Fatto
1 – Con sentenza depositata in data 25 luglio 2005 il Tribunale di Roma rigettava la domanda proposta ai sensi dell’art. 2041 cod. civ. dalla S.p.a. Sopin nel confronti dell’Università degli studi di Roma (OMISSIS) in relazioni a prestazioni rese, dopo la cessazione dell’efficacia di un contratto di appalto, nel periodo compreso fra il primo gennaio 1987 e il 31 marzo 1989; accoglieva, al contrario l’azione di ripetizione di indebito proposta dall’Università in via riconvenzionale, condannando la società attrice alla restituzione della somma di Euro 2.850.860,80, con gli interessi legali decorrenti dal 28 febbraio 1991.
1.1 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta in via riconvenzionale dall’Università, compensando interamente le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito.
1.2 – Per quanto in questa sede maggiormente rileva, è stata affermata la validità della costituzione in giudizio dell’Università, sia sotto l’aspetto della validità della nomina e del conferimento della procura speciale ai difensori da parte del Rettore, sia con riferimento alla scelta di avvalersi di un difensore del libero foro e non di ricorrere al patrocinio dell’Avvocatura dello Stato.
Sotto tale profilo si è osservato, da un lato, che la normativa di riferimento non indicherebbe l’organo munito del potere di compiere tale scelta di natura discrezionale, precisandosi che nel caso in esame l’emanazione di una delibera motivata in ordine a tale valutazione sarebbe stata esclusa dal conflitto di interessi fra l’Università e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, derivante dalla eccezione, poi rigettata, di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’Università.
1.3 – Esaminate le questioni inerenti alla domanda di indebito arricchimento (che non rilevano in questa sede, essendo sul punto intervenuta – come si dirà – una transazione tra le parti), la corte territoriale ha accolto il motivo di impugnazione con il quale la società Sopin ha contestato la fondatezza del rilievo concernente la ritenuta tardività della proposizione dell’eccezione di prescrizione in relazione alla domanda dell’Università di ripetizione di indebito. In proposito si è dato atto che detta eccezione era stata sollevata per la prima volta nella memoria di cui all’art. 183 c.p.c., u.c.. In proposito si è rilevato che tale atto, secondo un orientamento di legittimità all’uopo richiamato, costituisce una mera prosecuzione del dibattito orale, tale da consentite la proposizione di un’eccezione in senso stretto quale quella di prescrizione, nella specie ritenuta fondata in considerazione del periodo decorso dal pagamento effettuato in data 28 febbraio 1991 e il 12 luglio 2001.
Per la cassazione di tale decisione l’Università degli studi (OMISSIS) propone ricorso, affidato ad unico e articolato motivo, cui resiste con controricorso la S.p.a. Sopin che propone ricorso incidentale, con tre motivi.
Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.; il difensore della S.p.a. Sopin ha depositato osservazioni scritte ai sensi dell’art. 379 c.p.c., u.c..
Diritto
2 – Con il ricorso principale si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’erronea applicazione dell’art. 183 c.p.c., come modificato dal D.L. n. 432 del 1995, art. 5, convertito nella L. n. 534 del 1995: si sostiene – formulandosi al riguardo idoneo quesito di diritto – che la corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto ammissibile l’eccezione di prescrizione del diritto azionato dall’Università con la domanda proposta in via riconvenzionale, ancorchè sollevata con la prima memoria presentata ai sensi dell’art. 183 c.p.c., comma 5.
