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    Cassazione civile, sez. I, 26 settembre 2019, n. 24041

    Redazionedi Redazione28 Settembre 2019Aggiornato il:28 Settembre 2019
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    Cassazione civile, sez. I, 26 settembre 2019, n. 24041

    Cassazione civile, sez. I, 26 settembre 2019, n. 24041

    Con sentenza del 19 ottobre 2015 la Corte d’appello di Lecce ha parzialmente accolto il gravame proposto da B.S. – ex coniuge divorziato di D.M. , deceduto il (omissis) -nei confronti di N.P. , vedova del predetto, e dell’INPS, avverso la pronuncia del Tribunale di Brindisi che aveva respinto le domande della B. volte a conseguire la determinazione della quota di pensione di reversibilità e del trattamento di fine rapporto.
    Quanto ai fatti peculiari ed incontestati della vicenda, desumibili dalla decisione impugnata e dagli atti, giova ricordare che il matrimonio tra la B. ed i D. era stato celebrato il (omissis); che la separazione personale era stata pronunciata dal Tribunale di Bari con sentenza depositata il 23/3/2001 con previsione di un assegno di mantenimento mensile a favore della B. di Lire 1.500.00; che, introdotto il giudizio divorzile, con ordinanza presidenziale del 30/4/2005 l’assegno era stato determinato in Euro 1.250,00; che la pronuncia sullo status divorzile era intervenuta il 20/8/2009 ad opera del Tribunale di Bari (v. ricorso princ., fol. 11); che il matrimonio tra la N. ed il D. era stato celebrato il (omissis) ; che il D. era de seduto il (omissis); che il diritto della B. a percepire l’assegno di divorzio, pur essendo stato introdotto il giudizio per il riconoscimento di detto assegno quando il D. era ancora in vita, era stato riconosciuto dal Tribunale nella misura di Euro 900,00 mensili con sentenza depositata il 13/6/2013 che aveva stabilito la decorrenza del predetto diritto “dal di del deposito della presente sentenza (come trascritto a fol.3 della sentenza impugnata).
    Per quanto interessa il presente giudizio, la Corte d’appello, ha esaminato la questione “se il provvedimento che riconosce la titolarità dell’assegno divorzile debba essere precedente alla morte del coniuge o se, invece, è sufficiente che sussista al momento in cui il coniuge divorziato proponga domanda di attribuzione di una quota della pensione di reversibilità” (fol.4 della sent. imp.) ed ha concluso per il riconoscimento dell’attribuzione nella misura del 35% del totale a favore della B. , attribuendo il residuo alla N. , in qualità di coniuge superstite.
    A sostegno della decisione la Corte territoriale ha osservato che il fondamento dell’attribuzione al coniuge divorziato della pensione di reversibilità (o di una quota) trova fondamento nell’intento del legislatore di assicurare all’ex coniuge la continuità del sostegno economico correlato al permanere di un effetto della solidarietà familiare (Corte Cost. n. 419 del 1999) e che il requisito della previa attribuzione del diritto all’assegno divorzile si spiega con il fatto che la pensione di reversibilità prende luogo di detto assegno quando il coniuge obbligato decede. Così individuata la ratio della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9, la Corte ha ritenuto che “non può avere alcuna rilevanza la circostanza che l’accertamento che uno dei coniugi “non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”; a norma del comma 6 dell’art. 9) intervenga per motivi meramente accidentali, dopo il decesso. Ciò che è importante è che questo accertamento vi sia” (fol. 6 della sent. imp.).
    Su tale premessa Corte ha valorizzato la circostanza che la B. al momento della proposizione del presente giudizio era già titolare dell’assegno divorzile in forza della sentenza del Tribunale di Brindisi pronunciata il 13/6/2013 e che il decesso del D. intervenuto anteriormente il (OMISSIS) non ostava all’attribuzione di una quota della pensione di reversibilità perché “il riconoscimento giudiziale dell’assegno di mantenimento si pone come presupposto della prosecuzione del sostegno economico a favore del coniuge debole” (fol. 7 della sent. imp.).
