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Home » Civile e procedura civile » Cassazione civile, sez. unite, 3 novembre 2011, n. 22726

Cassazione civile, sez. unite, 3 novembre 2011, n. 22726

RedazionediRedazione
3 Novembre 2011
inCivile e procedura civile, Sentenze
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– che la nuova interpretazione “costituisce un’artificiosa deformazione, letteralmente inventata” che legittimerebbe la parte che subisce la sanzione dell’improcedibilità del ricorso a proporre domanda di risarcimento danni nei confronti dello Stato ex art. 6 della CEDU, non essendo ammessi altri strumenti processuali per porvi rimedio.
Infine, la medesima dottrina ha osservato che l’onere posto a carico del ricorrente di allegare una semplice fotocopia (e non l’originale) degli atti presenti nel fascicolo d’ufficio stride con il formalismo che caratterizza il sistema processuale del deposito degli atti in Cassazione, coerentemente con la “funzione eminentemente pubblicistica del processo, tesa a dettare regole che ne consentano l’ordinato svolgimento e che, come tali, non ammettono equipollenti e non sono disponibili dalle parti” (così Cass., sez. un., n. 9005/2009).
5.- È tempo, a questo punto dello scrutinio ed in vista delle conclusioni, rilevare che l’orientamento c.d. rigorista ritiene, in definitiva, che l’onere di deposito previsto dalla prima disposizione sussista sempre e a prescindere dall’eventualità che gli atti da depositare siano già presenti nel fascicolo d’ufficio trasmesso dalla cancelleria del giudice a quo su richiesta del ricorrente, a sua volta tempestivamente depositata. Si tratterebbe, in sostanza, di adempimenti autonomi ed entrambi doverosi, in quanto rispondenti a rationes diverse: il primo (ex art. 369, comma 2, n. 4) funzionale alla “esigenza di offrire alla Corte, immediatamente, un quadro completo ed oggettivamente autosufficiente di elementi utili alla decisione”; il secondo (ex art. 369, comma 3) volto a consentire che la Corte “abbia comunque in sua disponibilità, all’occorrenza, le complessive risultanze processuali dei gradi di merito del giudizio”.
La diversità di ratio viene precisata con la considerazione della diversità dei tempi di disponibilità dei documenti per la Corte, posto che il fascicolo di causa può essere trasmesso successivamente rispetto al deposito del ricorso il quale, essendo contestuale al deposito della sentenza impugnata e degli atti su cui esso si fonda, “consente subito un primo screening dell’impugnazione, funzionale ad una immediata catalogazione ed organizzazione delle sopravvenienze… senza sottovalutare la maggiore facilità e velocità di accesso a tali documenti, una volta che essi risultino ben individuati e specificamente depositati”.
L’orientamento c.d. “liberale” tenta invece di coordinare le due disposizioni, valorizzando, nella sostanza, il principio generale (ex art. 121 c.p.c., e art. 156 c.p.c., comma 3) di strumentalità rispetto allo scopo assegnato obiettivamente all’atto nell’ambito del processo. In questa prospettiva, non può negarsi che il terzo comma dell’art. 369 c.p.c., pone già a carico del ricorrente lo specifico onere di richiedere alla cancelleria del giudice a quo la trasmissione del fascicolo d’ufficio (e di depositare tempestivamente la relativa richiesta) proprio allo scopo di mettere gli atti processuali e ì documenti ivi inseriti nella disponibilità della Corte di cassazione, la quale potrà esaminarli, sempre che, naturalmente, siano stati specificati e individuati nel ricorso (a pena di inammissibilità, ex art. 366 c.p.c., n. 6).
