Con 265 sì, 51 no e 63 astenuti la Camera, nella seduta del 24 febbraio 2015, ha approvato in via definitiva la proposta di legge (C. 2738 e abb.) sulla “Disciplina della responsabilità civile dei magistrati” già approvata dal Senato. La norma interviene modificando la legge Vassalli (Legge 13 aprile 1988, n. 117)
I punti principali della nuova legge sulla responsabilità civile sono i seguenti:
Ampliato l’ambito delle azioni risarcitorie ai danni che non derivano da privazione della libertà personale. Chi ha subito un danno per effetto di un comportamento o un atto di un giudice che abbia agito con dolo o colpa grave o per diniego di giustizia (ovvero in caso di rifiuto, ritardo od omissione nel compimento di un atto giudiziario) potrà agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, anche se i danni non derivano da privazione della libertà personale. Secondo la disciplina ante riforma l’azione risarcitoria è limitata al risarcimento dei danni patrimoniali non patrimoniali derivanti da privazione della libertà personale.
È eliminata la clausola di salvaguardia. La legge Vassalli prevede (art. 2, comma 2) che “nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove”. Con le nuove norme questa clausola di salvaguardia viene limitata: non si applica ai casi di dolo e colpa grave.
Ridefinite le fattispecie di “colpa grave” ed è introdotto il “travisamento del fatto e delle prove” come causa di responsabilità. Violazione manifesta della legge o del diritto dell’Ue; travisamento del fatto o delle prove (che costituisce la novità più rilevante); affermazione di un fatto la cui esistenza è esclusa incontrastabilmente dagli atti del procedimento o negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento; emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dai casi consentiti dalla legge o senza motivazione. Per la determinazione dei casi in cui si configura la violazione manifesta della legge si dovrà tenere conto “del grado di chiarezza e precisione delle norme violate nonché dell’inescusabilità e gravità dell’inosservanza”.
Crescono da due a tre anni i tempi per presentare domanda di risarcimento del danno. La data decorre dal momento in cui l’azione è esperibile, ovvero da quando i mezzi ordinari di impugnazione o gli altri rimedi previsti contro i provvedimenti cautelari siano stati già utilizzati o da quando sia esaurito il grado del procedimento nell’ambito del quale si è verificato il fatto che ha causato il danno.
Eliminato il filtro all’ammissibilità dei ricorsi. Il provvedimento abroga del tutto l’articolo 5 della legge Vassalli che prevedeva il filtro di ammissibilità del tribunale in ordine alla domanda di risarcimento presentata dal cittadino.
Conservato il principio della responsabilità indiretta del magistrato. È stato mantenuto il principio della responsabilità indiretta del magistrato, per cui il cittadino, che ritiene di essere stato danneggiato dalla condotta del giudice, dovrà rivolgersi allo Stato, che a sua volta eserciterà azione di rivalsa sul magistrato, il tutto entro due anni dal risarcimento e fino a un massimo della metà di un anno di stipendio (oggi il limite è fissato a due terzi dello stipendio).
Aumenta la misura della rivalsa fino a un massimo della metà di un anno di stipendio. La proposta di legge ridefinisce la misura della rivalsa aumentandola fino a un massimo della metà di un anno di stipendio (oggi il tetto è fissato a un terzo, art. 8, comma 3), al netto delle trattenute fiscali. Nessun limite, invece, se il fatto è commesso con dolo. Lo stipendio da considerare è quello percepito dal magistrato al tempo in cui l’azione di risarcimento viene proposta. La soglia non cambia anche se dal fatto è derivato un danno a più persone che hanno agito con distinte azioni di responsabilità. Se l’esecuzione della rivalsa viene effettuata attraverso una trattenuta sullo stipendio non può comportare complessivamente il pagamento per rate mensili in misura superiore a un terzo dello stipendio netto.
Più tempo per esercitare la rivalsa contro il magistrato. Secondo il ddl, entro due anni (oggi è un anno, art. 7, comma 1) dal risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale, il presidente del Consiglio ha l’obbligo di esercitare l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato nei seguenti casi: diniego di giustizia oppure quando la violazione manifesta della legge nazionale o europea oppure il travisamento del fatto o delle prove sono stati determinati “da dolo o negligenza inescusabile”. L’ambito di responsabilità dello Stato è quindi più ampio di quello della rivalsa.