni dalla ricezione degli atti di cui all’art. 126, comma 1, può disporre l’audizione dei rappresentanti dell’ente deliberante o può richiedere, per una sola volta, chiarimenti o elementi integrativi di giudizio in forma scritta. In tal caso il termine per l’esercizio del controllo viene sospeso e riprende a decorrere dalla data della trasmissione dei chiarimenti o elementi integrativi o dell’audizione dei rappresentanti.
3. Il comitato può indicare all’ente interessato le modificazioni da apportare alle risultanze del rendiconto della gestione con l’invito ad adottarle entro il termine massimo di trenta giorni.
4. Nel caso di mancata adozione delle modificazioni entro il termine di cui al comma 3, o di annullamento della deliberazione di adozione del rendiconto della gestione da parte del comitato di controllo, questo provvede alla nomina di uno o più commissari per la redazione del conto stesso.
5. Non può essere riesaminato il provvedimento sottoposto a controllo nel caso di annullamento in sede giurisdizionale di una decisione negativa di controllo.

Articolo 134
Esecutività delle deliberazioni.
1. La deliberazione soggetta al controllo necessario di legittimità deve essere trasmessa a pena di decadenza entro il quinto giorno successivo all’adozione. Essa diventa esecutiva se entro 30 giorni dalla trasmissione della stessa il comitato regionale di controllo non trasmetta all’ente interessato un provvedimento motivato di annullamento. Le deliberazioni diventano comunque esecutive qualora prima del decorso dello stesso termine il comitato regionale di controllo dia comunicazione di non aver riscontrato vizi di legittimità.
2. Nel caso delle deliberazioni soggette a controllo eventuale la richiesta di controllo sospende l’esecutività delle stesse fino all’avvenuto esito del controllo.
3. Le deliberazioni non soggette a controllo necessario o non sottoposte a controllo eventuale diventano esecutive dopo il decimo giorno dalla loro pubblicazione.
4. Nel caso di urgenza le deliberazioni del consiglio o della giunta possono essere dichiarate immediatamente eseguibili con il voto espresso dalla maggioranza dei componenti.

Articolo 135
Comunicazione deliberazioni al prefetto.
1. Il prefetto, nell’esercizio dei poteri conferitigli dalla legge o a lui delegati dal Ministro dell’interno, ai sensi dell’art. 2, comma 2- quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410 e successive modificazioni ed integrazioni, qualora ritenga, sulla base di fondati elementi comunque acquisiti, che esistano tentativi di infiltrazioni di tipo mafioso nelle attività riguardanti appalti, concessioni, subappalti, cottimi, noli a caldo o contratti similari per la realizzazione di opere e di lavori pubblici, ovvero quando sia necessario assicurare il regolare svolgimento delle attività delle pubbliche amministrazioni, richiede ai competenti organi statali e regionali gli interventi di controllo e sostitutivi previsti dalla legge.
2. Ai medesimi fini indicati nel comma 1 il prefetto può chiedere che siano sottoposte al controllo preventivo di legittimità le deliberazioni degli enti locali relative ad acquisti, alienazioni, appalti ed in generale a tutti i contratti, con le modalità e i termini previsti dall’art. 133, comma 1. Le predette deliberazioni sono comunicate al prefetto contestualmente all’affissione all’albo.

Articolo 136
Poteri sostitutivi per omissione o ritardo di atti obbligatori.
1. Qualora gli enti locali, sebbene invitati a provvedere entro congruo termine, ritardino o omettano di compiere atti obbligatori per legge, si provvede a mezzo di commissario ad acta nominato dal difensore civico regionale, ove costituito, ovvero dal comitato regionale di controllo. Il commissario ad acta provvede entro sessanta giorni dal conferimento dell’incarico.

Articolo 137
Poteri sostitutivi del Governo.
1. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall’appartenenza alla Unione europea o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegna all’ente inadempiente un congruo termine per provvedere.
2. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva.
3. In casi di assoluta urgenza, non si applica la procedura di cui al comma 1 e il Consiglio dei Ministri può adottare il provvedimento di cui al comma 2, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro competente. Il provvedimento in tal modo adottato ha immediata esecuzione ed è immediatamente comunicato alla Conferenza Stato-città e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che ne può chiedere il riesame, nei termini e con gli effetti previsti dall’art. 8, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59.
4. Restano ferme le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente.

Articolo 138
Annullamento straordinario.
1. In applicazione dell’art. 2, comma 3, lettera p), della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, a tutela dell’unità dell’ordinamento, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno, ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare, d’ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali viziati da illegittimità.

