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Home » Finanze Fisco Tributi » Cassazione civile, sez. V tributaria, 7 marzo 2018, n. 5429

Cassazione civile, sez. V tributaria, 7 marzo 2018, n. 5429

RedazionediRedazione
17 Marzo 2018 - Aggiornato il 18 Marzo 2018
inFinanze Fisco Tributi, Sentenze
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Fatto

1. Nei confronti di G.A. venivano notificati due avvisi di accertamento quale socia di due società di persone. Uno dei due avvisi veniva, poi, annullato dalla Agenzia delle Entrate.
Quanto all’avviso di accertamento residuo relativo all’anno di imposta 1996 n. (omissis) per la somma di Euro 92.603,17, divenuto definitivo per mancata impugnazione, la G. presentava ricorso avverso la cartella di pagamento notificata il 29-12-2005, evidenziando la violazione dell’art. 17, comma 3, lett. c, per intervenuta decadenza dal termine di formazione ed esecutività dell’iscrizione a ruolo avvenuta oltre il 31-12-2003, anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, del D.P.R. n. 602 del 1973 e del medesimo art. 17 inteso “quale termine perentorio finale di notifica dell’atto”. Inoltre, si censurava la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 1 “in quanto per il principio della conoscenza degli atti il ruolo e la cartella che lo incorpora dovevano essere notificati entro il termine decadenziale del 31-12-2003”.
Infatti, l’avviso di accertamento era stato notificato il 25-6-2002, sicché decorsi i sessanta giorni, e tenuto conto della sospensione feriale dei termini, il termine per la presentazione del ricorso era scaduto il 9-10-2002. Il ruolo doveva essere reso esecutivo nel termine di decadenza del 31-12-2003.
2.1. Per l’Agenzia delle Entrate, invece, l’avviso di accertamento, notificato il 25-6-2002 e non impugnato, era divenuto definitivo solo il 18-3-2004, essendo stata presentata istanza di accertamento con adesione ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6 in data 25-9-2002 ed allegata alle proprie controdeduzioni depositate il 19-4-2006.
2. La Commissione Tributaria Provinciale all’udienza del 19-9-2006 con ordinanza ordinava all’Ufficio di produrre agli atti del giudizio copia della domanda di accertamento con adesione della ricorrente. L’Ufficio provvedeva al deposito in data 28-11-2006, precisando che la copia della domanda di accertamento con adesione della ricorrente era già stata allegata alle proprie controdeduzioni depositate il 19-4-2006.
3. La ricorrente aveva, però, eccepito la violazione del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 32, rilevando che l’Ufficio aveva depositato nuovi documenti dopo l’udienza di trattazione del 19-9-2006, senza rispettare il termine di venti giorni prima dell’udienza.
4. La Commissione Provinciale Tributaria accoglieva parzialmente il ricorso, con riferimento al primo avviso di accertamento relativo all’anno 1997 che, però, non rileva ai fini della presente decisione.
Rigettava, però, il ricorso relativo all’avviso dell’anno 1996, in quanto l’accertamento con adesione era stato presentato il 25-9-2002, sicché ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 15 e del D.L. n. 269 del 2003, art. 34, i termini per presentare il ricorso scadevano il 18-3-2004. Pertanto, il ruolo era stato reso esecutivo nei termini (anno successivo a quello in cui l’accertamento era divenuto definitivo), e quindi il 17-6-2004 e la cartella era stata ritualmente notificata il 30-12-2005.
5. La Commissione Tributaria Regionale, con sentenza depositata il 30-4-2010, accoglieva l’appello proposto dalla contribuente evidenziando che l’Amministrazione aveva prodotto la documentazione a sostegno delle proprie ragioni oltre i previsti venti giorni liberi prima della udienza di trattazione ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, che il giudice di prime cure aveva richiesto con ordinanza che la predetta documentazione fosse ritrasmessa da parte dell’Ufficio, che però la L. 2 dicembre 2005, n. 248 aveva abrogato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 3, il quale consentiva alla Commissione Tributaria di ordinare alle parti la produzione di documenti, che, quindi, tale documentazione tardiva non poteva considerarsi prodotta ed era ininfluente ai fini del decidere.
6. Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate.
7. L’intimata non notificava controricorso.

DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
1.1. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, in quanto il documento (istanza di accertamento con adesione) “è stato prodotto tardivamente in 1 grado” ma, potendo essere riprodotto in appello, “essendo rimasto nel fascicolo d’ufficio”, era utilizzabile. Il documento, quindi, già era in atti nel fascicolo di parte di primo grado, pure se prodotto tardivamente, e quindi confluito nel fascicolo di ufficio di primo grado.
1.2. Tale motivo è fondato.
Invero, va chiarito che il documento in questione, istanza di accertamento con adesione, è stato prodotto la prima volta nel giudizio di primo grado dalla Agenzia delle Entrate in sede di controdeduzioni, seppure tardivamente, e quindi in violazione del termine di giorni venti prima dell’udienza ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32.
Il documento è stato, poi, riprodotto una seconda volta, a seguito del provvedimento irrituale della Commissione Tributaria, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 comma 3, già abrogato dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248.
Indubbiamente l’istanza di accertamento con adesione prodotta tardivamente, come pure la medesima istanza prodotta su richiesta illegittima della Commissione Provinciale, non potevano essere utilizzate per la decisione di primo grado, in quanto documenti tardivi ed irrituali.
1.3. Tuttavia, nel giudizio di appello, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2 consente la produzione di nuovi documenti, senza i limiti di cui all’art. 345 c.p.c., pure se tali documenti devono essere prodotti sempre venti giorni prima dell’udienza, stante il richiamo dell’art. 61 alle norme del procedimento di primo grado, e, quindi, anche all’art. 32.
1.4. Invero, il processo tributario si distingue nettamente dal processo civile ordinario di cognizione, in quanto i fascicoli di parte sono inseriti in modo definitivo nel fascicolo d’ufficio, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 25, comma 2, sino alla sentenza passata in giudicato. Le parti, quindi, non hanno, come nel giudizio civile, la possibilità di ritirare i rispettivi fascicoli, con autorizzazione del giudice, oppure senza autorizzazione in sede di precisazione delle conclusioni, ai sensi degli artt. 168 e 169 c.p.c., dovendolo restituire, al più tardi, al momento della precisazione delle conclusioni.
Al contrario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 25, comma 2 dispone che “I fascicoli di parte restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono ad esse restituiti al termine del processo. Le parti possono ottenere copia autentica degli atti e dei documenti contenuti nei fascicoli di parte e d’ufficio”. Nel processo tributario, dunque, le parti hanno solo il potere di ottenere la copia autentica degli atti contenuti nei fascicoli di parte, ma mai la restituzione dei fascicoli in originale, se non dopo il passaggio in giudicato della decisione.
Pertanto, il documento (istanza di accertamento con adesione) pur se prodotto tardivamente dalla Agenzia in sede di controdeduzioni, proprio per l’inscindibilità dei fascicoli di parte con il fascicolo d’ufficio, ai sensi del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 25, comma 2, è entrato automaticamente e “ritualmente” nel procedimento di appello (con il deposito del fascicolo di primo grado in sede di gravame al momento della costituzione) e ben poteva essere utilizzato dalla Commissione Regionale ai fini del decidere.
Per la Suprema Corte, infatti, in tema di contenzioso tributario, il documento irritualmente prodotto in primo grado può essere nuovamente prodotto in secondo grado nel rispetto delle modalità di produzione previste dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 32 ed in forma analoga nell’art. 87 disp. att. cod. proc. civ.; tuttavia, ove il documento sia inserito nel fascicolo di parte di primo grado e questo sia depositato all’atto della costituzione unitamente al fascicolo di secondo grado, si deve ritenere raggiunta – ancorchè le modalità della produzione non corrispondano a quelle previste dalla legge – la finalità di mettere il documento a disposizione della controparte, in modo da consentirle l’esercizio del diritto di difesa, onde l’inosservanza delle modalità di produzione documentale deve ritenersi sanata (Cass.Civ., 15 ottobre 2010, n. 21309; Cass. Civ., 30 novembre 2011, n. 24398).
Del resto, la Suprema Corte in una successiva pronuncia (Cass.Civ., 30 novembre 2016, n. 24398), ha seguito l’orientamento consolidato, premurandosi di aggiungere che “tale principio, cui il Collegio intende dare continuità, si attaglia alla fattispecie in esame dal momento che non è specificamente contestato che la documentazione in oggetto fosse inserita nel fascicolo di parte di primo grado e che questo fosse stato depositato all’atto della costituzione unitamente al fascicolo di secondo grado”.