Il principio di strumentalità delle forme processuali ha già trovato diffusa applicazione da parte della Corte di cassazione in una pluralità di casi. Si è infatti affermato che:
– “il mancato deposito dell’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio (art. 369 c.p.c., u.c.) nel termine fissato per il deposito del ricorso per cassazione, cioè entro venti giorni dalla notificazione, determina l’improcedibilità del ricorso stesso soltanto se l’esame di quel fascicolo risulti indispensabile ai fini della decisione del giudice di legittimità” (Cass., sez. 3^, n. 5108/2011; sez. 1^, n. 10665/2006; sez. 3^, n. 19297/2005; sez. lav., n. 3852/2002; nonché sez. 1^, n. 570/1998, richiamata nell’ordinanza di rimessione);
– “la violazione dell’obbligo di deposito degli atti e dei documenti sui quali il ricorso o il controricorso si fondano è legittimamente predicabile nel solo caso in cui la mancata produzione riguarda atti o documenti (già acquisiti al giudizio di merito) il cui esame sia necessario per la decisione della causa” (Cass., sez. 2^, n. 12028/2010);
– la mancata richiesta della trasmissione del fascicolo d’ufficio, in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, “non determina l’improcedibilità del ricorso nell’ipotesi in cui, nonostante l’indisponibilità dell’anzidetto fascicolo, risultino certi i termini della controversia, sulla base degli atti di parte e delle rispettive produzioni” (Cass., sez, un., n. 20504/2006) – l’omessa menzione nel ricorso per cassazione dell’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio (…) non è causa di inammissibilità dell’impugnazione Né determina improcedibilità del ricorso stesso, giacché da un lato tale indicazione non rientra tra quelle imposte a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., e, dall’altro lato, l’improcedibilità deriva solo dalla mancanza degli atti indispensabili ai fini della decisione” (Cass., sez. 1^, n. 2327/2006; sez. 2^, n. 5113/1999; sez. 1^, n. 8972/1997).
– l’onere di richiedere la trasmissione del fascicolo d’ufficio relativo al procedimento conclusosi con la sentenza impugnata, posto a carico del ricorrente dall’art. 369 c.p.c., “non è riferibile all’ipotesi in cui sia proposto ricorso per revocazione avverso una sentenza della stessa Corte di cassazione, in quanto, trovandosi in tal caso il fascicolo già presso il giudice ad quem, la richiesta di un’apposita istanza di acquisizione costituirebbe un inutile formalismo, contrastante con le esigenze di efficienza e semplificazione, le quali impongono di privilegiare interpretazioni coerenti con la finalità di rendere giustizia” (così Cass. sez. 1^, n. 24856/2006; e cfr. anche, in tema di requisiti formali del ricorso per revocazione di sentenza della Corte di cassazione, sez. un., n. 17631/2003, con la quale s’è escluso che la posizione del ricorrente possa subire aggravamenti estranei alle esigenze di funzionalità).
Ritengono queste Sezioni unite che il menzionato principio di strumentante e le esigenze e la finalità da ultimo richiamate facciano premio, in sede ermeneutica, sul “vantaggio” per la Corte di cassazione di disporre immediatamente degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda e che siano già contenuti nel fascicolo d’ufficio, comunque destinato a pervenire nella sua disponibilità una volta richiestane la tempestiva trasmissione da parte del ricorrente. Che, a ben vedere, l’alternativa sarebbe costituita dalla gravissima sanzione della declaratoria di improcedibilità del ricorso (ex art. 387 c.p.c., non più riproponibile) per non avere la parte prodotto atti di cui la Corte già normalmente dispone nel momento in cui esamina il ricorso, o di cui può agevolmente disporre, sollecitando l’invio del fascicolo d’ufficio alla cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata nei casi, per vero abbastanza rari, in cui esso non sia ancora pervenuto al momento del primo esame del ricorso.
Va, comunque, recisamente escluso che le esigenze o le disfunzioni organizzative degli uffici giudiziari possano giustificare decadenze non espressamente previste dalla legge. E va osservato che il principio della ragionevole durata del processo è stato bensì costituzionalizzato, ma con la previsione che è la legge ad assicurarla (art. 111 Cost., comma 2) ed è sempre la legge a regolare il “giusto processo” (art. 111 Cost., comma 1).