Articolo 139
Pareri obbligatori.
1. Ai pareri obbligatori delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, delle regioni e di ogni altro ente sottoposto a tutela statale, regionale e subregionale, prescritti da qualsiasi norma avente forza di legge ai fini della programmazione, progettazione ed esecuzione di opere pubbliche o di altre attività degli enti locali, si applicano le disposizioni dell’art. 16 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche ed integrazioni, salvo specifiche disposizioni di legge.

Articolo 140
Norma finale.
1. Le disposizioni del presente capo si applicano anche agli altri enti di cui all’art. 2, compresi i consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali, intendendosi sostituiti alla giunta e al consiglio del comune o della provincia i corrispondenti organi di governo.

Capo II
CONTROLLO SUGLI ORGANI

Articolo 141
Scioglimento e sospensione dei consigli comunali e provinciali.
1. I consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno:
a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico;
b) quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti cause;
1) impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia;
2) dimissioni del sindaco o del presidente della provincia;
3) cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia;
4) riduzione dell’organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio;
c ) quando non sia approvato nei termini il bilancio.
c-bis) nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei mille abitanti siano sprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali e non adottino tali strumenti entro diciotto mesi dalla data di elezione degli organi. In questo caso, il decreto di scioglimento del consiglio è adottato su proposta del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti .
2. Nella ipotesi di cui alla lettera c ) del comma 1, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, l’organo regionale di controllo nomina un commissario affinché lo predisponga d’ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l’organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.
2-bis. Nell’ipotesi di cui alla lettera c-bis) del comma 1, trascorso il termine entro il quale gli strumenti urbanistici devono essere adottati, la regione segnala al prefetto gli enti inadempienti. Il prefetto invita gli enti che non abbiano provveduto ad adempiere all’obbligo nel termine di quattro mesi. A tal fine gli enti locali possono attivare gli interventi, anche sostitutivi, previsti dallo statuto secondo criteri di neutralità, di sussidiarietà e di adeguatezza. Decorso infruttuosamente il termine di quattro mesi, il prefetto inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.
3. Nei casi diversi da quelli previsti dal n. 1) della lettera b ) del comma 1, con il decreto di scioglimento si provvede alla nomina di un commissario, che esercita le attribuzioni conferitegli con il decreto stesso.
4. Il rinnovo del consiglio nelle ipotesi di scioglimento deve coincidere con il primo turno elettorale utile previsto dalla legge.
5. I consiglieri cessati dalla carica per effetto dello scioglimento continuano ad esercitare, fino alla nomina dei successori, gli incarichi esterni loro eventualmente attribuiti.
6. Al decreto di scioglimento è allegata la relazione del Ministro contenente i motivi del provvedimento; dell’adozione del decreto di scioglimento è data immediata comunicazione al Parlamento. Il decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
7. Iniziata la procedura di cui ai commi precedenti ed in attesa del decreto di scioglimento, il prefetto, per motivi di grave e urgente necessità, può sospendere, per un periodo comunque non superiore a novanta giorni, i consigli comunali e provinciali e nominare un commissario per la provvisoria amministrazione dell’ente.
8. Ove non diversamente previsto dalle leggi regionali le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, agli altri enti locali di cui all’art. 2, comma 1 ed ai consorzi tra enti locali. Il relativo provvedimento di scioglimento degli organi comunque denominati degli enti locali di cui al presente comma è disposto con decreto del Ministro dell’interno.

Articolo 142
Rimozione e sospensione di amministratori locali.
1. Con decreto del Ministro dell’interno il sindaco, il presidente della provincia, i presidenti dei consorzi e delle Comunità montane, i componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico.
1-bis. Nei territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti dichiarato ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, in caso di grave inosservanza degli obblighi posti a carico delle province inerenti alla programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale ed alla individuazione delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti, ovvero in caso di grave inosservanza di specifici obblighi posti a carico dei comuni inerenti alla disciplina delle modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, della raccolta differenziata, della promozione del recupero delle diverse frazioni di rifiuti, della raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio ai sensi degli articoli 197 e 198 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, anche come precisati dalle ordinanze di protezione civile, il Sottosegretario di Stato delegato alla gestione dell’emergenza assegna all’ente interessato un congruo termine perentorio per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, su proposta motivata del medesimo Sottosegretario, con decreto del Ministro dell’interno possono essere rimossi il sindaco, il presidente della provincia o i componenti dei consigli e delle giunte.
2. In attesa del decreto, il prefetto può sospendere gli amministratori di cui al comma 1 qualora sussistano motivi di grave e urgente necessità.
3. Sono fatte salve le disposizioni dettate dagli articoli 58 e 59.