1.5. Pertanto, nel giudizio di appello, dinanzi alle commissioni tributarie regionali, le parti hanno facoltà, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, di depositare nuovi documenti, a nulla rilevando la eventuale irritualità della loro produzione in primo grado (Cass.Civ., 11 novembre 2011, n. 23616). Per la Suprema Corte, infatti, in tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 58, fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti consentiti dall’art. 345 cod. proc. civ., ma tale attività processuale va esercitata – stante il richiamo operato dall’art. 61 del citato d.lgs. alle norme relative al giudizio di primo grado entro il termine previsto dall’art. 32, comma 1, dello stesso decreto, ossia fino a venti giorni liberi prima dell’udienza con l’osservanza delle formalità di cui all’art. 24, comma 1, dovendo, peraltro, tale termine ritenersi, anche in assenza di espressa previsione legislativa, di natura perentoria, e quindi sanzionato con la decadenza, per lo scopo che persegue e la funzione (rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio) che adempie (Cass.Civ., 15 gennaio 2014, n. 655; Cass.Civ., 24 febbraio 2015, n. 3661).
1.6. Tuttavia, per la Suprema Corte, a Sezioni Unite (Cass.Civ., SS.UU, 3 novembre 2011, n. 22726) i fascicoli di parte restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono restituiti alle parti al termine del processo, dove l’espressione “termine del processo” va intesa come momento del suo passaggio in giudicato.
Pertanto, al ricorrente non può farsi carico neppure della mancata produzione della copia degli atti e documenti contenuti nel fascicolo di merito della controparte, essendo il meccanismo istituzionale di “acquisizione” connotato da una regola particolare.
Si è precisato, ai fini dell’applicazione del disposto dell’art. 369 c.p.c., comma 3, allora, che nel processo tributario non è applicabile “il principio enunciato da queste Sezioni Unite 7161/2010 e 28547/2008, con le quali s’era affermato che se il documento risulti prodotto nelle fasi di merito dalla controparte, è necessario che il ricorrente…cautelativamente…produca in copia il documento stesso…”, per l’ipotesi che la controparte non si costituisca nel giudizio di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o producendolo senza il documento.
Pertanto, nel ricorso avverso le sentenze delle commissioni tributarie, la indisponibilità dei fascicoli delle parti, avvinti ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 25, comma 2, comporta la conseguenza che la parte ricorrente non è onerata della produzione del proprio fascicolo, contenuto nel fascicolo d’ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. Neppure è tenuta la parte ricorrente, per la medesima ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte.
1.7. Deve applicarsi, allora, il seguente principio di diritto: “in tema di contenzioso tributario, il documento irritualmente prodotto in primo grado può essere nuovamente prodotto in secondo grado nel rispetto delle modalità di produzione previste dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 32 ed in forma analoga nell’art. 87 disp. att. cod. proc. civ.; tuttavia, ove il documento sia inserito nel fascicolo di parte di primo grado e questo sia depositato all’atto della costituzione unitamente al fascicolo di secondo grado, si deve ritenere raggiunta – ancorchè le modalità della produzione non corrispondano a quelle previste dalla legge – la finalità di mettere il documento a disposizione della controparte, in modo da consentirle l’esercizio del diritto di difesa, onde l’inosservanza delle modalità di produzione documentale deve ritenersi sanata”.
2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, rilevando che la norma (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17) è stata abrogata da cinque anni, sicché ora ai fini della tempestività non conta l’iscrizione a ruolo ma solo la notifica della cartella.
3. Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25,L. n. 289 del 2002, art. 15 e D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 3, in ragione della validità della produzione in giudizio dell’istanza di adesione. Pertanto, l’istanza di adesione ha sospeso il termine per l’impugnazione dell’avviso di accertamento, notificato il 25-6-2002 e che sarebbe divenuto definitivo il 9-10-2002. Ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 3 l’istanza ha sospeso il termine di 90 giorni, quindi, fino ai primi giorni del gennaio 2003. La legge 289/2002 ha poi sospeso il termine fino al 19-4-2004. La cartella poteva, allora, essere notificata entro il 31-12-2006, cioè il 31 dicembre del 2 anno successivo al 17-4-2004.
4. Tali motivi sono assorbiti.
5. La sentenza deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata in diversa composizione, che si atterrà al principio di diritto suindicato al paragrafo 1.7. e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
Accoglie il primo motivo e, per l’effetto, cassa la sentenza con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. Dichiara assorbiti i motivi secondo e terzo.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 dicembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2018

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