È stato d’altronde già statuito (Sez. un., ordinanza n. 7161/2010 e sentenza n. 28547/2008) che, quanto agli atti ed ai documenti contenuti nei fascicoli di parte, la produzione documentale possa avvenire mediante la produzione del fascicolo del merito, affermandosi che “qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi ne fascicolo di quelle fasi, la produzione può avvenire per il tramite della produzione di tale fascicolo, ferma restando la necessità di indicare nel ricorso la sede in cui esso ivi è rinvenibile e di indicare che il fascicolo è prodotto, occorrendo tali indicazioni perché il requisito della indicazione specifica sia assolto”; ed è stato chiarito che solo se il documento risulti prodotto nelle fasi di merito dalla controparte “è necessario che il ricorrente… – cautelativamente e comunque stante l’autonoma previsione dell’art. 369 c.p.c., n. 4, che riferisce l’onere di produzione direttamente al ricorrente, per il caso che quella controparte possa non costituirsi in sede di legittimità o possa costituirsi senza produrre il fascicolo o possa produrlo senza il documento – produca in copia il documento stesso (appunto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, ed indichi tale modalità di produzione nel ricorso)”.
Così come, dunque, l’onere di deposito è assolto, per gli atti contenuti nel fascicolo di parte, dalla produzione di quel fascicolo senza necessità che si proceda ad un ulteriore specifico atto di deposito, analogamente esso è soddisfatto, per gli atti contenuti nel fascicolo d’ufficio, dalla richiesta di trasmissione dello stesso ex art. 369 c.p.c., comma 3, che costituisce il meccanismo “istituzionale” di trasmissione dei suddetti atti alla Corte di Cassazione.
La conclusione è in linea con l’originaria, consolidata interpretazione della disposizione in esame, anteriore al mutamento di indirizzo del 2009 di cui sopra s’è detto (sub 2.), fondato su una modificazione della lettera dell’art. 369 c.p.c., n. 4, (aggiunta delle parole “atti processuali” con la novella del 2006) cui non può attribuirsi l’univoco senso del riferimento anche agli atti già contenuti nel fascicolo d’ufficio. Sicché è in definitiva ribadito il principio secondo il quale una diversa interpretazione della norma processuale “non ha ragione di essere ricercata e la precedente abbandonata, quando l’una e l’altra siano compatibili con la lettera della legge, essendo da preferire – e conforme ad un economico funzionamento del sistema giudiziario – l’interpretazione sulla cui base si è, nel tempo, formata una pratica di applicazione stabile.
Soltanto fattori esterni alla formula della disposizione di cui si discute – derivanti da mutamenti intervenuti nell’ambiente processuale in cui la formula continua a vivere, o dall’emersione di valori prima trascurati – possono giustificare l’operazione che consiste nell’attribuire alla disposizione un significato diverso” (così Cass., sez. un., n. 10864/2011).
5.1.- Per il processo tributario, il meccanismo istituzionale di trasmissione ex art. 369 c.p.c., comma 3, si estende anche ai fascicoli di parte che restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono ad esse restituiti al termine del processo (così il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 25, comma 2), dove per termine del processo deve intendersi, quante volte esso si concluda con una sentenza, il momento del suo passaggio in giudicato, secondo quanto s’è sempre ritenuto.
Nel processo tributario non è dunque necessario che le parti producano copia autentica degli atti e documenti contenuti nei fascicoli di parte, che “possono” bensì ottenere ai sensi della disposizione da ultimo citata, ma che non “devono” richiedere.
Va anzi precisato che, proprio perché i fascicoli delle parti restano acquisiti al fascicolo d’ufficio fino al termine del processo e con quel fascicolo devono dunque pervenire alla Corte di cassazione, al ricorrente non potrà farsi carico neppure della mancata produzione della copia degli atti e documenti (sui quali il ricorso si fondi) contenuti nel fascicolo di merito della controparte, essendo il meccanismo istituzionale di acquisizione connotato da una regola particolare anche per quel fascicolo di merito. Nei ricorsi avverso le sentenze delle Commissioni tributarie non è conseguentemente applicabile il principio enunciato da queste Sezioni unite con le citate decisioni nn.7161/2010 e 28547/2008, con le quali s’era affermato che “se il documento risulti prodotto nelle fasi di merito dalla controparte, è necessario che il ricorrente…
– cautelativamente e comunque stante l’autonoma previsione dell’art. 369 c.p.c., n. 4 citato, che riferisce l’onere di produzione direttamente al ricorrente, per il caso che quella controparte possa non costituirsi in sede di legittimità o possa costituirsi senza produrre il fascicolo o possa produrlo senza il documento – produca in copia il documento stesso (appunto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4,…)”. Tanto per l’ovvia ragione (che è tuttavìa il caso di ribadire) che il fascicolo della controparte deve pervenire alla Corte di cassazione unitamente al fascicolo d’ufficio che lo contiene.