Articolo 143
Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare. Responsabilità dei dirigenti e dipendenti .
1. Fuori dai casi previsti dall’articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell’articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica.
2. Al fine di verificare la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti ed ai dipendenti dell’ente locale, il prefetto competente per territorio dispone ogni opportuno accertamento, di norma promuovendo l’accesso presso l’ente interessato. In tal caso, il prefetto nomina una commissione d’indagine, composta da tre funzionari della pubblica amministrazione, attraverso la quale esercita i poteri di accesso e di accertamento di cui è titolare per delega del Ministro dell’interno ai sensi dell’articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410. Entro tre mesi dalla data di accesso, rinnovabili una volta per un ulteriore periodo massimo di tre mesi, la commissione termina gli accertamenti e rassegna al prefetto le proprie conclusioni.
3. Entro il termine di quarantacinque giorni dal deposito delle conclusioni della commissione d’indagine, ovvero quando abbia comunque diversamente acquisito gli elementi di cui al comma 1 ovvero in ordine alla sussistenza di forme di condizionamento degli organi amministrativi ed elettivi, il prefetto, sentito il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica competente per territorio, invia al Ministro dell’interno una relazione nella quale si dà conto della eventuale sussistenza degli elementi di cui al comma 1 anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti e ai dipendenti dell’ente locale. Nella relazione sono, altresì, indicati gli appalti, i contratti e i servizi interessati dai fenomeni di compromissione o interferenza con la criminalità organizzata o comunque connotati da condizionamenti o da una condotta antigiuridica. Nei casi in cui per i fatti oggetto degli accertamenti di cui al presente articolo o per eventi connessi sia pendente procedimento penale, il prefetto può richiedere preventivamente informazioni al procuratore della Repubblica competente, il quale, in deroga all’articolo 329 del codice di procedura penale, comunica tutte le informazioni che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze del procedimento.
4. Lo scioglimento di cui al comma 1 è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri entro tre mesi dalla trasmissione della relazione di cui al comma 3, ed è immediatamente trasmesso alle Camere. Nella proposta di scioglimento sono indicati in modo analitico le anomalie riscontrate ed i provvedimenti necessari per rimuovere tempestivamente gli effetti più gravi e pregiudizievoli per l’interesse pubblico; la proposta indica, altresì, gli amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia, di componente delle rispettive giunte e di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli organi predetti.
5. Anche nei casi in cui non sia disposto lo scioglimento, qualora la relazione prefettizia rilevi la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti o ai dipendenti a qualunque titolo dell’ente locale, con decreto del Ministro dell’interno, su proposta del prefetto, è adottato ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in atto e ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell’ente, ivi inclusa la sospensione dall’impiego del dipendente, ovvero la sua destinazione ad altro ufficio o altra mansione con obbligo di avvio del procedimento disciplinare da parte dell’autorità competente.
6. A decorrere dalla data di pubblicazione del decreto di scioglimento sono risolti di diritto gli incarichi di cui all’articolo 110, nonché gli incarichi di revisore dei conti e i rapporti di consulenza e di collaborazione coordinata e continuativa che non siano stati rinnovati dalla commissione straordinaria di cui all’articolo 144 entro quarantacinque giorni dal suo insediamento.
7. Nel caso in cui non sussistano i presupposti per lo scioglimento o l’adozione di altri provvedimenti di cui al comma 5, il Ministro dell’interno, entro tre mesi dalla trasmissione della relazione di cui al comma 3, emana comunque un decreto di conclusione del procedimento in cui dà conto degli esiti dell’attività di accertamento. Le modalità di pubblicazione dei provvedimenti emessi in caso di insussistenza dei presupposti per la proposta di scioglimento sono disciplinate dal Ministro dell’interno con proprio decreto.
7-bis. Nell’ipotesi di cui al comma 7, qualora dalla relazione del prefetto emergano, riguardo ad uno o più settori amministrativi, situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali da determinare un’alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità delle amministrazioni comunali o provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, il prefetto, sulla base delle risultanze dell’accesso, al fine di far cessare le situazioni riscontrate e di ricondurre alla normalità l’attività amministrativa dell’ente, individua, fatti salvi i profili di rilevanza penale, i prioritari interventi di risanamento indicando gli atti da assumere, con la fissazione di un termine per l’adozione degli stessi, e fornisce ogni utile supporto tecnico-amministrativo a mezzo dei propri uffici. Decorso inutilmente il termine fissato, il prefetto assegna all’ente un ulteriore termine, non superiore a 20 giorni, per la loro adozione, scaduto il quale si sostituisce, mediante commissario ad acta, all’amministrazione inadempiente. Ai relativi oneri gli enti locali provvedono con le risorse disponibili a legislazione vigente sui propri bilanci.
8. Se dalla relazione prefettizia emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti tra singoli amministratori e la criminalità organizzata di tipo mafioso, il Ministro dell’interno trasmette la relazione di cui al comma 3 all’autorità giudiziaria competente per territorio, ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione previste nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575.
9. Il decreto di scioglimento è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Al decreto sono allegate la proposta del Ministro dell’interno e la relazione del prefetto, salvo che il Consiglio dei ministri disponga di mantenere la riservatezza su parti della proposta o della relazione nei casi in cui lo ritenga strettamente necessario.
10. Il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo da dodici mesi a diciotto mesi prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali, dandone comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti, al fine di assicurare il regolare funzionamento dei servizi affidati alle amministrazioni, nel rispetto dei princìpi di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa. Le elezioni degli organi sciolti ai sensi del presente articolo si svolgono in occasione del turno annuale ordinario di cui all’articolo 1 della legge 7 giugno 1991, n. 182, e successive modificazioni. Nel caso in cui la scadenza della durata dello scioglimento cada nel secondo semestre dell’anno, le elezioni si svolgono in un turno straordinario da tenersi in una domenica compresa tra il 15 ottobre e il 15 dicembre. La data delle elezioni è fissata ai sensi dell’articolo 3 della citata legge n. 182 del 1991, e successive modificazioni. L’eventuale provvedimento di proroga della durata dello scioglimento è adottato non oltre il cinquantesimo giorno antecedente alla data di scadenza della durata dello scioglimento stesso, osservando le procedure e le modalità stabilite nel comma 4.
11. Fatta salva ogni altra misura interdittiva ed accessoria eventualmente prevista, gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente articolo non possono essere candidati alle elezioni per la Camera dei deputati, per il Senato della Repubblica e per il Parlamento europeo nonché alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, in relazione ai due turni elettorali successivi allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo. Ai fini della dichiarazione d’incandidabilità il Ministro dell’interno invia senza ritardo la proposta di scioglimento di cui al comma 4 al tribunale competente per territorio, che valuta la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento agli amministratori indicati nella proposta stessa. Si applicano, in quanto compatibili, le procedure di cui al libro IV, titolo II, capo VI, del codice di procedura civile..
12. Quando ricorrono motivi di urgente necessità, il prefetto, in attesa del decreto di scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, nonché da ogni altro incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell’ente mediante invio di commissari. La sospensione non può eccedere la durata di sessanta giorni e il termine del decreto di cui al comma 10 decorre dalla data del provvedimento di sospensione.
13. Si fa luogo comunque allo scioglimento degli organi, a norma del presente articolo, quando sussistono le condizioni indicate nel comma 1, ancorchè ricorrano le situazioni previste dall’articolo 141.

