- Nel 2013 la spesa complessiva per prestazioni pensionistiche, pari a 272.7461 milioni di euro, è aumentata dello 0,7% rispetto all’anno precedente e la sua incidenza sul Pil è cresciuta di 0,22 punti percentuali, dal 16,63% del 2012 al 16,85% del 2013.
- Le pensioni di vecchiaia assorbono oltre i due terzi (il 71,8%) della spesa pensionistica totale; seguono quelle ai superstiti (14,8%) e le pensioni assistenziali (7,9%); molto più contenuto il peso delle pensioni di invalidità (3,8%) e delle indennitarie (1,7%).
- L’importo medio annuo delle pensioni è pari a 11.695 euro, 213 euro in più rispetto al 2012 (+1,9%).
- I pensionati sono 16,4 milioni, circa 200 mila in meno rispetto al 2012; in media ognuno di essi percepisce 16.638 euro all’anno (323 euro in più del 2012) tenuto conto che, in alcuni casi, uno stesso pensionato può contare anche su più di una pensione.
- Le donne rappresentano il 52,9% dei pensionati e percepiscono assegni di importo medio pari a 13.921 euro (contro i 19.686 degli uomini); oltre la metà delle donne (50,5%) riceve meno di mille euro al mese, a fronte di circa un terzo (31,0%) degli uomini.
- Il 47,8% delle pensioni è erogato al Nord, il 20,5% nelle regioni del Centro e il restante 31,8% nel Mezzogiorno.
- I nuovi pensionati (le persone che hanno iniziato a percepire una pensione nel 2013) sono 559.634, mentre
- ammontano a 760.157 le persone che nel 2013 hanno smesso di esserne percettori (i cessati). Il reddito medio
- dei nuovi pensionati (13.152 euro) è inferiore a quello dei cessati (15.303) e a quello dei pensionati
- sopravviventi (16.761), coloro cioè che anche nel 2012 percepivano almeno una pensione.
- Circa un quarto (24,9%) dei pensionati ha meno di 65 anni, la metà (il 51,0%) un’età compresa tra 65 e 79 anni e il restante quarto (24,1%) ha 80 e più.
- Il 41,3% dei pensionati percepisce un reddito da pensione inferiore a 1.000 euro al mese, un ulteriore 39,4% tra 1.000 e 2.000 euro; il 13,7% percepisce tra 2000 e 3000 euro, mentre la quota di chi supera i 3.000 euro mensili è pari al 5,6% (4,3% tra 3.000 e 5.000 euro; 1,3% oltre 5.000 euro).
- I due terzi dei pensionati (67,1%) sono titolari di una sola pensione, un quarto (25,1%) ne percepisce due, mentre il 7,8% è titolare di almeno tre pensioni.
Aumenta la spesa per le pensioni
Nel 2013 il sistema pensionistico italiano ha erogato 23,3 milioni di prestazioni, per un ammontare complessivo pari a 272.746 milioni di euro; il valore corrisponde al 16,85% del prodotto interno lordo (Pil)2 e a un importo medio per prestazione pari a 11.695 euro. Rispetto al 2012, la spesa complessiva per pensioni è aumentata dello 0,7% e la quota sul Pil è cresciuta di 0,22 punti percentuali3. È quanto emerge dalla rilevazione annuale sui trattamenti pensionistici e sui loro beneficiari condotta dall’lstat e dall’lnps, a partire dai dati dell’archivio amministrativo – Casellario centrale dei pensionati4 – dove sono raccolte le informazioni sulle prestazioni pensionistiche erogate da tutti gli enti previdenziali italiani, pubblici e privati.
Le prestazioni pensionistiche sono classificate in sette gruppi: vecchiaia, invalidità, superstiti, indennitarie, invalidità civile, sociali e guerra (per le definizioni si rinvia al glossario). Poiché una singola persona può beneficiare di più pensioni appartenenti anche a tipologie diverse, la somma rispetto alle diverse tipologie può essere ottenuta solo con riferimento al numero di prestazioni.
Nel 2013 le pensioni di invalidità, vecchiaia e superstiti (Ivs) sono 18,2 milioni (il 78,2% del totale), per una spesa complessiva di 246.626 milioni di euro (il 90,4% del totale) e un importo medio annuo di 13.528 euro.
Le pensioni di vecchiaia o anzianità sono la maggioranza (il 52,3% dei trattamenti pensionistici) e presentano l’importo medio annuo più elevato, pari a 16.060 euro, per una spesa complessiva di 195.831 milioni di euro (il 71,8% del totale).
