Cronaca giudiziaria: no alla pubblicazione integrale di atti di indagine contenenti dati personali degli indagati eccedenti l’esigenza di informazione
Il Garante per la protezione dei dati personali ha vietato ad un quotidiano on line l’ulteriore diffusione di un avviso di conclusione di indagini preliminari, pubblicato in forma integrale a corredo di un articolo riguardante le indagini stesse. Il documento, oltre a contenere dati e informazioni eccedenti rispetto al diritto di cronaca, ha violato il regime di pubblicazione degli atti del procedimento, sancito dal codice di procedura penale.
L’intervento dell’Autorità ha preso avvio dai reclami e dalla segnalazione di numerosi avvocati, sottoposti a indagini in quel procedimento, che lamentavano una violazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali a proposito della pubblicazione su quella testata on line di vari articoli contenenti informazioni eccedenti che li riguardavano. I professionisti lamentavano, in particolare, di aver appreso dell’indagine nei loro confronti dalla lettura degli articoli e contestavano la pubblicazione dei capi di imputazione e del fascicolo prima che l’avviso di conclusione delle indagini preliminari fosse stato notificato. Secondo gli avvocati, inoltre, la diffusione dei loro nomi, e di altri dati personali, oltre a violare il principio di essenzialità dell’informazione sarebbe stato lesivo della loro reputazione e della loro dignità professionale e morale.
Dal canto suo, il responsabile della testata online ha sostenuto di aver rispettato i criteri e i limiti del diritto di cronaca. Gli articoli riguardavano indagini preliminari a carico dei reclamanti, il cui avviso di conclusione (emesso ai sensi dell’art. 415 bis del c.p.p.) era stato pubblicato in allegato alla replica ad una lettera di uno degli indagati.
L’Autorità ha ribadito che la pubblicazione dei dati identificativi di persone indagate non è preclusa dal nostro ordinamento e che, ove la testata si limiti a dare una notizia di interesse pubblico, come certamente è quella in esame, anche riportando i nominativi dei presunti responsabili, non viola i limiti del diritto di cronaca.
Una diversa valutazione – afferma l’Autorità – richiede invece la diffusione integrale dell’avviso di conclusione delle indagini, nel quale accanto a ciascuno dei nomi degli avvocati indagati compaiono l’indirizzo dell’abitazione, il numero di telefono dello studio e, in alcuni casi, anche il numero di cellulare. Tali dati sono eccedenti rispetto all’esigenza di informare su un fatto di interesse pubblico.
La diffusione dell’avviso, inoltre, risulta avvenuta anche in violazione del regime di pubblicità degli atti di indagine stabilito dal codice di procedura penale, essendo stato pubblicato prima che il pubblico ministero avesse deciso in ordine all’esercizio dell’azione penale. Il Garante rilevata, dunque, l’illiceità della diffusione dell’avviso di conclusione delle indagini, ancora on line dopo più di un anno dalla sua pubblicazione ha ordinato alla testata on line di rimuovere il documento.
Art. 114 Codice di Procedura Penale
Divieto di pubblicazione di atti e di immagini1. È vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto.
2. È vietata la pubblicazione , anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare, fatta eccezione per l’ordinanza indicata dall’articolo 292
2-bis. È sempre vietata la pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni non acquisite ai sensi degli articoli 268, 415-bis o 454.
3. Se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per il dibattimento se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado , e di quelli del fascicolo del pubblico ministero, se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello. È sempre consentita la pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni.
4. È vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti del dibattimento celebrato a porte chiuse nei casi previsti dall’articolo 472, commi 1 e 2. In tali casi il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione anche degli atti o di parte degli atti utilizzati per le contestazioni. Il divieto di pubblicazione cessa comunque quando sono trascorsi i termini stabiliti dalla legge sugli archivi di Stato ovvero è trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza irrevocabile e la pubblicazione è autorizzata dal ministro di grazia e giustizia.
5. Se non si procede al dibattimento, il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione di atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi può offendere il buon costume o comportare la diffusione di notizie sulle quali la legge prescrive di mantenere il segreto nell’interesse dello Stato ovvero causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni o delle parti private. Si applica la disposizione dell’ultimo periodo del comma 4 .
6. È vietata la pubblicazione delle generalità e dell’immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni. È altresì vietata la pubblicazione di elementi che anche indirettamente possano comunque portare alla identificazione dei suddetti minorenni (8) . Il tribunale per i minorenni, nell’interesse esclusivo del minorenne, o il minorenne che ha compiuto i sedici anni, può consentire la pubblicazione.
6-bis. È vietata la pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta.
7. È sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto.
Articolo tratto da: Garante per la Protezione dei dati personali