[1] Articolo sostituito dall’articolo 2, comma 30, della legge 15 luglio 2009, n. 94.
[2] Vedi l’ articolo 1, comma 707, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e l’articolo 1, commi 109 e 114, della Legge 13 dicembre 2010, n. 220.
[3] Per l’anticipazione di cassa da destinare agli enti sciolti ai sensi del presente articolo, vedi il D.M. 6 settembre 2013 e ilD.M. 31 luglio 2014.
[4] Comma inserito dall’articolo 28, comma 1, del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con modificazioni dallaLegge 1° dicembre 2018, n. 132. Successivamente la Corte Costituzionale, con sentenza 24 luglio 2019, n. 195 (in Gazz. Uff., 31 luglio 2019, n. 31), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dall’articolo 28, comma 1, del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113 medesimo.
[5] Comma modificato dall’articolo 28, comma 1-bis, del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con modificazioni dallaLegge 1° dicembre 2018, n. 132.

Articolo 144
Commissione straordinaria e Comitato di sostegno e monitoraggio.
1. Con il decreto di scioglimento di cui all’art. 143 è nominata una commissione straordinaria per la gestione dell’ente, la quale esercita le attribuzioni che le sono conferite con il decreto stesso. La commissione è composta di tre membri scelti tra funzionari dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra magistrati della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza. La commissione rimane in carica fino allo svolgimento del primo turno elettorale utile.
2. Presso il Ministero dell’interno è istituito, con personale della amministrazione, un comitato di sostegno e di monitoraggio dell’azione delle commissioni straordinarie di cui al comma 1 e dei comuni riportati a gestione ordinaria.
3. Con decreto del Ministro dell’interno, adottato a norma dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono determinate le modalità di organizzazione e funzionamento della commissione straordinaria per l’esercizio delle attribuzioni ad essa conferite, le modalità di pubblicizzazione degli atti adottati dalla commissione stessa, nonché le modalità di organizzazione e funzionamento del comitato di cui al comma 2.