Uno spazio applicativo del principio generale va riservato al solo caso in cui la parte ricorrente abbia comunque ottenuto, anche se irregolarmente perché prima della fine del processo, la restituzione del proprio fascicolo dalla segreteria della Commissione tributaria.
In tal caso, poiché la mancata acquisizione del suo fascicolo di parte unitamente al fascicolo d’ufficio è ricollegabile ad una precedente iniziativa della stessa parte ricorrente, che proprio per questo non può confidare nell’acquisizione del suo fascicolo secondo le modalità ordinarie (per il processo tributario), alla mancata produzione del fascicolo di parte conseguirà l’improcedibilità del ricorso ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.
Se, per contro, il fascicolo irregolarmente ritirato sia quello della controparte, tanto risulti dalle annotazioni contenute nel fascicolo d’ufficio e questa non lo abbia, per qualunque ragione, versato in atti, allora i principi di lealtà processuale e di non contestazione impongono che si abbia per vero il contenuto dell’atto o del documento su cui il ricorso si fonda (e di cui non sia possibile disporre per fatto della controparte), quale indicato e riportato in ricorso nel rispetto, a pena di inammissibilità, delle prescrizioni di cui all’art. 366 c.p.c..
5.2.- Quanto si qui osservato in ordine ai presupposti legali dell’improcedibilità ovviamente non preclude affatto al ricorrente – essendo anzi auspicabile che vi si determini – di produrre comunque copia degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda.
5.3.- È il caso di riaffermare che il deposito dell’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio alla cancelleria della Corte di cassazione non è richiesto dall’art. 369 c.p.c., comma 3, a pena di improcedibilità del ricorso (Cass., sez. un., n. 9005/2009); e che “la mancata allegazione della richiesta vistata al momento del deposito del ricorso non comporta l’invalidità di questo deposito e, automaticamente, l’improcedibilità ex art. 369 c.p.c., comma 1;
determina, invece, un’autonoma improcedibilità che, tra l’altro, si verifica solo quando il deposito di detta richiesta non sia comunque avvenuto nel termine di venti giorni dalla notifica del ricorso stesso, e sempre che il fascicolo d’ufficio non sia stato altrimenti trasmesso e che, per effetto della sua indisponibilità, la Corte si trovi nell’impossibilità di portare il suo esame su atti e domande che devono essere vagliati per la decisione dell’impugnazione” (così, tra le altre, Cass., sez. 1^, n. 51/1994).
6.- Il contrasto va dunque composto e la questione risolta con l’enunciazione dei seguenti principi di diritto:
– l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, di produrre a pena di improcedibilità del ricorso, entro i venti giorni dall’ultima notificazione dello stesso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” è soddisfatto, quanto agli atti ed ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3, (ferma in ogni caso l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi);
– per i ricorsi avverso sentenze delle commissioni tributane, la indisponibilità dei fascicoli delle parti (che, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 25, comma 2, restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono restituiti solo al termine del processo) comporta la conseguenza che la parte ricorrente non è onerata della produzione del proprio fascicolo, contenuto nel fascicolo d’ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla Corte di cassazione ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (a meno che non abbia irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di parte dalla segreteria della commissione tributaria); neppure è tenuta, per la stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte.
7.- Il ricorso è conclusivamente procedibile.
Gli atti vanno rimessi alla Sezione tributaria per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

La corte di cassazione, a sezioni unite, dichiara procedibile il ricorso e rimette gli atti alla Sezione tributaria per l’ulteriore corso.

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