Reati ambientali e societari.
A maggio di quest’anno la legge n. 68/2015 (Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente.) e la legge n. 69/2015 hanno aggiornato la disciplina in materia ambientale e societaria dando un forte giro di vite al regime sanzionatorio non soltanto prevedendo nuove ipotesi di reato, ma anche innalzando la soglia della sanzione che per le imprese ha principalmente carattere economico.
Con riferimento alla materia ambientale si è di fronte ad una vera e propria riforma copernicana, laddove dall’analisi della novella emerge come il Legislatore abbia considerato come il vero bene interesse tutelato, non più i danni sofferti dall’uomo in conseguenza dei fatti inquinanti, bensì l’ambiente in quanto tale.
È proprio in quest’ottica che probabilmente va letta la scelta legislativa di aumentare le pene per molte ipotesi di reato. Innalzamento del limite edittale che avrà come immediata conseguenza l’impossibilità di applicare la nuova causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p.p (Particolare tenuità del fatto).
La legge 68/15 ha soprattutto introdotto all’interno del codice penale il nuovo Titolo VI-bis, “Dei delitti contro l’ambiente”, prevedendo un preciso elenco di reati ambientali, i cui principali sono:
- inquinamento ambientale, chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
- disastro ambientale, chiunque, fuori dai casi crollo di costruzioni e disastri dolosi, abusivamente cagiona un disastro ambientale. Costituiscono disastro ambientale alternativamente: l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema; l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.
Da queste due nuove ipotesi di reato emerge chiaramente il nuovo approccio a difesa dell’ambiente sopra delineato. Da una parte il riferimento al concetto di abusività implica che l’azione dannosa sarà sanzionata a prescindere che sia stata posta in essere in violazione di legge; dall’altro il Legislatore delimita l’azione ad uno spazio ben definito riferendosi ad un ecosistema e non all’ambiente nel suo complesso.
Altra novità apportata dalla riforma è l’introduzione del reato di omessa bonifica, della misura obbligatoria dell’ordine di ripristino dello stato dei luoghi, nonché di varie ipotesi di aggravanti e attenuanti.
Vale poi la pena soffermarsi sulla prevista possibilità di un ravvedimento operoso che ha come rilevante conseguenza un alleggerimento delle sanzioni. In particolare è possibile approfittare di tali sconti nei casi in cui: 1) si agisce per evitare le ulteriori conseguenze del danno; 2) prima che inizi il giudizio, ci sia adoperati per la messa in sicurezza, la bonifica e, ove possibile, il ripristino dello stato dei luoghi.
Ugualmente da segnalare sono l’introduzione delle ipotesi di confisca, il ripristino dello stato dei luoghi, come pure sanzioni previste in caso di omessa bonifica da parte di chi vi sia obbligato per legge, per ordine del giudice, ovvero di un’autorità pubblica.
Infine, senza addentrarsi nella loro disamina, altre ipotesi di reato sono quelle relative al traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività ed ai casi di impedimento del controllo (che espressamente richiama anche la disciplina in materia di sicurezza e salute sul lavoro).
La legge 69/15 invece ha apportato, come detto, rilevanti modifiche in materia di reati societari. Tuttavia va subito segnalato che rispetto all’impianto normativo proposto con la riforma dei reati ambientali, quello relativo alla riforma in questa materia si presenza senz’altro meno coerente e maggiormente passibile di interpretazioni non coerenti. In particolar modo ci si riferisce alla esatta (in ottica giuridica) individuazione delle nozioni di fatti materiali rilevanti da una parte e di valutazioni dall’altra.
Va allo stesso tempo sottolineato che finalmente la novella ha riportato queste ipotesi di reato nell’ambito dei reati di pericolo (concreto), mentre precedentemente erano inquadrati nell’ambito della categoria dei reati di danno. Ciò in ragione delle caratteristiche intrinseche, dell’operatività e delle conseguenze connesse all’informazione societaria ed alla necessità di tutelarne tanto la veridicità che la compiutezza. Veridicità e compiutezza che in una prospettiva di impresa e mercato sono i veri beni interessi tutelati dalla norma penale.
Vediamo le ipotesi di reato.
Reato di false comunicazioni sociali per le società non quotate (art. 2621 c.c.).
In primo luogo va ricordato che questo reato non è più qualificato come una contravvenzione bensì come un delitto, il che significa in concreto che la sanzione per l’impresa sarà sensibilmente più gravosa; punisce gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore. Ciò anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
L’azione criminosa si concretizzerà quindi in una esposizione falsa o reticente volta a determinare una rappresentazione societaria distorta.
Reato di false comunicazioni sociali (art. 2621 bis c.c).
In relazione ai fatti previsti per l’ipotesi disciplinata dall’art. 2621 c.c. è stata inserita la previsione di lieve entità per la cui individuazione dovrà essere tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta.
Reato di false comunicazioni sociali delle società quotate (art. 2622 c.c.).
Questa ipotesi di reato punisce gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico consapevolmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore.
Si segnala che la Corte di Cassazione con la sentenza 33774 del 30 luglio 2015 ha fortemente ridimensionato il nuovo reato di falso in bilancio fornendo una interpretazione letterale e particolarmente stringente.
La Cassazione ha affermato che l’imprenditore può essere punito solo per i fatti non veri con esclusione dell’operatività sulle valutazioni poiché il nuovo testo circoscrive la punibilità ai soli dati oggettivi. Nelle motivazione della sentenza tuttavia emergono le preoccupazioni della Corte la quale sottolinea la necessità di un’attente verifica degli ”ambiti applicativi della nuova fattispecie di reato delle false comunicazioni sociali, ove si consideri che la maggior parte delle poste in bilancio altro non è se non l’esito di procedimenti valutativi e, quindi, non può essere in alcun modo ricondotta nell’alveo dei soli fatti materiali, come previsti dalla normativa introdotta dalla legge 69/2015”.
Vale la pena ricordare che entrambe le riforme incideranno notevolmente anche sui modelli 231 (tra l’altro il d.lgs. 231/01 viene esplicitamente richiamato dalle riforme) con la conseguenza che tutte le imprese che dovessero aver già adottato un modello 231 dovranno necessariamente intervenire ad aggiornare tutti i processi di controllo nonché la parte generale, in modo da adeguarsi alle novità appena introdotte.