Articolo 145
Gestione straordinaria.
1. Quando in relazione alle situazioni indicate nel comma 1 dell’art. 143 sussiste la necessità di assicurare il regolare funzionamento dei servizi degli enti nei cui confronti è stato disposto lo scioglimento, il prefetto, su richiesta della commissione straordinaria di cui al comma 1 dell’art. 144, può disporre, anche in deroga alle norme vigenti, l’assegnazione in via temporanea, in posizione di comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico di amministrazioni ed enti pubblici, previa intesa con gli stessi, ove occorra anche in posizione di sovraordinazione. Al personale assegnato spetta un compenso mensile lordo proporzionato alle prestazioni da rendere, stabilito dal prefetto in misura non superiore al 50 per cento del compenso spettante a ciascuno dei componenti della commissione straordinaria, nonché, ove dovuto, il trattamento economico di missione stabilito dalla legge per i dipendenti dello Stato in relazione alla qualifica funzionale posseduta nell’amministrazione di appartenenza. Tali competenze sono a carico dello Stato e sono corrisposte dalla prefettura, sulla base di idonea documentazione giustificativa sugli accreditamenti emessi, in deroga alle vigenti disposizioni di legge, dal Ministero dell’interno. La prefettura, in caso di ritardo nell’emissione degli accreditamenti è autorizzata a prelevare le somme occorrenti sui fondi in genere della contabilità speciale. Per il personale non dipendente dalle amministrazioni centrali o periferiche dello Stato, la prefettura provvede al rimborso al datore di lavoro dello stipendio lordo, per la parte proporzionalmente corrispondente alla durata delle prestazioni rese. Agli oneri derivanti dalla presente disposizione si provvede con una quota parte del 10 per cento delle somme di denaro confiscate ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni, nonché del ricavato delle vendite disposte a norma dell’art. 4, commi 4 e 6, del decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282, relative ai beni mobili o immobili ed ai beni costituiti in azienda confiscati ai sensi della medesima legge n. 575 del 1965. Alla scadenza del periodo di assegnazione, la commissione straordinaria potrà rilasciare, sulla base della valutazione dell’attività prestata dal personale assegnato, apposita certificazione di lodevole servizio che costituisce titolo valutabile ai fini della progressione di carriera e nei concorsi interni e pubblici nelle amministrazioni dello Stato, delle regioni e degli enti locali.
2. Per far fronte a situazioni di gravi disservizi e per avviare la sollecita realizzazione di opere pubbliche indifferibili, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell’art. 144, entro il termine di sessanta giorni dall’insediamento, adotta un piano di priorità degli interventi, anche con riferimento a progetti già approvati e non eseguiti. Gli atti relativi devono essere nuovamente approvati dalla commissione straordinaria. La relativa deliberazione, esecutiva a norma di legge, è inviata entro dieci giorni al prefetto il quale, sentito il comitato provinciale della pubblica amministrazione opportunamente integrato con i rappresentanti di uffici tecnici delle amministrazioni statali, regionali o locali, trasmette gli atti all’amministrazione regionale territorialmente competente per il tramite del commissario del Governo, o alla Cassa depositi e prestiti, che provvedono alla dichiarazione di priorità di accesso ai contributi e finanziamenti a carico degli stanziamenti comunque destinati agli investimenti degli enti locali. Le disposizioni del presente comma si applicano ai predetti enti anche in deroga alla disciplina sugli enti locali dissestati, limitatamente agli importi totalmente ammortizzabili con contributi statali o regionali ad essi effettivamente assegnati.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, a far tempo dalla data di insediamento degli organi e fino alla scadenza del mandato elettivo, anche alle amministrazioni comunali e provinciali, i cui organi siano rinnovati al termine del periodo di scioglimento disposto ai sensi del comma 1 dell’art. 143.
4. Nei casi in cui lo scioglimento è disposto anche con riferimento a situazioni di infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso, connesse all’aggiudicazione di appalti di opere o di lavori pubblici o di pubbliche forniture, ovvero l’affidamento in concessione di servizi pubblici locali, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell’art. 144 procede alle necessarie verifiche con i poteri del collegio degli ispettori di cui all’art. 14 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203. A conclusione degli accertamenti, la commissione straordinaria adotta tutti i provvedimenti ritenuti necessari e può disporre d’autorità la revoca delle deliberazioni già adottate in qualunque momento e fase della procedura contrattuale, o la rescissione del contratto già concluso.
5. Ferme restando le forme di partecipazione popolare previste dagli statuti in attuazione dell’art. 8, comma 3, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell’art. 144, allo scopo di acquisire ogni utile elemento di conoscenza e valutazione in ordine a rilevanti questioni di interesse generale si avvale, anche mediante forme di consultazione diretta, dell’apporto di rappresentanti delle forze politiche in ambito locale, dell’Anci, dell’Upi, delle organizzazioni di volontariato e di altri organismi locali particolarmente interessati alle questioni da trattare.

