l Consiglio dei ministri ha approvato due decreti legislativi il introducendo le nuove regole sulla risoluzione delle crisi bancarie attraverso un decreto attuativo della direttiva europea 2014/59/UE (cd. BRRD – Bank Recovery and Resolution Directive) e un secondo Decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario – TUB) e al decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58 (Testo unico della finanza – TUF).
La finalità è quella di evitare liquidazioni disordinate, che amplifichino gli effetti e i costi di eventuali crisi, dotando le autorità di risoluzione di strumenti che consentano un intervento precoce e efficace, riducendo al minimo l’impatto del dissesto sull’economia e sul sistema finanziario. È altresì notevolmente limitata la possibilità dii salvataggi pubblici.
Vediamo in dettaglio i due provvedimenti
1) Decreto legislativo di attuazione della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio
Il decreto legislativo reca la disciplina in materia di predisposizione di piani di risoluzione, avvio e chiusura delle procedure di risoluzione, adozione delle misure di risoluzione, gestione della crisi di gruppi internazionali, poteri e funzioni dell’autorità di risoluzione nazionale e disciplina del fondo di risoluzione nazionale.
In verità la novità maggiormente significativa è rappresentata dell’applicazione del cosiddetto bail-in ovvero il “salvataggio interno” delle banche in crisi, in base a cui gli oneri del salvataggio graverranno in primo luogo sugli azionisti e poi, a seguire, sugli obbligazionisti della banca fino ad arrivare ai correntisti, sebbene siano interessati solo i grandi correntisti e per le giacenze di conto eccedenti i 100mila euro.
Gli importi inferiori, in caso di crisi, sono tutelati dal Fondo interbancario di tutela dei depositi.
Oltre all’ordine gerarchico di chi è chiamato a sopportare le perdite è previsto il principio per cui nessun azionista e creditore della banca dovrà sopportare perdite maggiori di quelle che subirebbe se ci fosse una liquidazione coatta amministrativa (è il principio del c.d. no creditor worse off).
L’autorità di risoluzione delle crisi è individuata nella Banca d’Italia ed il decreto legislativo ne disciplina poteri e funzioni.
Bankitalia deve tra l’altro predisporre, al fine di definire ex ante per ogni banca o gruppo le possibili modalità di gestione di un eventuale dissesto, dei piani di risoluzione, nei quali sono individuate le misure da adottare nell’eventualità di una crisi.
Qualora si profili questo rischio, le procedure giuridiche attivabili per gestire la crisi saranno d’ora in poi tre:
- la liquidazione coatta amministrativa,
- la riduzione o la conversione in azione degli strumenti di capitale (il cosiddetto write-down)
- la risoluzione.
Quest’ultima ha per obiettivi la continuità delle funzioni essenziali di una banca, la stabilità finanziaria, il contenimento degli oneri a carico delle finanze pubbliche, la tutela dei depositanti e degli investitori protetti da sistemi di garanzia o di indennizzo, nonché dei fondi e delle altre attività della clientela.
Per attuare il programma di risoluzione, Bankitalia potrà nominare un commissario speciale e nel corso del programma potranno
- essere cedute in tutto o in parte a un privato le azioni dell’intermediario a risoluzione;
- potrà essere creato un ente- ponte o bridge bank a cui potranno essere ceduti in blocco i beni e i rapporti giuridici dell’intermediario in risoluzione, quando le condizioni di mercato non permettono di trovare subito un acquirente privato.
- potrà essere creata una società veicolo per la gestione delle attività (la cosiddetta bad bank) a cui conferire alcuni beni dell’intermediario, per amministrarli e massimizzarne il valore di lungo periodo.
2) Decreto legislativo recante modifiche del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario – TUB) e del decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58 (Testo unico della finanza – TUF) in attuazione della Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la Direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le Direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio
Il decreto modifica il Testo unico bancario per introdurre la disciplina dei piani di risanamento, del sostegno finanziario infragruppo, delle misure di intervento precoce, mentre l’amministrazione straordinaria delle banche viene allineata alla disciplina europea. Viene inoltre modificata la disciplina della liquidazione coatta amministrativa per adeguarla al nuovo quadro normativo previsto dalla Direttiva e apportare alcune innovazioni alla luce della prassi applicativa.