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Home » Condominio Locazioni » Cassazione civile, sez II, 24 febbraio 2014, n. 4366

Cassazione civile, sez II, 24 febbraio 2014, n. 4366

RedazionediRedazione
5 Novembre 2015
inCondominio Locazioni, Sentenze
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 12 giugno 2000 (omissis) proponeva, dinanzi al Tribunale di Milano, opposizione avverso decreto ingiuntivo emesso in data 8.3.2000 dal Presidente del medesimo ufficio su istanza del CONDOMINIO di (omissis) per lire 8.401.347 quale somma residua dovuta per oneri condominiali relativi ai periodi 1.4.1998-31.3.1999 e 1.4.1999-31.3.2000 esponendo di nulla dovere e spiegava domanda per ottenere il risarcimento dei danni nella misura di lire 1.200.000 “a titolo di risarcimento danni ai muri del proprio immobile, causati da infiltrazioni di acqua provenienti dalla conduttura centrale di riscaldamento”.
Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza del Condominio, il quale dava atto che dopo la emissione del decreto opposto il condomino aveva eseguito il pagamento di lire 1.917.000, e chiedeva ed otteneva il differimento della prima udienza per chiamare in giudizio la (omissis), nei cui confronti svolgeva domanda in garanzia per l’eventuale accoglimento della domanda risarcitoria, costituita anche l’assicurazione chiamata, il giudice adito, respingeva l’opposizione, con rigetto anche della domanda svolta dal condomino opponente, tuttavia essendo rimasto accertato che quest’ultimo successivamente alla notifica del d.i. aveva corrisposto l’importo di lire 1.917.000, revocava il decreto, condannando lo stesso al pagamento del residuo importo di euro 921,54 (pari a lire 1.784.347), oltre alle spese di giudizio per entrambe le parti.
In virtù di appello interposto dall’Avv.to (omissis), con il quale lamentava che il giudice di prime cure aveva erroneamente riferito i danni lamentati provenienti dalla conduttura centrale di riscaldamento, per cui aveva ritenuto inammissibili le prove orali relative a tale episodio, oltre ad avere erroneamente condannato l’opponente al pagamento degli interessi legali sull’importo accertato come dovuto, la Corte di appello di Milano, nella resistenza degli appellati Condominio ed assicurazione, rigettava il gravame e per l’effetto confermava la decisione di primo grado.
A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava che con l’atto di opposizione l’appellante si era limitato a produrre i preventivi e consuntivi relativi alla gestione condominiale per il periodo in contestazione, senza neanche illustrare le risultanze di tali documenti, ritenuta tardiva (anche ex articolo 641 c.p.c.) la ricostruzione contabile esposta nella memoria del 6.3.2002, che rappresentava una prospettazione di fatto del tutto nuova rispetto alla generica formulazione dell’atto di citazione. Aggiungeva che doppiamente inammissibili dovevano ritenersi le considerazioni svolte dall’appellante nella comparsa conclusionale avanti alla medesima corte distrettuale.
Quanto alla doglianza relativa agli interessi legali via via conteggiati dal Condominio osservava che, dal tenore dell’atto di citazione di appello, la censura appariva rivolta contro la sola statuizione del Tribunale recante la condanna accessoria e non coinvolgeva la determinazione dell’ammontare del credito preteso dall’opposto; in ogni caso, non risultava formulata alcuna contestazione specifica sul punto nell’originario atto introduttivo della cognizione piena del giudizio.
Concludeva che la censura relativa al mancato accoglimento della domanda riconvenzionale risarcitoria atteneva ad istanza in ordine alla quale solo nella memoria istruttoria di replica, quindi tardivamente, risultava precisata la data del sinistro, il 4.11.1997, come evento diverso da quello posto a fondamento della originaria richiesta, non appellata, peraltro, la ulteriore valutazione di genericità dei capitoli di prova articolati dallo (omissis) sul punto affermata dal giudice di prime cure.
Avverso detta sentenza della Corte di appello di Milano (omissis) proponeva ricorso per cassazione, articolati tre motivi. Il Condominio resisteva con controricorso e proponeva, a sua volta, ricorso incidentale condizionato con un unico motivo. La (omissis) non si è costituita sebbene ritualmente intimata.
Fissata pubblica udienza per l’8.4.2013, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per acquisire copia della delibera assembleare di autorizzazione dell’Amministratore a stare in giudizio, depositata il 4.6.2013.