Le pensioni ai superstiti sono il 20,6% dei trattamenti pensionistici e assorbono il 14,8% della spesa (per un totale di 40.467 milioni di euro); il restante 5,2% delle prestazioni si riferisce agli assegni ordinari di invalidità e a pensioni di inabilità, che assorbono il 3,8% della spesa totale (10.328 milioni).
Le pensioni assistenziali rappresentano la seconda tipologia in termini di spesa: si tratta di 4,3 milioni di trattamenti che, con un importo medio annuo di 5.037 euro, assorbono una spesa pari a 21.588 milioni di euro (il 7,9% del totale). Sono in maggioranza costituite da pensioni di invalidità civile e dalle indennità di accompagnamento ad esse associate, le quali rappresentano il 13,7% delle prestazioni e assorbono il 5,8% della spesa.
Le pensioni indennitarie, infine, fanno rilevare una spesa complessiva di 4.532 milioni di euro (1,7% del totale), distribuita su 806 mila trattamenti, per un importo medio pari a 5.624 euro.
Nel 2013, la spesa pensionistica totale è cresciuta dello 0,7% rispetto all’anno precedente (Figura 2), passando da 270.720 a 272.746 milioni di euro. Tale crescita, a fronte di una diminuzione nel numero dei trattamenti erogati (-1,1%), è imputabile all’aumento dell’importo medio delle prestazioni erogate, pari all’1,9%.
Incrementi della spesa si registrano per le pensioni di vecchiaia (+0,8%), ai superstiti (+1,6%), per le indennitarie (0,4%), le invalidità civili (+1,2%) e per le pensioni sociali (+3,9%).
La diminuzione del numero dei trattamenti, solo parzialmente compensata dall’aumento degli importi medi erogati, determina il calo della spesa per le pensioni di invalidità (-3,7%), e di guerra (-2,5%).
Un pensionato su tre percepisce più di una pensione
Nel 2013 il numero dei titolari di prestazioni pensionistiche è di poco inferiore ai 16,4 milioni, valore in diminuzione rispetto al 2012 (-1,2%), quando era circa 16,6 milioni. Sebbene le donne rappresentino la quota maggioritaria sul totale dei pensionati (il 52,9%), gli uomini percepiscono il 55,8% dei redditi pensionistici: l’importo medio dei trattamenti percepiti dalle donne è, infatti, il 70,7% di quello degli uomini (13.921 contro 19.686 euro).
Al 31 dicembre 2013 i nuovi pensionati (quelli cioè che hanno iniziato a percepire almeno una pensione solo dopo il 31 dicembre 2012) sono 560 mila, mentre coloro che nel corso del 2013 hanno cessato di percepirne sono 760 mila. Ai nuovi pensionati è destinata una spesa complessiva di 7.361 milioni di euro, per un importo medio dei redditi pensionistici pari a 13.152 euro, inferiore a quello dei pensionati cessati (15.303 euro) e a quello dei pensionati sopravviventi (16.761 euro), percettori di almeno una pensione sia nel 2012 sia nel 2013.
Il complessivo calo dei beneficiari è in buona parte dovuto alla diminuzione degli ingressi di nuovi pensionati di vecchiaia. Erano 316 mila nel 2012, sono scesi a 245 mila nel 2013 (-22,5%) a fronte, inoltre, di un incremento del 12,8% del numero di pensionati di vecchiaia cessati (sono 412 mila nel 2013, erano 365 mila nel 2012).
Scende il numero dei pensionati di invalidità, tra i quali il numero di cessati è quasi il triplo di quello dei nuovi (125 mila contro 43 mila), e i percettori di pensioni indennitarie (10 mila nuovi pensionati contro 34 mila pensionati cessati).
In calo anche i pensionati di guerra, il gruppo più esiguo, per il quale il numero dei cessati è circa quindici volte quello dei nuovi (25 mila contro 1.600).
All’interno del gruppo dei titolari di più di una pensione (pari al 32,9% del totale dei pensionati), la presenza delle donne è prevalente e aumenta al crescere del numero dei trattamenti pro-capite (Figura 4): le pensionate rappresentano il 59,4% dei titolari di due pensioni, il 70,5% dei percettori di tre pensioni e il 73,9% dei titolari di quattro o più trattamenti.
La quota dei beneficiari di due o più pensioni si muove tra un minimo del 31,7% dei titolari di pensioni di vecchiaia e un massimo dell’88,5% dei percettori di pensioni di guerra; valori elevati si riscontrano tra i beneficiari di rendite indennitarie e di pensioni di invalidità civili (rispettivamente 74,8% e 78,1%). Queste ultime prestazioni si caratterizzano infatti per la forte presenza di indennità di accompagnamento ad esse associate.
