Il 38,5% dei direttori generali di Asl e aziende ospedaliere intervistati ha una laurea in ambito medico, circa un quarto ha una laurea in giurisprudenza, quota che sale al 40% al Sud-Isole. Quanto alle esperienze professionali pregresse, quasi il 61% ha operato in ambito medico-sanitario, il 23,5% ha avuto esperienze professionali in ambito economico e poco meno del 16% in ambito politico; al Sud però è oltre il 44% ad avere lavorato in ambito politico e una quota analoga in ambito economico.
Sono questi due dei risultati emersi dalla indagine su un panel di 51 direttori generali di Asl e aziende ospedaliere realizzata dal Censis con la collaborazione della Fiaso che ha consentito di delineare il profilo dei direttori generali nonché il loro punto di vista sul Servizio sanitario in Italia.
Le competenze più importanti per i direttori generali sono quelle gestionali, tipicamente manageriali, indicate da oltre il 72% degli intervistati, poi quelle politiche e di governance (17,6%), e quelle comunicative e relazionali (13,7%). Oltre un quarto degli intervistati sottolinea di avere un potere decisionale a sovranità limitata, di operare in un processo decisionale eterodiretto da vincoli normativi e finanziari troppo stringenti; in particolare è il 55,6% al Sud-Isole a parlare di eccessivi vincoli esterni di natura politica e finanziaria ed il 44,4% di vincoli normativi stringenti.
A pesare è il condizionamento della politica, visto che oltre il 63% dei direttori generali intervistati definisce i rapporti con i sovraordinati della sfera politica molto o abbastanza intensi; è in particolare nelle regioni del Sud che il rapporto con la politica è totalizzante, tanto che tutti gli intervistati definiscono i rapporti molto o abbastanza intensi, al Nord è, invece, il 51,5% a definirli molto o abbastanza intensi, mentre al Centro è meno del 44%.
Il 67% degli intervistati indica che negli ultimi anni la propria azienda ha aumentato gli investimenti in progetti di innovazione (in particolare al Nord) soprattutto nell’organizzazione dei processi interni (92,3%), nelle tecnologie (90,4%) e nei sistemi informativi interni (77,6%); i principali vincoli per l’azione innovativa indicati dai direttori generali intervistati sono l’inadeguatezza delle risorse (indicata dal 55,8%) e l’atteggiamento critico e diffidente da parte dei soggetti coinvolti (il 40,4%, il 50% al Nord).
Quanto ai problemi più generali della sanità, i direttori generali intervistati indicano la ridotta strutturazione della medicina del territorio (indicata dal 70% degli intervistati, il 76% al Nord), le poche risorse rispetto ai fabbisogni reali (70%), la poca attenzione alla cultura e alla pratica manageriale (36%), l’eccesso di ospedali rispetto ai bisogni assistenziali attuali (34%). Per migliorare l’offerta sanitaria viene proposta l’attivazione di un confronto verificabile e trasparente delle performance dei vari provider (66%, 80% al Nord), la costruzione di un sistema organico per la diffusione e il trasferimento delle best practice (64%). Quasi l’81% è favorevole a valorizzare il privato, sottoponendolo però a controlli più rigorosi, mentre meno del 20% (ma è il 28,6% al Centro) vuole un’offerta tutta pubblica.
Diversità importanti sono emerse tra i direttori generali che operano nelle Regioni con Piani di rientro (RPR) e quelli delle altre regioni; nelle prime è più forte la presenza di direttori generali senza formazione universitaria di tipo medico-sanitaria e/o esperienza professionale pregressa in ambito medico-sanitario; infatti, nelle RPR è il 30% degli intervistati ad avere una laurea di tipo medico (il 44% nelle altre regioni) ed il 20% di tipo economico-statistico (nessun direttore generale intervistato ha tale tipo di laurea nelle altre regioni); il 33% dei direttori generali delle RPR, di contro al 15,6% nelle altre regioni, non ha avuto alcuna esperienza precedente come direttore generale in sanità, il 56,1% dei direttori generali delle RPR (di contro al 26,7% delle altre regioni) ha avuto esperienze professionali in settori diversi della sanità.
Nelle RPR tra i direttori generali è più forte la convinzione di essere sotto tutela visto che è il 40%, rispetto al modello decisionale della propria azienda, a parlare di una sovranità limitata di contro al 19,4% nelle altre regioni; inoltre, oltre il 71% definisce i propri rapporti con i sovraordinati della politica molto o abbastanza intensi rispetto al 58% circa nelle altre regioni.
Articolo tratto da: CENSIS - Centro Studi Investimenti Sociali