Entrambe le parti costituite hanno presentato memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare vanno riuniti il ricorso principale e il ricorso incidentale, a norma dell’articolo 335 c.p.c., in quanto attengono al medesimo provvedimento.
L’esame delle singole censure formulate con il ricorso principale deve essere preceduto da quello della pregiudiziale eccezione di nullità della costituzione del Condominio, con conseguente inammissibilità del ricorso incidentale, formulata da parte ricorrente, sotto il profilo del difetto di deposito del mandato conferito all’Amministratore dall’assemblea condominiale di autorizzazione per stare in giudizio, in considerazione vuoi della mancanza di prova dei poteri per far valere originariamente pretese a lui non spettanti ex articolo 1131 c.c., vuoi, anche, dalla genericità del verbale di assemblea condominiale del 19.6.2007 prodotto, dal quale non risulta conferito alcun mandato, limitandosi l’assemblea a prendere atto dell’esistenza del procedimento e della volontà dei condomini di “coltivarlo” con l’avv. (omissis).
L’eccezione è infondata alla luce del principio, convalidato dalle SS.UU. di questa Corte (sentenza n. 18331 del 2010), secondo cui, nell’offrire la corretta esegesi della norma contenuta nell’articolo 1131 c.c., comma 2 – a mente del quale l’amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio – raccordandola con il principio dell’attribuzione in capo all’assemblea di condominio del potere gestorio, ha affermato che l’amministratore di condominio può anche costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole, anche senza previa autorizzazione a tanto dall’assemblea, ma dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea per evitare pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione.
Nella specie, a seguito della rimessione in termini disposta con ordinanza interlocutoria di questa Corte, il controricorrente Condominio ha depositato in data 4 giugno 2013 copia del verbale dell’assemblea condominiale, relativa al conferimento del mandato per la costituzione nel presente giudizio da parte dell’amministratore pro tempore (omissis), ricorrendo peraltro il caso affatto diverso di autorizzazione sussistente fin dal principio – per essere la delibera del 19.6.2007 – di cui è stata data tardivamente solo la prova in giudizio. In questa ipotesi, a norma dell’articolo 182 c.p.c., il giudice è tenuto – ove rilevi un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore – a provvedere alla sanatoria di tale vizio, dovendosi equiparare la nullità della procura “ad litem” al difetto di rappresentanza processuale (in tal senso Cass. SS.UU. n. 28337 del 2011), senza alcun effetto preclusivo.
Al riguardo, inoltre, non appaiono condivisibili i dubbi esposti dal ricorrente in ordine alla validità del predetto verbale di assemblea del 19 giugno 2007 a conferire all’Amministratore i necessari poteri per nominare quale difensore l’Avv. (omissis). Quanto alla pretesa genericità del tenore della delibera – che ad avviso del ricorrente non conterrebbe alcun mandato o rappresentanza processuale all’amministratore – basti osservare come l’autorizzazione dell’assemblea a resistere in sostanza non è che un mandato all’amministratore a conferire la procura ad litem al difensore che la stessa assemblea ha il potere di nominare, onde, in definitiva, l’amministratore non svolge che una funzione di mero nuncius (v. Cass. sentt. n. 22294 del 2004 e n. 1422 del 2006; per un orientamento difforme, v. le risalenti sentenze n. 1337 del 1983, n. 5203 e n. 7256 del 1986), per cui anche solo esprimere la volontà di “coltivare” il contenzioso costituisce valida delega, essendo poi rimesso al difensore la scelta del tutto tecnica di modulare le difese sulla base della sola resistenza ovvero proponendo anche ricorso incidentale.
