La trascrizione del matrimonio omosessuale celebrato all’estero è legittima purché il coniuge non sia cittadino italiano.
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Affinché il matrimonio celebrato all’estero abbia valore in Italia, deve essere trascritto nei registri dello stato civile del Comune italiano competente.
A norma dell’art. 65 della L. n. 218/1995 (riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato), infatti, i provvedimenti stranieri relativi ai rapporti di famiglia, ove siano legittimamente pronunciati dalle autorità dello Stato estero, hanno piena efficacia in Italia.
Da ciò deriva l’obbligo della trascrizione automatica dei matrimoni celebrati all’estero, senza che sia necessaria una ulteriore procedura di valutazione e riconoscimento del provvedimento stesso.
L’unico limite alla trascrivibilità dei matrimoni celebrati all’estero, è l’ordine pubblico.
Ordine pubblico e trascrizione dei matrimoni omosessuali celebrati all’estero
Per ordine pubblico si intende l’insieme dei principi etici, economici, politici e sociali inderogabili che, in un dato momento storico, determinano i caratteri essenziali di un Paese.
Ebbene, ai fini della validità del matrimonio, in Italia la differenza tra i sessi è sempre stata definita norma di applicazione necessaria, ossia inderogabile.
Con una circolare del 2014, il Ministro dell’Interno aveva addirittura imposto il divieto assoluto di trascrizione dei matrimoni omosessuali celebrati all’estero, essendo l’eterosessualità requisito di ordine pubblico.
Con l’introduzione nel nostro ordinamento della legge Cirinnà del 2016 (n. 76/2016), che ha riconosciuto e disciplinato nell’ordinamento italiano le unioni tra persone dello stesso sesso, il requisito della eterosessualità nella coppia ha perso la connotazione di principio essenziale, ciò anche alla luce della sempre più costante evoluzione socio-culturale in materia, sia nazionale che internazionale.
Ad ogni buon conto tale apertura non è stata sufficiente a ritenere legittima la trascrizione dei matrimoni omosessuali celebrati all’estero, lasciando dunque invariata la fisionomia del matrimonio (così come tradizionalmente inteso), improntata alla diversità di sesso tra i coniugi.
Numerose le critiche in merito: da una parte chi riconosceva nella inderogabile eterosessualità ai fini della trascrizione del matrimonio, un fallimento sociale; dall’altra chi invece, a prescindere da ciò, riteneva non necessario un ulteriore vaglio su un atto già ritenuto legittimo dallo stato che lo ha emesso, al pari di qualunque altro provvedimento o sentenza.
In questo caso, si tratterebbe infatti di un mero riconoscimento di un provvedimento estero, che non richiede nessuna ulteriore valutazione nel merito, considerata altresì l’apertura da parte dell’Italia alle unioni tra persone dello stesso sesso.
Per tale ragione, a seguito del D.lgs. del 19 gennaio 2017 n. 5, all’art. 63 co. 2 del DPR n. 396/2000, è stata espressamente prevista la legittimità della trascrizione del matrimonio omosessuale celebrato all’estero.
Trascrizione del matrimonio omosessuale celebrato all’estero se uno dei coniugi è italiano
In Italia, benché vi sia stata la già citata apertura alle unioni omosessuali, resta forte la concezione classica del matrimonio.
L’art. 32 bis L. n. 218/1995, afferma che “il matrimonio contratto all’estero da cittadini italiani con persona dello stesso sesso produce gli effetti dell’unione civile regolata dalla legge italiana” e per tale ragione può essere trascritto nel nostro ordinamento soltanto come unione civile.
Non può dunque essere trascritto in Italia il matrimonio omosessuale celebrato all’estero tra un cittadino italiano ed uno straniero, ciò anche in virtù del fatto che i requisiti necessari in tema di matrimonio sono disciplinati per legge dall’ordinamento nazionale dei nubendi (art. 27 L. 218/1995) ed in Italia il requisito della eterosessualità è inderogabile.
Sul punto è intervenuta recentemente anche la Suprema Corte che, con la sentenza n. 11696/2018, ha escluso qualsiasi questione di legittimità costituzionale della predetta norma, né tanto meno una forma di discriminazione per ragioni di orientamento sessuale, dato che “la scelta del modello di unione riconosciuta tra persone dello stesso sesso negli ordinamenti facenti parte del Consiglio d’Europa, è rimessa al libero apprezzamento degli Stati membri, purché garantisca a tali unioni uno standard di tutele coerente con il diritto alla vita familiare come interpretato dalla Corte Edu”.
Nel nostro paese tale standard viene garantito dalla legge n. 76/2016 (Legge Cirinnà) e pertanto non vi è alcuna violazione di principi costituzionalmente garantiti, laddove sia negata la trascrizione del matrimonio omosessuale celebrato all’estero tra un cittadino straniero ed uno italiano.