Il buono pasto o ticket restaurant è un titolo di pagamento dal valore predeterminato (stabilito dal datore di lavoro) che l’azienda consegna ai propri dipendenti come servizio sostitutivo della mensa.
Il buono pasto può essere utilizzato sia durante la pausa pranzo, per l’effettivo pagamento del pasto, oppure come valuta di pagamento per l’acquisto di prodotti alimentari presso tutti gli esercizi (ristoranti, pizzerie, trattorie, bar, take away, fast food, gastronomie, supermercati e ipermercati) convenzionati con le società che li emettono.
I ticket possono essere emessi sia sotto forma cartacea (il cosiddetto carnet) che sotto forma di tessere elettroniche dotate di microchip.
La legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), ai commi 16 e 17 dell’articolo unico di cui si compone, ha introdotto un’interessante novità in materia di buoni pasto, proprio differenziando i buoni cartacei da quelli elettronici.
In particolare è stato rivisto il testo dell’art. 51 del TUIR (DPR 917/1986) e segnatamente del 2 comma lettera c), con modifiche in vigore a decorrere dal 1° luglio 2015.
Secondo la disposizione normativa attualmente in vigore non concorrono a formare il reddito del lavoratore dipendente «le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29, aumentato a euro 7 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica, le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione».
La riforma prevede dunque una differente soglia di esenzione che si ferma € 5,29 per i buoni cartacei e che sale ad € 7 ma per i ticket elettronici.
Fino al 30 giugno 2015 il trattamento fiscale in capo al lavoratore dipendente rimane invariato: la non imponibilità delle prestazioni sostitutive delle somministrazioni in mense aziendali è fissata nella soglia massima di 5,29 euro al giorno, a prescindere dalla tipologia dei ticket distribuiti ed utilizzati.
L’agevolazione fiscale, come noto, riguarda sia il regime fiscale, sia gli oneri previdenziali, valendo le stesse esclusioni e limiti dettati dall’articolo 51 del TUIR anche ai fini del calcolo dell’imponibile contributivo.
Il valore del ticket da prendere a riferimento è quello nominale, ossia quello facciale indicato sul buono. Nel caso in cui gli importi complessivi giornalieri fossero più alti di quelli sopra indicati, gli stessi andrebbero tassati in busta paga e assoggettati ai relativi oneri contributivi, solo per l’eccedenza rispetto ad € 5,29 ovvero ad € 7 a seconda del tipo di buono.
Dal punto di vista dell’imprenditore, ai fini della determinazione del reddito di impresa, l’acquisto dei ticket è completamente deducibile e pertanto – come confermato dalle Entrate nella circolare n. 6 del 3 marzo 2009 – non sconta il limite del 75% fissato per le spese di vitto e alloggio dall’articolo 109, comma 5, del TUIR.
Ma in cosa consiste realmente la novità e perché non è stata accolta con favore dai lavoratori e ciò nonostante l’aumento da 5,29 a 7 euro del valore del singolo ticket?
Innanzitutto bisogna precisare che su vari siti internet, anche di carattere giuridico, sono state diffuse notizie non esatte.
Si è letto di divieto di utilizzo dei buoni pasto al supermercato e di divieto di cumulo. É prassi, infatti, per molti lavoratori quella di accumulare i buoni pasto e spenderli come una sorta di moneta parallela per fare la spesa al supermercato ed è stata diffusa la notizia del divieto di utilizzo dei buoni in supermercato, il che non è del tutto esatto.
Ebbene non è stato introdotto alcun nuovo divieto mentre è vero che l’incentivazione del buono elettronico, con la previsione di un maggior valore giornaliero, sia proprio quella di ottenere un utilizzo più appropriato dei buoni medesimi.
I buoni in formato elettronico sono infatti maggiormente tracciabili cosicché sarà più facile effettuare il controllo circa le modalità di utilizzo.
I buoni dovrebbero infatti essere spesi nelle giornate lavorative per consentire il pranzo del lavoratore e non per altri usi.