    La Corte territoriale ha evidenziato che il primo giudice, nell’optare per la soluzione negativa, aveva richiamato alcune pronunce di legittmità (Cass. n. 21002/2008; Cass. 12149/2007; Cass. n. 5422/2006) che ha ritenuto non calzanti: la prima, ove è affermato il principio secondo il quale l’attribuzione della pensione di reversibilità, come del trattamento di fine rapporto, “… non presuppone la mera degenza in astratto di un assegno di divorzio e neppure la percezione, in concreto, di un assegno di mantenimento in base a convenzioni intercorse tra le parti, ma presuppone che l’assegno sia stato liquidato dal giudice nel giudizio di divorzio ai sensi dell’art. 5 citato ovvero successivamente quando si verifichino le condizioni per la sua attribuzione ai sensi dell’art. 9 citato.” (Cass. n. 21002 del 01/08/2008), perché inerente al non pertinente tema della necessaria titolarità di un assegno divorzile riconosciuto in via giudiziale e non di un assegno frutto di un accordo convenzionale; la seconda, ove è affermato il principio che l’attribuzione della pensione di reversibilità presuppone, anche ai sensi della L. 28 dicembre 2005, art. 5 (norma interpretativa dell’art. 9 cit.) “… che il richiedente al momento della morte dell’ex coniuge sia titolare di assegno di divorzio giudizialmente riconosciuto ai sensi dell’art. 5 della legge predetta, non essendo sufficiente che egli versi nelle condizioni per ottenerlo e neppure che in via di fatto o anche per effetto di private convenzioni intercorse tra le parti abbia ricevuto regolari erogazioni economiche dal “de cuius” quando questi era in vita” (Cass. n. 5422 del 13/03/2006; conf. Cass. n. 12149 del 24/05/2007), perché relativo a fattispecie in cui la quota della pensione di reversibilità era stata reclamata da un soggetto che non era titolare dell’assegno divorzile.
    Quindi la Corte territoriale ha affermato che costituisce un “mero obiter dictum” l’affermazione, che si rinviene in numerose pronunce di legittimità, secondo la quale il riconoscimento del diritto all’attribuzione della pensione di reversibilità presuppone “… che il richiedente, al momento della morte dell’ex coniuge, risulti titolare di assegno divorzile” (tra cui le già ricordate, Cass. n. 5422 del 13/03/2006; conf. Cass. n. 12149 del 24/05/2007), perché “l’art. 9 cit. si limita a prescrivere che l’ex coniuge sia titolare di un assegno di mantenimento senza specificare il rapporto temporale tra il riconoscimento giudiziale e il decesso come presupposto per la erogazione della pensione di reversibilità” (fol. 5/6 della sent. imp.).
    Ancora, ha rimarcato la peculiarità della vicenda in esame rispetto ai precedenti di legittimità esaminati ed ha ricordato un altro precedente in cui era stato richiesta “la titolarità effettiva” o “in concreto” e non invece “in astratto” dell’assegno divorzile (Cass. n. 15242 del 27/11/2000); ha sottolineato, inoltre che in maniera esplicita era stato escluso che potesse essere equiparato all’assegno corrisposto periodicamente, l’assegno divorzile corrisposto in un’unica soluzione (Cass. n. 104.58 del 18/7/2002; sul punto si riscontra la recente Sez. U. n. 22434 del 24/09/2018) o il trasferimento di una licenza commerciale (Cass. n. 16560 del 5/8/2005).
    La Corte di appello, nel complesso, ha ritenuto questi precedenti non decisivi ed ha affermato che “il fatto che quest’ultimo (D. ) fosse deceduto il (OMISSIS) non osta all’attribuzione di una quota della pensione di reversibilità, perché (per quanto su esposto) il riconoscimento giudiziale della titolarità di un assegno di mantenimento si pone come presupposto della prosecuzione del sostegno economico a favore del coniuge debole” (fol. 7).
    B. ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi ad un motivo; N. a la replicato con controricorso, con ricorso incidentale con un mezzo e, ancora, con ricorso incidentale condizionato con un mezzo. B. ha replicato con controricorso.
    La presente controversia concerne esclusivamente l’attribuzione della quota della pensione di reversibilità e perviene all’odierna udienza a seguito di rinvio a nuovo ruolo disposto dalla Sezione Sesta – Prima con ordinanza interlocutoria in data 24 novembre 2017.