Il gruppo più numeroso di pensionati (11,5 milioni) è quello dei titolari di pensioni di vecchiaia, che ricevono complessivamente 222.506 milioni di euro. Tra questi oltre i due terzi (il 68,3%) sono titolari di un’unica pensione (rappresentano il 62,4% del reddito destinato ai trattamenti di vecchiaia), il 4,7% riceve due o più pensioni di vecchiaia (25,6% del reddito), mentre il restante 27,0% è anche titolare di trattamenti appartenenti ad altre tipologie, che rappresenta tuttavia solo il 12,0% del reddito complessivo (Prospetti 5 e 6).
I titolari di pensioni ai superstiti sono 4,5 milioni e, complessivamente, ricevono 75.105 milioni di euro. Tra essi, il 67,6% è beneficiario anche di altre tipologie di trattamenti pensionistici, per un totale di 34.639 milioni di euro (pari al 46,1% del reddito pensionistico di tale gruppo di pensionati).
I beneficiari di pensioni di invalidità civile sono 2,6 milioni (il 64,6% è titolare anche di altre tipologie di prestazione), mentre i percettori di pensioni di invalidità ammontano a 1,2 milioni (il 58,2% riceve anche altre prestazioni).
I titolari di pensioni indennitarie sono 796 mila, circa i tre quarti (il 74,5%) cumulano tale prestazione con altre tipologie di pensione (e rappresentano il 67,6% del reddito pensionistico per pensioni indennitarie, pari a 13.996 milioni di euro). I beneficiari di pensioni e/o assegni sociali sono 838 mila (la spesa complessiva è di 7.914 milioni di euro), nel 41,2% dei casi ricevono anche altre tipologie pensionistiche.
II gruppo meno numeroso è quello dei titolari di pensioni di guerra (233 mila), destinatari di un reddito complessivo di 5.061 milioni di euro, tra i quali l’88,2% cumula anche altre tipologie di trattamenti pensionistici.
Quasi la metà delle pensioni viene erogata al Nord
Nelle regioni settentrionali si concentra circa la metà delle prestazioni pensionistiche (47,8%), dei pensionati (48,3%) e della spesa erogata (50,6%). Nelle regioni meridionali, la quota scende a un terzo (31,8% per le pensioni, 31,6% per i pensionati) e al 28,0% della spesa complessiva. Le regioni centrali ricevono il 20,5% dei trattamenti, ospitano il 20,1% dei pensionati e assorbono il 21,4% della spesa erogata.
Differenze territoriali si rilevano anche rispetto agli importi medi delle pensioni, che risultano più elevati nelle regioni settentrionali e in quelle centrali (rispettivamente del 5,9% e del 4,8% rispetto alla media nazionale) e più contenuti nelle regioni del Mezzogiorno (pari all’88,0% della media nazionale).
La distribuzione del numero delle prestazioni e dei loro beneficiari sul territorio è principalmente determinata dall’ammontare e dalla struttura per età della popolazione, mentre la distribuzione territoriale della spesa è influenzata anche dal tipo di attività economica esercitata dai titolari delle pensioni al momento del pensionamento e, dunque, dall’evoluzione nel tempo dell’occupazione.
Il coefficiente di pensionamento standardizzato fornisce una misura significativa dell’incidenza del numero dei beneficiari nelle diverse ripartizioni territoriali5, depurato dell’effetto della diversa struttura (per età e sesso) della popolazione che vi risiede. In rapporto alla popolazione, in particolare, emerge che il numero dei pensionati residenti nelle regioni settentrionali (258 per mille abitanti) è superiore sia a quello medio nazionale (253 per mille), sia a quello riferito alle regioni centrali (248 per mille) e meridionali (251 per mille abitanti)
Se si rapporta il numero dei pensionati alla popolazione occupata, nel 2013 in Italia ci sono 71 pensionati ogni 100 occupati. Il carico relativo è maggiore nel Mezzogiorno -dove il rapporto è di 86 pensionati ogni 100 occupati – mentre è più contenuto nelle regioni settentrionali, dove il rapporto di dipendenza è di 65 a 100. A livello nazionale, tra il 2003 e il 2013 il rapporto di dipendenza è rimasto sostanzialmente stabile, passando da 72 a 71 pensionati ogni 100 occupati. Una dinamica di decrescita si osserva per il Nord e ancor più per il Centro, mentre nel Mezzogiorno l’indicatore cresce, passando da 80 a 86 pensionati ogni 100 occupati, principalmente a causa del forte calo degli occupati negli anni della crisi.