Ciò posto, con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115 e 645 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per non avere la corte territoriale, confrontando i totali delle gestioni (alle voci “totali riparto”) per il ricorrente pari a lire 20.182.387, con il totale delle n. 6 ricevute pagate dallo (omissis) fino al 13.3.2000, pari a lire 13.933.448, con l’aggiunta del versamento di lire 1.050.000 effettuato per la gestione 1995/1996 dalla precedente condomina (omissis) – (omissis), ritenuto che il debito dell’opponente ammontava a lire 5.158.658 e non già lire 8.401.347, come ingiunto nel decreto. Prosegue il ricorrente che la corte di merito avrebbe, altresì, errato nel ritenere necessarie prove orali per la ricostruzione contabile, avendo acquisita agli atti la prova documentale, solo precisati gli importi di dare ed avere nella memoria (conclusionale) del 6.3.2002, che diversamente da quanto affermato dal giudice del gravame non costituivano “ricostruzioni di fatto del tutto nuove”, neppure indicati, in concreto, gli “elementi nuovi”. Il motivo a conclusione pone il seguente quesito di diritto: “1) se il Tribunale prima, e la Corte di appello poi, essendo essi tenuti, hanno omesso di prendere in esame, e comparare, i consuntivi di gestione 1994-95/1998-99 e il preventivo 1999-2000, voce “totale riparto”, con le n. 6 ricevute di pagamento eseguite dallo (omissis), e prodotte nel proprio fascicolo con la iscrizione a ruolo della causa innanzi al Tribunale; 2) se lo (omissis) era tenuto ad articolare prove verbali per la conferma delle n. 6 ricevute di pagamento esibite, pur nell’assenza di contestazione in merito alla produzione da parte del Condominio; 3) se a fronte di un decreto, che ingiunge il pagamento di una somma di denaro è sufficiente la contestazione, fatta con l’atto di opposizione, che asserisce, quantificandolo, un minore debito, ed a comprova produce i documenti giustificativi dai quali si ricava la fondatezza di quanto asserito. “. Il motivo va disatteso.
Correttamente la corte territoriale ha respinto il primo motivo dell’atto d’appello, dacchè con detta censura, suscettibile di esame diretto da parte di questa Corte essendosi denunziato un error in procedendo, si era prospettata una variante al calcolo degli importi dovuti, quale effettuato dal primo giudice, sulla base di enunciazioni da considerare generiche, in quanto non suffragate da una specifica esposizione delle ragioni – nonché da un puntuale riferimento alla correlativa necessaria prova documentale – per le quali il calcolo dovesse essere effettuato in funzione delle cifre e dei tempi prospettati. Il medesimo difetto di specificità del motivo si riscontra, d’altronde, anche in questa sede – sebbene i calcoli siano più dettagliati rispetto a quelli esposti nei motivi di appello, ciò che, però, conferma di per se stesso l’inidoneità dei detti motivi – in quanto ciascuna base di calcolo avrebbe dovuto essere – e non lo è – rapportata a fatti ed a tempi specificamente indicati ed a documentazione anch’essa richiamata e riportata in osservanza al principio di specificità dei motivi del ricorso.
In particolare la Corte distrettuale ha rilevato che lo (omissis) aveva prodotto soltanto i preventivi e consuntivi di gestione condominiale dal 1.4.1994 al 31.3.1995 e dal 1.4.1999 al 31.3.2000, senza contestarne di dati, precisando che nell’atto di opposizione avanti al Tribunale il ricorrente aveva “laconicamente lamentato che come da documenti che si produce, il debito dell’istante per spese di conduzione condominiale ammonta, al più, a lire 5.158.738”, senza in alcun modo illustrare le ragioni di un minore ammontare dell’esposizione debitoria (pagine 13 e 14 della sentenza).
Tale affermazione del giudice a quo non risulta criticata da alcun argomento esposto nel motivo, che incentra la doglianza sostanzialmente sull’esistenza di n. 6 ricevute di pagamento, circostanza peraltro ritenuta non vera dalla Corte distrettuale, per quanto sopra esposto e tanto basta a ritenere la censura inammissibile.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli articoli 112 e 115 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere la corte di merito respinto la doglianza avverso la statuizione del Tribunale di condanna del ricorrente alla corresponsione degli interessi ritenendo il motivo inammissibile in difetto di una specifica deduzione in sede di opposizione, che – ad avviso del ricorrente – andava rinvenuta nella contestazione dell’addebito di lire 8.401.347 invece di lire 5.158.682. Aggiunge il ricorrente che il conteggio effettuato dalla corte territoriale, avallando quello del Tribunale, avrebbe determinato una duplicazione a danno dello (omissis). Il motivo culmina nel seguente quesito di diritto: “Dica la Corte, consta toto che nei consuntivi di gestione prodotti, alla voce totale riparto, che è quanto viene addebitato ai singoli condomini dopo l’approvazione del bilancio condominiale da parte dell’assemblea dei condomini, viene inserita anche la voce addebiti – crediti = interessi, se è legittima la decisione del Tribunale, e della Corte di appello, di condannare lo (omissis) agli ulteriori interessi, per gli stessi periodi, già considerati e inseriti per comporre la somma di lire 8.401.347, nonostante la contestazione specifica. Dica altresì la Corte se (omissis), avendo contestato la somma ingiunta, ed avendo proposto una minore somma a debito, con l’atto di opposizione aveva l’obbligo specifico di contestare l’addebito di una quota per interessi”.