2.1 – La censura è fondata. L’affermazione dei giudici del merito, secondo cui tutte le attività consentite nell’udienza prevista dall’art. 183 c.p.c., “possono essere tempestivamente svolte anche nella prima delle due memorie ex art. 183 c.p.c., comma 5”, contrasta con il prevalente orientamento di questa Corte in merito a tale disposizione, nella formulazione applicabile “ratione temporis”. È stato infatti affermato il principio, condiviso dal Collegio, secondo cui l’art. 183 c.p.c., nel testo di cui alla L. 26 novembre 1990, n. 353, vigente fino al 1 marzo 2006, dispone, al quarto comma, che nella prima udienza di trattazione l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale del convenuto ed entrambe le parti possono precisare e modificare le domande e le conclusioni già formulate. Pertanto ove l’attore voglia eccepire la prescrizione del diritto azionato dal convenuto in riconvenzionale, è tenuto, a pena di decadenza, trattandosi di eccezione non rilevabile d’ufficio, a proporla al più tardi in sede di prima udienza di trattazione, non potendo avvalersi delle memorie da depositare nei termini fissati all’art. 183 c.p.c., comma 5, in quanto finalizzate esclusivamente a consentire alle parti di precisare e modificare le domande e le eccezioni già proposte e di replicare alle domande ed eccezioni formulate tempestivamente, ma non a proporne di ulteriori, non essendo ammissibile estendere il “thema decidendum” (Cass., Sez. un., 14 febbraio 2011, n. 3567; Cass., 19 luglio 2013, n. 17708; Cass., 27 settembre 2013, n. 22274).
3.a – Con il primo mezzo del ricorso incidentale si denuncia, sotto un primo profilo, la violazione del R.D. n. 1952 del 1933, art. 56;
R.D. n. 1611, art. 43, come modificato dalla L. n. 103 del 1979, art. 11, nonché della L. n. 168 del 1989, art. 6: si sostiene, anche con riferimento al ricorso incidentale, che l’affidamento dell’incarico professionale da parte del Rettore dell’Università a un avvocato del libero foro, vale a dire la scelta di non avvalersi dell’Avvocatura dello Stato, sarebbe illegittima in relazione alle norme sopra indicate, in assenza di una motivata delibera, da sottoporre agli organi di vigilanza, che autorizzasse tale nomina.
Anche a voler ritenere tali disposizioni derogabili dallo Statuto dell’Università, il decreto del Rettore avrebbe dovuto comunque essere preventivamente autorizzato dal Consiglio di amministrazione.
3.b – Sotto altro aspetto si deduce che il riferimento della corte distrettuale alla sussistenza di un conflitto di interessi con il Ministero dell’Economia, in relazione all’eccezione inerente alla legittimazione dello stesso, non escludeva che il provvedimento del Rettore dovesse, ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 3, contenere una specifica motivazione, nella specie del tutto carente.
3.1 – Con il secondo motivo la violazione delle norme sopra indicate viene prospettata in relazione all’assenza, in capo al Rettore, del potere di deliberare la partecipazione al giudizio.
3.2 – Viene infine eccepita la carenza legittimazione dell’Università rispetto alla domanda di ripetizione di indebito: a seguito dell’emanazione del D.L. n. 341 del 1999, convertito, con modificazioni, nella L. n. 543 del 1999, è stata soppressa l’azienda universitaria ed è stata costituita l’Azienda Policlinico Umberto I, con previsione dell’istituzione di un’apposita gestione separata. Si sostiene, quindi, che la legittimazione a contraddire, dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 341 del 1999, spetterebbe all’Azienda Policlinico (OMISSIS).
4 – Tale eccezione, ammissibile in quanto la questione della legittimazione dell’Università, in relazione alla domanda di ripetizione di indebito, non risulta espressamente affrontata e risolta nel corso del giudizio di merito (Cass., 27 ottobre 2014, n. 22781; Cass., 30 dicembre 2011, n. 30246), non appare condivisibile.
4.1 – Soccorre in proposito il principio affermato al riguardo dalle Sezioni unite di questa Corte, secondo cui, poiché la costituzione in ente avente personalità giuridica di diritto pubblico dell’azienda Policlinico (OMISSIS) è stata effettuata per la prima volta col D.L. 1 ottobre 1999, n. 341, convertito con modifiche nella L. n. 453 del 1999, che non ha disposto una successione a carattere universale della neoistituita azienda rispetto all’omonima azienda universitaria, i rapporti derivanti, in precedenza, dall’utilizzazione di tale struttura sanitaria potevano legittimamente essere riferiti all’Università (OMISSIS) di Roma della quale il Policlinico costituiva parte integrante, sebbene dotato di autonomia organizzativa, gestio-nale e contabile (Cass., 11 gennaio 2008, n. 584).
