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    Il reddito di cittadinanza rileva ai fini della soglia di reddito per il gratuito patrocinio

    Redazionedi Redazione7 Maggio 2021Aggiornato il:7 Maggio 2021
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    Il reddito di cittadinanza rileva ai fini della soglia di reddito per il gratuito patrocinio Gratuito patrocinio

    L’Agenzia delle Entrate nel rispondere a specifico interpello ha chiarito che il beneficio del reddito di cittadinanza rileva ai fini della determinazione del reddito per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e, conseguentemente, non può essere ammesso al beneficio il soggetto che per effetto dell’erogazione di tali somme superi il limite di reddito previsto in materia (art. 76 DPR 115/2002).

    L’AE ha ricordato che, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello stato, per la determinazione dei limiti rilevano anche i redditi che non sono stati assoggettati ad imposte vuoi perché non rientranti nella base imponibile, vuoi perché esenti, vuoi perché di fatto non hanno subito alcuna imposizione.
    Ne consegue che rilevano anche i redditi da attività illecite o i redditi per i quali l’imposizione fiscale è stata esclusa.

    Inoltre, si deve tener conto, nel periodo di imposta in cui sono percepiti, di tutti i redditi, anche se non sottoposti a tassazione, perché il legislatore, al fine di stabilire se la persona possa o meno fruire del patrocinio a spese dello Stato, non ha inteso limitarsi a prendere in considerazione i redditi dichiarati o comunque da dichiararsi in un determinato periodo di imposta, ma ha voluto prendere in considerazione tutti i redditi (persino quelli derivanti da attività illecita) dalla persona effettivamente percepiti o posseduti, anche se esclusi dalla base imponibile.

    Segue il testo della risposta all’interpello:
    L’istituto del reddito di cittadinanza è stato introdotto con il decreto legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni con la legge 28 marzo 2019, n. 26.
    In particolare, il comma 1 dell’articolo 1 del citato decreto legge ha istituito il reddito di cittadinanza «quale misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro».
    Si tratta, nello specifico, di un sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari associato ad un percorso di reinserimento lavorativo e di inclusione sociale, di cui i beneficiari sono protagonisti sottoscrivendo un Patto per il lavoro ed un Patto per l’inclusione sociale.
    Il reddito di cittadinanza è riconosciuto esclusivamente al ricorrere di requisiti soggettivi e reddituali, espressamente previsti dal medesimo decreto legge, che definiscono la condizione economica rilevante per l’erogazione del sussidio.
    Come si evince dal comma 1 dell’articolo 3 del decreto legge n. 4 del 2019 il beneficio economico è costituito da due componenti «ad integrazione del reddito familiare».
    Il comma 4, del citato articolo 3, precisa che «Il beneficio economico di cui al comma 1 è esente dal pagamento dell’IRPEF ai sensi dell’articolo 34, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601». Quest’ultima disposizione prevede che «I sussidi corrisposti dallo Stato e da altri enti pubblici a titolo assistenziale sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche e dall’imposta locale sui redditi nei confronti dei percipienti».
    Ai fini del calcolo da dover effettuare per aver diritto al reddito di cittadinanza, inoltre, il reddito imponibile che occorre valutare è quello risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi al cui ammontare devono essere sommati anche altri redditi tra cui eventuali altri redditi percepiti ma esenti ai fini Irpef.
    Premesso che non sussistono dubbi circa la non imponibilità delle somme erogate, per quanto concerne la questione prospettata dall’Istante circa l’inclusione del reddito di cittadinanza nel calcolo della soglia ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio, si ritiene opportuno svolgere le seguenti considerazioni.
    Con il decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, contenente disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, sono state previste, tra l’altro, le condizioni per poter essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato.
    Secondo la disposizione attualmente in vigore, in particolare, il comma 1 dell’articolo 76 stabilisce che può essere ammesso al gratuito patrocinio «chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro 11.493,82».
    Il successivo comma 2 prevede, inoltre, che «il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante».
    Ai fini della determinazione dei limiti di reddito per poter accedere al beneficio, il comma 3 del medesimo articolo prevede, infine, che «si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva».

    Deve essere ricordato, a tale proposito, che con la risoluzione 21 gennaio 2008, n. 15/E, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti circa la definizione di reddito imponibile contenuta nel citato articolo 76 del d.P.R. n. 115 del 2002 in merito al gratuito patrocinio.
    Nel citato documento di prassi è stato chiarito che il reddito cui far riferimento al fine di determinare se sussistono le condizioni per l’accesso al gratuito patrocinio è il reddito imponibile ai fini dell’Irpef, così come definito dall’articolo 3 del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), integrato dagli altri redditi indicati dallo stesso articolo 76 del d.P.R. n. 115 del 2002.
    La Corte di Cassazione ha affermato che “ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello stato, per la determinazione dei limiti di reddito rilevano anche i redditi che non sono stati assoggettati ad imposte vuoi perché non rientranti nella base imponibile, vuoi perché esenti, vuoi perché di fatto non hanno subito alcuna imposizione; ne consegue che rilevano anche i redditi da attività illecite ovvero i redditi per i quali l’imposizione fiscale è stata esclusa” (Cfr. Cassazione penale, sez. IV, sentenza 12 ottobre 2010, n. 36362).
    Circa la determinazione del reddito per l’ammissione al gratuito patrocinio, ulteriori pronunce giurisprudenziali hanno precisato che “si deve tener conto, nel periodo di imposta in cui sono percepiti, di tutti i redditi, anche se non sottoposti a tassazione, perché il legislatore, al fine di stabilire se la persona possa o meno fruire del patrocinio a spese dello Stato, non ha inteso limitarsi a prendere in considerazione i redditi dichiarati o comunque da dichiararsi in un determinato periodo di imposta, ma ha voluto prendere in considerazione tutti i redditi (persino quelli derivanti da attività illecita) dalla persona effettivamente percepiti o posseduti, anche se esclusi dalla base imponibile” (Cfr. Cassazione – Ordinanza n. 24378 del 2019).
    Sulla base delle suesposte considerazioni, si concorda con la soluzione prospettata dall’Istante ovvero che il beneficio del reddito di cittadinanza rilevi ai fini della determinazione del reddito per l’ammissione al gratuito patrocinio e, conseguentemente, che non possa essere ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato il soggetto che per effetto dell’erogazione di tali somme superi il limite di reddito a tal fine previsto.

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