Articolo 145 bis 2
Gestione finanziaria -bis
1. Per i comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti i cui organi consiliari sono stati sciolti ai sensi dell’articolo 143, su richiesta della Commissione straordinaria di cui al comma 1 dell’articolo 144, il Ministero dell’interno provvede all’anticipazione di un importo calcolato secondo i criteri di cui al comma 2 del presente articolo. L’anticipazione è subordinata all’approvazione di un piano di risanamento della situazione finanziaria, predisposto con le stesse modalità previste per gli enti in stato di dissesto finanziario dalle norme vigenti. Il piano è predisposto dalla Commissione straordinaria ed è approvato con decreto del Ministro dell’interno, su parere della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, di cui all’ articolo 155.
2. L’importo dell’anticipazione di cui al comma 1 è pari all’importo dei residui attivi derivanti dai titolo primo e dai titolo terzo dell’entrata, come risultanti dall’ultimo rendiconto approvato, sino ad un limite massimo determinato in misura pari a cinque annualità dei trasferimenti erariali correnti e della quota di compartecipazione al gettito dell’IRFEF, e calcolato in base agli importi spettanti al singolo comune per l’anno nel quale perviene la richiesta. Dall’anticipazione spettante sono detratti gli importi già corrisposti a titolo di trasferimenti o di compartecipazione al gettito dell’IRPEF per l’esercizio in corso. A decorrere dall’esercizio successivo il Ministero dell’interno provvederà, in relazione al confronto tra l’anticipazione attribuita e gli importi annualmente spettanti a titolo di trasferimenti correnti e di compartecipazione al gettito dell’IRPEF, ad effettuare le compensazioni e determinare gli eventuali conguagli sino al completo recupero dell’anticipazione medesima.
3. L’organo di revisione dell’ente locale è tenuto a vigilare sull’attuazione del piano di risanamento, segnalando alla Commissione straordinaria o d’amministrazione successivamente subentrata le difficoltà riscontrate e gli eventuali scostamenti dagli obiettivi. Il mancato svolgimento di tali compiti da parte dell’organo di revisione è considerato grave inadempimento.
4. Il finanziamento dell’anticipazione di cui al comma 1 avviene con contestuale decurtazione dei trasferimenti erariali agli enti locali e le somme versate dall’ente sciolto ai sensi dell’ articolo 143 affluiscono ai trasferimenti erariali dell’anno successivo e sono assegnate nella stessa misura della detrazione. Le modalità di versamento dell’annualità sono indicate dal Ministero dell’interno all’ente locale secondo le norme vigenti.

Articolo 146
Norma finale.
1. Le disposizioni di cui agli articoli 143, 144, 145 si applicano anche agli altri enti locali di cui all’art. 2, comma 1, nonché ai consorzi di comuni e province, agli organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, alle aziende speciali dei comuni e delle province e ai consigli circoscrizionali, in quanto compatibili con i relativi ordinamenti.
2. Il Ministro dell’interno presenta al Parlamento una relazione annuale sull’attività svolta dalla gestione straordinaria dei singoli comuni .

Articolo 147
Tipologia dei controlli interni.
1. Gli enti locali, nell’ambito della loro autonomia normativa e organizzativa, individuano strumenti e metodologie per garantire, attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa.
2. Il sistema di controllo interno è diretto a:
a) verificare, attraverso il controllo di gestione, l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi correttivi, il rapporto tra obiettivi e azioni realizzate, nonché tra risorse impiegate e risultati;
b) valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, dei programmi e degli altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra i risultati conseguiti e gli obiettivi predefiniti;
c) garantire il costante controllo degli equilibri finanziari della gestione di competenza, della gestione dei residui e della gestione di cassa, anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica determinati dal patto di stabilità interno, mediante l’attività di coordinamento e di vigilanza da parte del responsabile del servizio finanziario, nonché l’attività di controllo da parte dei responsabili dei servizi;
d) verificare, attraverso l’affidamento e il controllo dello stato di attuazione di indirizzi e obiettivi gestionali, anche in riferimento all’articolo 170, comma 6, la redazione del bilancio consolidato nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni l’efficacia, l’efficienza e l’economicità degli organismi gestionali esterni dell’ente;
e) garantire il controllo della qualità dei servizi erogati, sia direttamente, sia mediante organismi gestionali esterni, con l’impiego di metodologie dirette a misurare la soddisfazione degli utenti esterni e interni dell’ente.
3. Le lettere d) ed e) del comma 2 si applicano solo agli enti locali con popolazione superiore a 100.000 abitanti in fase di prima applicazione, a 50.000 abitanti per il 2014 e a 15.000 abitanti a decorrere dal 2015.
4. Nell’ambito della loro autonomia normativa e organizzativa, gli enti locali disciplinano il sistema dei controlli interni secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione, anche in deroga agli altri principi di cui all’ articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, e successive modificazioni. Partecipano all’organizzazione del sistema dei controlli interni il segretario dell’ente, il direttore generale, laddove previsto, i responsabili dei servizi e le unità di controllo, laddove istituite.
5. Per l’effettuazione dei controlli di cui al comma 1, più enti locali possono istituire uffici unici, mediante una convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento.