5 – Il primo e il secondo motivo vanno esaminati congiuntamente, in quanto fra loro intimamente correlati.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, alle università, dopo la riforma introdotta dalla L. 9 maggio 1989, n. 168, non può essere riconosciuta la qualità di organi dello Stato, ma quella di enti pubblici autonomi, con la conseguenza che, ai fini della rappresentanza e difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato, non opera il patrocinio obbligatorio disciplinato dal R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, artt. da 1 a 11, bensì, in virtù del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, art. 56, non abrogato dalla L. n. 168 del 1989, il patrocinio autorizzato, disciplinato dal R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, come modificato dalla L. 3 aprile 1979, n. 103, art. 11, e art. 45, R.D. cit., con i limitati effetti previsti per tale forma di rappresentanza: esclusione della necessità del mandato e facoltà, salvo i casi di conflitto, di non avvalersi dell’Avvocatura dello Stato con apposita e motivata delibera (Cass. Sez. un., 10 maggio 2006, n. 10700).
5.1 – Il tema della validità del ricorso da parte dell’Università a un avvocato del libero foro, che in linea generale presuppone che il Rettore sia preventivamente autorizzato dal Consiglio di amministrazione (Cass., 9 maggio 2011, n. 10103; Cass., 23 marzo 2011, n. 6672), è quindi condizionato dalla ricorrenza o meno di un conflitto di interessi con lo Stato o con le Regioni: la presenza dello stesso esclude in radice il regime del c.d. “patrocinio facoltativo autorizzato”, in quanto, in assenza della predetta facoltà alternativa (non essendo in alcun modo ipotizzabile il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato), non vi è alcuna ragione di richiedere una preventiva autorizzazione (Cass., 22 dicembre 2005, n. 28487; Cass., 26 gennaio 2001, n. 1086).
5.2 – La Corte di appello di Roma ha correttamente escluso l’esigenza, nel caso di specie, dell’emanazione di una delibera motivata concernente l’autorizzazione ad avvalersi di professionisti del libero foro – sia pur erroneamente attribuendo al Rettore la relativa competenza – dando atto del conflitto di interessi fra Università e Ministero dell’Economia e delle Finanze derivante dall’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata in primo grado dall’Università.
5.3 – Esclusa la necessità, in considerazione dell’evidenziato conflitto con l’Amministrazione dello Stato, di una specifica autorizzazione, deve confermarsi la competenza del Rettore in ordine alla deliberazione relativa alla partecipazione al giudizio, nonché al potere di conferire l’incarico professionale, dovendosi rilevare che tale attribuzioni è contenuta, in nuce, nelle stesse considerazioni della ricorrente in via incidentale circa la necessità dell’autorizzazione: se invero il Consiglio di amministrazione dell’Università, secondo la tesi sopra prospettata (ed in linea generale condivisibile, salva l’ipotesi, sopra evidenziata, del conflitto di interessi con lo Stato o con le Regioni), deve autorizzare il Rettore a non avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, evidentemente il potere deliberativo al riguardo compete allo stesso Rettore, laddove, dal complesso delle deduzioni della ricorrente in via incidentale, sembra desumersi che il Consiglio di amministrazione debba autorizzare se stesso.
5.4 – Del resto, la sentenza impugnata, all’esito di una corretta esegesi delle norme statutarie, ha posto in evidenza come fra i poteri “di programmazione, di indirizzo e di controllo” attribuiti dall’art. 12 dello Statuto dell’Università (OMISSIS) al consiglio di amministrazione manca qualsiasi riferimento a poteri decisionali relativi alla partecipazione a giudizi, evidentemente riservati, anche al fine di ottenere una decisione più tempestiva ed efficace, all’organo individuale che, per altro, ha la rappresentanza legale dell’ente (cfr. Cass., 13 aprile 2012, n. 5585).
Tale valutazione, per altro, non risulta neppure censurata, in quanto il secondo motivo di ricorso, come meglio precisato nel relativo quesito di diritto, attiene all’autonomia decisionale del Rettore, che viene criticata, nell’ipotesi, nella specie non ricorrente, in cui “non sussista conflitto con lo Stato o con le Regioni.
6 – In conclusione, rigettata l’impugnazione proposta in via incidentale, il ricorso principale va accolto, con rinvio alla Corte di appello di Roma che, in diversa composizione, applicherà il principio sopra richiamato, provvedendo, altresì, al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta l’incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 13 novembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2016