Accanto ai fenomeni del turismo procreativo e sessuale gli italiani stanno iniziando quello del divorzio facile all’estero. In Italia bisogna infatti attendere almeno 4 anni se si procede consensualmente nelle due procedure si separazione e divorzio ed anche fino a 13 anni se la separazione ed il divorzio hanno seguito un iter giudiziario. Stime di settore calcolano che, negli ultimi 5 anni, almeno 8 mila coppie italiane hanno divorziato all’estero.
“L’alternativa al nostro pachidermico iter processuale è rivolgersi alle giurisdizioni straniere: quella ecclesiastica per la dichiarazione di nullità del matrimonio o quelle della maggior parte degli Stati membri dell’Europa per il divorzio lampo”, dice l’avv. Gian Ettore Gassani, Presidente nazionale dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani. “In Europa – continua – soltanto in Italia, Polonia, Malta ed Irlanda del Nord esiste ancora la fase della separazione. Le insopportabili attese dei nostri compatrioti per ottenere lo stato libero in Italia stanno alimentando l’escamotage di chiedere giustizia in Francia, Inghilterra, Spagna, Romania ecc… ed ottenere un divorzio immediato (in media circa 6 mesi) e con spese legali ridotte all’osso. La scorciatoia per porre fine ad un matrimonio sbagliato è data dal regolamento nr. 44/2001 del Consiglio Europeo che disciplina il diritto commerciale ma anche quello privato europeo: esso lascia dedurre la possibilità di pronunciare una sentenza di divorzio da parte di un qualunque Tribunale dell’UE a patto che i coniugi siano stabilmente residenti in quel Paese (la prassi richiede almeno da 6 mesi ma non c’è una norma transitoria che lo specifichi in modo più chiaro). L’iter è questo: si prende in affitto un appartamento all’estero, ci si fa intestare il contratto di affitto incluse le bollette ed infine si chiede la residenza. Sei mesi dopo si fa istanza di divorzio al Tribunale straniero prescelto ed in pochi mesi si torna in Italia con una copia conforme della sentenza di divorzio che l’ufficiale di stato civile italiano dovrà semplicemente trascrivere. Tali documenti debbono essere solo apostillati, cioè tradotti in italiano con dichiarazione dell’interprete sulla fedeltà del testo all’originale. Questi divorzi non entrano nel calderone del censimento Istat (la cui scheda dev’essere compilata soltanto presso i Tribunali italiani all’interno dei quali si celebrano le separazioni ed i divorzi)”.
Articolo tratto da: AMI - Ass.ne avv.ti matrimonialisti italiani