    Ragioni della decisione

    1. Con l’unico motivo del ricorso principale B. denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9, comma 3, (legge civ.), nonché dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., comma 1; denuncia altresì l’omesso, insufficiente E contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.
    La ricorrente si duole della quantificazione della quota della pensione di reversibilità attribuitale segnatamente lamentano che il criterio legale della durata del matrimonio non era stato adeguatamente valorizzato, da lato riconoscendo la sussistenza di una convivenza prematrimoniale della coniuge superstite del de cuius senza riscontri probatori, dall’altro non motivando in maniera esaustiva sul perché al criterio legale fosse stato riservato un ruolo marginale.

    2. Con l’unico motivo del ricorso incidentale proposto in via principale N. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 9, commi 2 e 3 della legge div..
    La ricorrente incidentale si duole che sia stato riconosciuto il diritto di B. alla pensione di reversibilità nonostante questa alla data del decesso di D. ((OMISSIS)) – non fosse ancora titolare dell’assegno divorzile perché giudizialmente riconosciutole solo con la sentenza del Tribunale di Bari in data 13/6/2013. Rimarca, all’uopo, che il Tribunale aveva fissano la decorrenza di tale assegno a far data dal deposito della medesima decisione, avendo cura di precisare che per la fase pregressa, intercorrente tra la data di introduzione del giudizio divorzile e fino alla pronuncia non vi era stata alcuna esplicita richiesta di determinazione dell’assegno di mantenimento per il periodo pregresso.

    3. Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato N. denuncia a violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1. Nel lamentare la ripartizione pro quota della pensione di reversibilità, sostiene di avere dedotto e documentato la convivenza ultraventennale con il de cuius dolendosi del contrario assunto della Corte di appello circa l’assolvimento dell’onere probatorio – a suo dire – conseguenza dell’omesso esame dei documenti versati in atti e delle prove articolate e di avere richiesto il riconoscimento in proprio favore di una quota pari all’80%.

    4.1. Per ragioni logiche e sistematiche, appare opportuno esaminare con priorità i ricorso incidentale non condizionato che va respinto perché infondato.

    4.2. Come si evince dalla sentenza impugnata, nel caso di specie: l’assegno divorzile era stata chiesto da B. sin dall’introduzione del giudizio e, in sede presidenziale era stato fissato un assegno di mantenimento; la sentenza non definitiva di divorzio era stata pronunciata sin dal 20/8/2009 – e cioè ben prima del decesso di D. -, ed il giudizio era proseguito per le determinazioni economiche.
    Orbene l’assunto della ricorrente, secondo il quale B. , alla data del decesso d D. non era titolare dell’assegno divorzile, di guisa che non ricorreva il presupposto L. n. 898 del 1970, ex art. 9, non Cova riscontro in quanto accertato dalla Corte di appello e non può essere condiviso.

    4.3. Nella presente controversia, che investe la pensione di reversibilità e nella quale viene direttamente in questione solo la posizione del nuovo canine in quanto tale e non quale successore del defunto, assume rilievo il riconoscimento in concreto e non in astratto del diritto all’assegno per effetto di una pronuncia giurisdizionale, che, nel caso di specie, è intervenuta. Essa non costituirà titolo attivabile nei confronti di colui che era stato indicato come destinatario, ma vale a consolidare il presupposto della prestazione previdenziale, che, secondo la nostra giurisprudenza, neppure deve essere assistito dall’autorità del giudicato (Cass. n. 4107 del 20/02/2018).
    La sentenza impugnata ha dato corretta applicazione alle norme invocate ed appare immune da vizi.

    5. Ritornando al ricorso principale, il cui esame era stato posposto, l’unico motivo va respinto perché la Corte ha illustrato adeguatamente i criteri utilizzati per la determinazione della quota, sia puntualizzando la valorizzazione che ne ha compiuto mediante un accertamento di merito in cui ha dato conto dei rispettivi redditi, delle condizioni di vita e della durata dei rapporti e la doglianza ne sollecita inopinatamente il riesame nel merito.

    6. Il ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del ricorso principale resta assorbito.

    7. Le spese del giudizio di legittimità si compensano in ragione della reciproca soccombenza.
    Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo per entrambe le ricorrenti principale ed incidentale.

    P.Q.M.

    – Rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale, assorbito il ricorso incidentale condizionato;
    – Compensa le spese di giudizio;
    – Dà atto, ai sensi, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, somma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

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