Articolo 147 bis
Controllo di regolarità amministrativa e contabile.-bis.
1. Il controllo di regolarità amministrativa e contabile è assicurato, nella fase preventiva della formazione dell’atto, da ogni responsabile di servizio ed è esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarità tecnica attestante la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa. Il controllo contabile è effettuato dal responsabile del servizio finanziario ed è esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarità contabile e del visto attestante la copertura finanziaria.
2. Il controllo di regolarità amministrativa [e contabile] è inoltre assicurato, nella fase successiva, secondo principi generali di revisione aziendale e modalità definite nell’ambito dell’autonomia organizzativa dell’ente, sotto la direzione del segretario, in base alla normativa vigente. Sono soggette al controllo le determinazioni di impegno di spesa, [gli atti di accertamento di entrata, gli atti di liquidazione della spesa,] i contratti e gli altri atti amministrativi, scelti secondo una selezione casuale effettuata con motivate tecniche di campionamento.
3. Le risultanze del controllo di cui al comma 2 sono trasmesse periodicamente, a cura del segretario, ai responsabili dei servizi, unitamente alle direttive cui conformarsi in caso di riscontrate irregolarità, nonché ai revisori dei conti e agli organi di valutazione dei risultati dei dipendenti, come documenti utili per la valutazione, e al consiglio comunale.

Articolo 147 ter
Controllo strategico.
1. Per verificare lo stato di attuazione dei programmi secondo le linee approvate dal Consiglio, l’ente locale con popolazione superiore a 100.000 abitanti in fase di prima applicazione, a 50.000 abitanti per il 2014 e a 15.000 abitanti a decorrere dal 2015 definisce, secondo la propria autonomia organizzativa, metodologie di controllo strategico finalizzate alla rilevazione dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi predefiniti, degli aspetti economico-finanziari connessi ai risultati ottenuti, dei tempi di realizzazione rispetto alle previsioni, delle procedure operative attuate confrontate con i progetti elaborati, della qualità dei servizi erogati e del grado di soddisfazione della domanda espressa, degli aspetti socio-economici. L’ente locale con popolazione superiore a 100.000 abitanti in fase di prima applicazione, a 50.000 abitanti per il 2014 e a 15.000 abitanti a decorrere dal 2015 può esercitare in forma associata la funzione di controllo strategico.
2. L’unità preposta al controllo strategico, che è posta sotto la direzione del direttore generale, laddove previsto, o del segretario comunale negli enti in cui non è prevista la figura del direttore generale, elabora rapporti periodici, da sottoporre all’organo esecutivo e al consiglio per la successiva predisposizione di deliberazioni consiliari di ricognizione dei programmi.

Articolo 147 quater
Controlli sulle società partecipate non quotate.-quater.
1. L’ente locale definisce, secondo la propria autonomia organizzativa, un sistema di controlli sulle società non quotate, partecipate dallo stesso ente locale. Tali controlli sono esercitati dalle strutture proprie dell’ente locale, che ne sono responsabili.
2. Per l’attuazione di quanto previsto al comma 1 del presente articolo, l’amministrazione definisce preventivamente, in riferimento all’articolo 170, comma 6, gli obiettivi gestionali a cui deve tendere la società partecipata, secondo parametri qualitativi e quantitativi, e organizza un idoneo sistema informativo finalizzato a rilevare i rapporti finanziari tra l’ente proprietario e la società, la situazione contabile, gestionale e organizzativa della società, i contratti di servizio, la qualità dei servizi, il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica.
3. Sulla base delle informazioni di cui al comma 2, l’ente locale effettua il monitoraggio periodico sull’andamento delle società non quotate partecipate, analizza gli scostamenti rispetto agli obiettivi assegnati e individua le opportune azioni correttive, anche in riferimento a possibili squilibri economico-finanziari rilevanti per il bilancio dell’ente.
4. I risultati complessivi della gestione dell’ente locale e delle aziende non quotate partecipate sono rilevati mediante bilancio consolidato, secondo la competenza economica, predisposto secondo le modalità previste dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni.
5. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in fase di prima applicazione, agli enti locali con popolazione superiore a 100.000 abitanti, per l’anno 2014 agli enti locali con popolazione superiore a 50.000 abitanti e, a decorrere dall’anno 2015, agli enti locali con popolazione superiore a 15.000 abitanti, ad eccezione del comma 4, che si applica a tutti gli enti locali a decorrere dall’anno 2015, secondo le disposizioni recate dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle società quotate e a quelle da esse controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile. A tal fine, per società quotate partecipate dagli enti di cui al presente articolo si intendono le società emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati.

