Lo stress lavoro-correlato è una condizione psico-fisica che colpisce alcuni individui incapaci di rispondere adeguatamente alle richieste e alle sollecitazioni emotive in ambito lavorativo. Questo concetto è stato definito nell’Accordo Europeo sullo stress sul lavoro siglato a Bruxelles l’8 Ottobre 2004. La normativa europea in materia è stata recepita con l’emanazione del Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro. Lo Studio Legale di Roma Gerardo Vesci & Partners offre una generale panoramica normativa e giurisprudenziale sullo stress lavoro-correlato.
L’art. 28 comma 1 D. Lgs. 81/2008, che disciplina in linea di principio la valutazione dei rischi sul posto di lavoro, contiene un richiamo all’Accordo Quadro del 2004, cui la disposizione rimanda per una definizione completa del concetto di stress lavoro-correlato. Secondo il dettame europeo lo stress non è una malattia ex se ma una condizione che può causare inefficienza sul lavoro. L’esposizione prolungata a sovrasollecitazioni intense, cui il lavoratore alla lunga non riesce a far fronte, è in grado di arrecare sofferenze o disfunzioni fisiche, psichiche e psicologiche. Questa condizione può provocare il burnout, una sindrome di carattere stressogeno.
Il rapporto fra infortuni sul lavoro e stress è assai complesso. In linea di massima si può affermare l’esistenza di una correlazione statistica fra infortuni e stress, e il datore di lavoro è chiamato a dimostrare l’inesistenza del nesso eziologico degli eventi.
La valutazione dei rischi da stress lavoro-correlato
L’art. 29 D. Lgs. 81/2008 obbliga il datore di lavoro, affiancato dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione e dal medico competente, a redigere una valutazione dei rischi sul posto di lavoro. Questa relazione, secondo l’art. 29 comma 2, deve riportare:
- I rischi riscontrati per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa.
- L’indicazione delle misure di prevenzione e il programma e delle misure da prendere nel tempo, indicandone le procedure.
- Il nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e di altre figure addette al controllo sicurezza.
Le mansioni che potrebbero esporre i lavoratori a rischi particolari.
In questa valutazione dei rischi rientra anche quella dello stress lavoro-correlato. Le linee-guida sono state diramate dalla Commissione Consultiva Permanente per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro, come previsto dall’art. 6 comma 8 lettera m-quater del D. Lgs. 81/2008. Questa valutazione dei rischi di stress lavoro-correlato si divide in una fase preliminare (obbligatoria) e in una approfondita (eventuale).
Valutazione preliminare
Gli indicatori di rischio oggettivi e verificabili da valutare appartengono a tre categorie:
- Eventi sentinella, che mettono in luce possibili disagi in azienda (numerose assenze, lamentele specifiche, richieste di trasferimenti interni ecc.).
- Fattori di contenuto del lavoro, inerenti all’organizzazione del lavoro (mansioni, turni, orari).
- Fattori di contesto del lavoro, legati all’ambiente (areazione, ergonomia, illuminazione).
Qualora gli eventuali correttivi predisposti per risolvere le criticità emerse si rivelano inefficaci durante la fase di monitoraggio, il datore di lavoro deve effettuare una valutazione approfondita.
Valutazione approfondita
In questa fase il datore di lavoro deve ottenere informazioni direttamente dal gruppo di lavoratori a rischio stress lavoro-correlato. L’oggetto dell’indagine interna, che può essere effettuata con diverse modalità (riunioni, focus group, questionari), riguarda la percezione personale dei rischi, al fine di giungere a una diagnosi precisa del problema.
Risarcimento del danno e stress lavoro-correlato: l’onere probatorio
La casistica dei pregiudizi relativi allo stress lavoro-correlato è molto ampia e non può essere ridotta a uno schema esaustivo. In generale però si riconoscono conseguenze negative sulla produttività aziendale, sulla vita personale e relazionale e sulla condizione psico-fisica, il cui deterioramento può cagionare infortuni sul lavoro o malattie, a volte anche fatali.
Le più comuni situazioni che favoriscono l’insorgenza di disagi esistenziali o di patologie sono i ritmi usuranti, la pessima gestione, aziendale e umana, dei carichi di lavoro e delle risorse e lo svolgimento di mansioni non ritenute consone alle proprie capacità professionali.
Lo stress lavoro-correlato ha conseguenze di carattere civile e penale.
Riguardo all’aspetto risarcitorio la giurisprudenza è stata piuttosto ondivaga, non avendo riconosciuto un uniforme indirizzo. Un punto fermo si rileva nella sentenza n° 9945 dell’8 maggio 2014 della Corte di Cassazione sez. lavoro. La Suprema Corte ha riconosciuto un nesso di causalità fra il decesso per infarto di un dipendente e i ritmi lavorativi insostenibili a cui era sottoposto. Le 11 ore giornaliere in ufficio e il lavoro extra a casa, risultato di un inefficiente e dannoso modello organizzativo, hanno provocato nel lavoratore uno stress tale da favorire l’insorgere, in via concausale, patologie cardiovascolari. Il rapporto eziologico è stato riconosciuto anche dalla CTU medico-legale.Per questo motivo gli Ermellini hanno confermato il risarcimento danni a carico del datore di lavoro.
In un’altra sentenza (Cass. n° 2038/2013) i giudici hanno chiarito aspetti inerenti all’onere probatorio in materia di stress lavoro-correlato. La Corte di Cassazione ha ribadito l’inesistenza di una responsabilità oggettiva da parte del datore di lavoro, sulla base dell’art. 2087 c.c..
La conferma, a carico del lavoratore, dell’onere probatorio del danno subito comporta la prova di un rapporto di causa-effetto fra circostanze pregiudizievoli sul posto di lavoro e danno subito. In caso di accertamento del pregiudizio, il datore di lavoro è chiamato a dimostrare l’adozione di tutte le misure e cautele necessarie ad impedire l’accadimento del danno o della malattia, che non sarebbero quindi imputabili all’inosservanza degli obblighi imposti dalla legge.