Tre pensionati su quattro sono over64
Il 75,1% dei pensionati ha più di 64 anni (Figura 6); tuttavia una quota consistente è rappresentata anche dai percettori di età inferiore: il 21,2% dei pensionati ha un’età compresa tra 40 e 64 anni e il 3,7% ha meno di 40 anni.
Alcune tipologie di pensioni sono erogate anche a soggetti non anziani (di età inferiore ai 65 anni) per effetto delle norme che regolano l’accesso alle prestazioni. Ciò accade per quote rilevanti di pensioni indennitarie (36,2%), così come di pensioni d’invalidità (30,9%), anche civile (42,4%). Nel caso dell’invalidità civile, il 6,5% è erogato a soggetti under15. La presenza di persone di età inferiore ai 14 anni tra i percettori di pensioni ai superstiti o indennitarie dipende dalla vigente normativa sui trattamenti indiretti. Infine, e pensioni di guerra si concentrano tra gli over80, che rappresentano ben il 63,3% dei titolari di tali trattamenti.
Quattro pensionati su dieci percepiscono meno di mille euro
Il 33,7% delle pensioni è di importo mensile inferiore a 500 euro (incidendo per l’11,1% sulla spesa pensionistica complessiva) e una quota analoga (32,4%) raggruppa le prestazioni con importo tra i 500 e 1.000 euro. Al crescere degli importi diminuisce la quota dei trattamenti erogati: il 23,4% dei trattamenti ha un importo compreso tra 1.000 e 2.000 euro mensili, il 7,6% tra 2000 e 3000 euro, il 3,0% supera i 3.000 euro mensili.
Poiché più trattamenti possono essere erogati allo stesso beneficiario, solo il 41,3% dei pensionati percepisce meno di 1.000 euro mensili, il 39,3% riceve tra 1.000 e 2.000 euro, il 13,7% r tra 2.000 e 3.000 euro, mentre il 5,6% percepisce importi mensili superiori a 3.000 euro.
Gli importi erogati agli uomini sono mediamente più elevati di quelli percepiti dalle donne: redditi fino a 500 euro sono erogati all’11,9% dei pensionati, contro il 14,6% delle pensionate, mentre il 9,0% degli uomini riceve un ammontare superiore ai 3.000 euro mensili, contro il 2,6% delle donne.
In oltre i tre quarti dei casi (76,0%) i titolari di pensioni sociali percepiscono redditi di importo mensile inferiore a 1.000 euro (il 38,9% non supera i 500 euro). La quota scende a meno della metà tra i pensionati di invalidità, anche civile (rispettivamente 44,7% e 40,8%) e a meno di un terzo tra i titolari di pensioni di vecchiaia (29,9%) e tra i superstiti (34,6%). Escludendo i beneficiari di pensioni sociali, la quota più elevata di redditi che non superano i 500 euro si registra tra i titolari di pensioni di invalidità civile: sono il 27,8 contro il 21,1% registrato per le indennitarie, l’8,1% dei superstiti, il 5,5% delle pensioni di invalidità e il 5,0% di quelle di vecchiaia.
I titolari di pensioni di vecchiaia (il 25,6%), di pensioni indennitarie (26,3%) e i pensionati di guerra (32,2%) sono invece i più presenti nelle classi di reddito pensionistico superiori a 2.000 euro mensili.
In lieve aumento la spesa per pensioni sul Pil
Nel 2013, l’incidenza della spesa complessiva per prestazioni pensionistiche sul Pil è aumentata rispetto all’anno precedente (dal 16,63% al 16,85%). Il tasso di pensionamento (dato dal rapporto tra il numero delle pensioni e la popolazione residente) scende a 38,37 (era 38,79 nel 2012) e l’indice di beneficio relativo (rapporto tra l’importo medio delle pensioni e il Pil per abitante) subisce un incremento dal 42,87% del 2012 al 43,91% del 2013.
L’incidenza della spesa pensionistica sul Pil rimane stabile per le pensioni indennitarie e di guerra, registra un lieve calo per quelle di invalidità (dallo 0,66% allo 0,64%), mentre aumenta per tutte le altre tipologie di prestazioni, ed è massima per quelle di vecchiaia, che passano dal 11,94% del 2012 al 12,10% del 2013.
Rispetto al settore di intervento, l’incidenza sul Pil della spesa pensionistica di natura previdenziale, pari a 15,10%, è aumentata di 0,33 punti percentuali, a fronte di una spesa assistenziale rimasta sostanzialmente invariata.
Articolo tratto da: ISTAT Istituto nazionale di statistica