Non è stato dunque introdotto alcun nuovo divieto o limitazione ma semplicemente è stato introdotto un incentivo all’utilizzo di buoni tracciabili al fine di garantire il rispetto di norme esistenti.
Le regole sull’utilizzo dei buoni – ancorché sistematicamente disattese – sono contenute nell’art. 285 del DPR 5 ottobre 2010, n. 207 (e prima ancora erano previste dal DPCM 18 novembre 2005).
L’art. 285 del DPR 207/2010 prevede quanto segue:
«[…] I buoni pasto:
a) consentono all’utilizzatore di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto;
b) costituiscono il documento che consente all’esercizio convenzionato di provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione;
c) sono utilizzati, durante la giornata lavorativa anche se domenicale o festiva, esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno e parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato;
d) non sono cedibili, commercializzabili, cumulabili o convertibili in denaro;
e) sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale.
I buoni pasto riportano:
a) il codice fiscale o la ragione sociale del datore di lavoro;
b) la ragione sociale e il codice fiscale della società di emissione;
c) il valore facciale espresso in valuta corrente;
d) il termine temporale di utilizzo;
e) uno spazio riservato alla apposizione della data di utilizzo, della firma dell’utilizzatore e del timbro dell’esercizio convenzionato presso il quale il buono pasto viene utilizzato;
f) la dicitura «Il buono pasto non è cumulabile, Né cedibile Né commerciabile, Né convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dall’utilizzatore».
Le società di emissione sono tenute ad adottare idonee misure antifalsificazione e di tracciabilità del buono pasto […]».
É chiaro che il favore per la digitalizzazione del mercato dei buoni pasto sia finalizzato a contrastare l’utilizzo poco ortodosso dei buoni stessi presso gli esercizi commerciali che li accettano anche cumulativamente.
Inoltre si è voluto armonizzare il regime fiscale dei buoni pasto con le soglie europee, mediamente fissate a 7 euro al giorno.
Cosa cambia nella sostanza
Per i lavoratori.
Per i lavoratori il passaggio dal buono cartaceo al buono elettronico presenta diversi vantaggi:
Sino ad oggi, con una media di 5,29 euro per 200 giorni di lavoro, il dipendente ha avuto un valore annuo in buoni pasto di circa € 1.000. Con i buoni elettronici da € 7,00 si giunge ad € 1.400 euro all’anno;
i buoni sono caricati sulla card senza dovere necessariamente passare al ritiro del carnet;
si riduce la possibilità di furto/smarrimento e di utilizzo da parte di malintenzionati, visto che ogni card prevede una specifica procedura per il furto/smarrimento con il blocco della stessa e l’emissione di una nuova carta con la valorizzazione dei buoni smarriti;
Quanto agli svantaggi si segnala la bassa accettazione delle card negli esercizi commerciali in Italia almeno allo stato attuale.
Per il resto non cambia nulla in quanto le regole di utilizzo sono identiche a quelle previste per i buoni cartacei, salvo che un maggior controllo sull’effettivo rispetto di dette regole.
Per gli esercenti.
Le maggiori problematiche sono per gli esercizi commerciali che a fronte di una gestione più rapida della contabilizzazione, che avviene elettronicamente devono scontare commissioni di incasso più alte nei buoni elettronici rispetto ai cartacei e, soprattutto, devono dotarsi dai 4 ai 6 lettori per garantire l’accettazione di tutte le possibili card.
Il problema principale è infatti che non esiste un Pos unico. Il sistema dei buoni pasto elettronici, così come quello dei buoni pasto cartacei, è infatti frammentato con diversi operatori presenti sul mercato. Esistono diversi tipi di buoni pasto elettronici ed ogni società emittente buoni ha il suo lettore POS. Per cui ogni esercizio commerciale, per poter garantire l’accettazione di tutti i buoni pasto elettronici, dovrebbe avere almeno 6 diversi lettori di card.