Articolo 147 quinquies
Controllo sugli equilibri finanziari.
1. Il controllo sugli equilibri finanziari è svolto sotto la direzione e il coordinamento del responsabile del servizio finanziario e mediante la vigilanza dell’organo di revisione, prevedendo il coinvolgimento attivo degli organi di governo, del direttore generale, ove previsto, del segretario e dei responsabili dei servizi, secondo le rispettive responsabilità.
2. Il controllo sugli equilibri finanziari è disciplinato nel regolamento di contabilità dell’ente ed è svolto nel rispetto delle disposizioni dell’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, e delle norme che regolano il concorso degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, nonché delle norme di attuazione dell’ articolo 81 della Costituzione.
3. Il controllo sugli equilibri finanziari implica anche la valutazione degli effetti che si determinano per il bilancio finanziario dell’ente in relazione all’andamento economico-finanziario degli organismi gestionali esterni.

Articolo 148
Controlli esterni.
1. Le sezioni regionali della Corte dei conti, con cadenza annuale, nell’ambito del controllo di legittimità e regolarità delle gestioni, verificano il funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle regole contabili e dell’equilibrio di bilancio di ciascun ente locale. A tale fine, il sindaco, relativamente ai comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, o il presidente della provincia, avvalendosi del direttore generale, quando presente, o del segretario negli enti in cui non è prevista la figura del direttore generale, trasmette annualmente alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti un referto sul sistema dei controlli interni, adottato sulla base delle linee guida deliberate dalla sezione delle autonomie della Corte dei conti e sui controlli effettuati nell’anno, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione; il referto è, altresì, inviato al presidente del consiglio comunale o provinciale.
2. Il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato può attivare verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile, ai sensi dell’articolo 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n.196, oltre che negli altri casi previsti dalla legge, qualora un ente evidenzi, anche attraverso le rilevazioni SIOPE, situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori:
a) ripetuto utilizzo dell’anticipazione di tesoreria;
b) disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio;
c) anomale modalità di gestione dei servizi per conto di terzi;
d) aumento non giustificato di spesa degli organi politici istituzionali.
3. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti possono attivare le procedure di cui al comma 2.
4. In caso di rilevata assenza o inadeguatezza degli strumenti e delle metodologie di cui al secondo periodo del comma 1 del presente articolo, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n.20, e successive modificazioni, e dai commi 5 e 5-bis dell’articolo 248 del presente testo unico, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano agli amministratori responsabili la condanna ad una sanzione pecuniaria da un minimo di cinque fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione.

Articolo 148 bis 2
Rafforzamento del controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali – bis
1. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti esaminano i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti locali ai sensi dell’articolo 1, commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n.266, per la verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell’osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, della sostenibilità dell’indebitamento, dell’assenza di irregolarità, suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti.
2. Ai fini della verifica prevista dal comma 1, le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti accertano altresì che i rendiconti degli enti locali tengano conto anche delle partecipazioni in società controllate e alle quali è affidata la gestione di servizi pubblici per la collettività locale e di servizi strumentali all’ente.
3. Nell’ambito della verifica di cui ai commi 1 e 2, l’accertamento, da parte delle competenti sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, di squilibri economico-finanziari, della mancata copertura di spese, della violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno comporta per gli enti interessati l’obbligo di adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia di accertamento, i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio. Tali provvedimenti sono trasmessi alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti che li verificano nel termine di trenta giorni dal ricevimento. Qualora l’ente non provveda alla trasmissione dei suddetti provvedimenti o la verifica delle sezioni regionali di controllo dia esito negativo, è preclusa l’attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria.

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PARTE I
ORDINAMENTO ISTITUZIONALE

  • PARTE I
    ORDINAMENTO ISTITUZIONALE
  • PARTE II
    ORDINAMENTO FINANZIARIO E CONTABILE
  • PARTE III
    ASSOCIAZIONI DEGLI ENTI LOCALI
  • PARTE IV
    DISPOSIZIONI TRANSITORIE ED ABROGAZIONI
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