Anche detto motivo non può trovare ingresso stante l’acclarata infondatezza delle censure mosse avverso la quantificazione del debito esposto dal Condominio, costituendo il credito degli interessi pacificamente, sul piano genetico, un accessorio del capitale dovuto, seppure autonomo ed azionabile separatamente, anche successivamente al credito principale già riconosciuto con decisione passata in giudicato (cfr Cass. 22 marzo 2012 n. 4554).
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norma di diritto in relazione agli articoli 183, 184, 342, 329 e 346 c.p.c., oltre a vizio di motivazione per avere la corte distrettuale rigettato la causa petendi risarcitoria di un sinistro diverso da quello menzionato dalle controparti, che – di converso – era ben ricavabile dall’atto di opposizione, contenenti i dati precisi di riferimento di fatto, dichiarando la inammissibilità delle prove formulate nella seconda memoria (memoria istruttoria di replica di primo grado). Precisa il ricorrente che quanto alla data del sinistro, la stessa sarebbe stata indicata dai testimoni, e non dal ricorrente per evitare di imbeccarli. Il motivo pone il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte: 1) posto che i capitoli di prova, dedotti con la memoria 6.3.2002 e 20.3.2002 attenevano alla dimostrazione del sinistro vantato dallo (omissis) con l’atto di opposizione, le prove, che tendevano alla dimostrazione del luogo dove era avvenuto il sinistro stesso, e dei solleciti all’amministratore operati dallo (omissis) e delle spese affrontate per ovviare ai danni causati, potevano essere considerate generiche o erano invece prove concrete?
2) posto che lo (omissis) non ritiene di avere svolto domande nuove rispetto all’atto introduttivo del giudizio, l’opposizione al decreto, ma semplicemente illustrato, funzione propria delle comparse conclusionali, le domande stesse, non è dovere giuridico del giudicante indicare quali sono le domande nuove introdotte dallo (omissis), e che non coincidono con quelle dell’atto introduttivo, pena la nullità della sentenza in parte qua, per omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione?”.
Del pari sono infondate le critiche formulate dal ricorrente con il terzo mezzo, che nel ribadire le ragioni illustrate nel corrispondente motivo di appello (pag. 17 della sentenza impugnata), non superano l’affermazione di inidoneità per genericità statuita dal giudice distrettuale quanto ai capitoli di prova articolati dallo (omissis), formulati senza alcuna indicazione della data e dell’epoca del sinistro, il quale solo nella memoria istruttoria di replica – e quindi tardivamente -ha precisato che le controparti si riferivano ad un sinistro verificatosi il 4.11.1997, come tale diverso da quello posto a fondamento della sua domanda riconvenzionale. La Corte di merito, con motivazione congrua ed esente da vizi, ha ritenuto di non dare ingresso alle prove orali, non impugnata dal motivo la ritenuta genericità della doglianza.
Il ricorrente sostiene in buona sostanza che la corte territoriale nelle sue difese ha letto fatti diversi da quelli realmente dedotti, non tenendo conto di alcuni passaggi argomentativi per basare il suo convincimento; denunzia quindi il travisamento di quanto da lui riferito.
Tale travisamento, se davvero è stato commesso, costituisce motivo di revocazione, non di ricorso per cassazione (v., tra le tante, Cass. 13 gennaio 1990 n. 92; Cass. 22 febbraio 1999 n. 1477). Anche se si volesse prescindere dall’osservazione che precede, resterebbe comunque insuperabile il rilevo che il ricorrente ha certamente inteso censurare gli apprezzamenti di merito espressi dalla corte distrettuale con argomentazioni esaustive e prive di vizi logici e giuridici, dopo avere accertato la genericità (ovvero la tardività) delle difese del condomino inadempiente, preteso danneggiato.
Passando all’esame dell’unico motivo del ricorso incidentale, espressamente indicato come condizionato, proposto dal Condominio – con il quale si insiste nella domanda di responsabilità in garanzia della (omissis) ex articolo 1917 c.c. – va dichiarato assorbito in conseguenza del rigetto del ricorso principale.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi euro 1.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi.

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