Le agenzie per il lavoro, in occasione di colloqui conoscitivi, possono acquisire e conservare copia dei documenti d’identità, utilizzati per identificare le persone, solo se previsto da specifiche norme.
Lo ha precisato il Garante, a seguito della segnalazione di un uomo che lamentava una violazione dei principi di pertinenza e non eccedenza posti a tutela dei suoi dati personali. In occasione di un colloquio conoscitivo, infatti, l’agenzia per il lavoro presso cui si era presentato aveva acquisito copia del suo documento di identità.
L’Autorità, dopo aver valutato le attività della società, ha osservato che, mentre è lecito per l’agenzia procedere alla corretta identificazione degli aspiranti lavoratori chiedendo l’esibizione di un documento di identità ed eventualmente annotandone gli estremi, deve invece ritenersi eccedente (ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. d), del Codice Privacy) rispetto alla finalità della raccolta dei curricula di candidati allo scopo di effettuare una preselezione e costituire un’apposita banca dati l’acquisizione e la successiva conservazione di copia del documento di identità dell’interessato (senza peraltro che sia previsto un termine massimo di conservazione dello stesso).
Le copie dei documenti di identità contengono peraltro dati personali, come le fotografie dell’interessato, le caratteristiche fisiche e lo stato civile, non pertinenti alle finalità per le quali venivano raccolti (presentazione del curriculum e colloquio conoscitivo).
L’Autorità ha, peraltro, richiamato l’attenzione sui rischi che l’acquisizione e la conservazione di copie di questi documenti in termini di duplicazione, perfino di furto di identità.
Il Garante ha perciò vietato alla società di conservare le copie dei documenti di identità dei candidati e ha prescritto che l’identificazione degli aspiranti avvenga con la semplice annotazione dei dati essenziali, senza alcuna conservazione di documenti identificativi.
Articolo tratto da: Garante per la Protezione dei dati personali