SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Messina, con sentenza del 21/1/03, riconosceva S.M. colpevole del reato di cui all’art. 609 bis c.p. per avere in tempi diversi e con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, costretto la moglie, P.C., mediante violenza, a subire atti sessuali; per avere, inoltre, picchiandola ripetutamente, posto in essere atti idonei, in modo non equivoco a costringere con violenza la P. a subire atti sessuali.
Lo condannava, ritenuta la continuazione, concesse le attenuanti generiche, ritenuto il fatto di minore gravità, ai sensi dell’art. 609 bis c.p., u.c., alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione, applicava, altresì, le pene accessorie di cui all’art. 609 nonies c.p., nn. 2 e 3, pena sospesa e non menzione.
La Corte di Appello di Messina, chiamata a decidere sul gravame proposto dall’imputato, con sentenza dell’1/12/06, ha confermato il decisum di prime cure.
Propone ricorso per cassazione la difesa del prevenuto, con i seguenti motivi:
– error in iudicando – violazione, falsa ed erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p., nn. 1 e 2, per insussistenza della prova in ordine all’elemento materiale del reato, visto che la stessa p.o. avrebbe escluso di essere stata oggetto di violenza da parte del marito, al fine di avere rapporti sessuali.
– error in procedendo – violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), mancanza assoluta di motivazione in ordine ai capi decisivi del provvedimento, avendo omesso la Corte di Appello di valutare la insussistenza di coartazione della volontà da parte dell’imputato nei confronti della p.o..
Le dichiarazioni rese dalla P., infatti, avrebbero nettamente manifestato la sopraggiunta carenza di amore da parte di costei nei confronti del coniuge e che la donna avrebbe assentito ad avere rapporti sessuali con lo stesso solo per evitare liti alla presenza dei figli minori, ma, nel contempo, quanto affermato avrebbe fornito la prova della insussistenza, nella condotta posta in essere dall’imputato, degli elementi concretizzanti il reato ascrittogli.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e va rigettato.
La sentenza si appalesa argomentata con logica, correttezza ed esaustività.
Con il gravame si censura la decisione, rilevando che la Corte territoriale avrebbe errato nel configurare nella condotta posta in essere dal prevenuto il reato di violenza sessuale, evidenziando come dalle dichiarazioni della moglie fosse emerso che la stessa aveva accettato di soddisfare le voglie del marito, pur non amandolo più, al sol fine di evitare alla prole di assistere ai litigi, che di frequente si verificavano tra i coniugi.
La doglianza appare priva di fondamento, rilevato che le conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito nei due gradi del giudizio risultano fondate su una attenta ed approfondita disamina delle risultanze processuali e su una valutazione delle prove rispondente ai criteri di ermeneutica, fissati dal codice di rito, nonché su considerazioni logiche.
La Corte territoriale evidenzia come dalle dichiarazioni della P. sia risultato evidente che ogni qualvolta la stessa si era rifiutata di avere rapporti sessuali con lo S., costui aveva reagito in maniera violenta, fino ad aggredirla. Costei aveva subito le voglie del prevenuto, solo per evitare ai figli di assistere a scenate poco edificanti ed afferma sul punto che “si litigava sempre per questo problema… c’erano queste liti, quindi i ragazzi erano lì presenti e, per non creargli questa confusione, acconsentivo perchè c’erano i ragazzi” (esame P. pagg. 19- 20, riportato in sentenza a pag. 2).
Peraltro, lo stesso imputato ha dichiarato, in particolare con riferimento all’ultimo periodo di convivenza, che la moglie non era disponibile ad avere rapporti sessuali, mostrandosi distaccata, e che, solo per il quieto vivere, aderiva, talvolta, alla sua richiesta di contatti intimi. Da ciò il decidente ha correttamente desunto che lo S. era ben consapevole del fatto che la moglie non gradiva avere più rapporti sessuali e che soggiaceva alle di lui voglie, solo al fine di evitare indecorose e diseducative scenate di fronte alla prole.
Orbene in tema di reati contro la libertà sessuale, nei rapporti di coppia di tipo coniugale, non ha valore scriminante il fatto che la donna non si opponga palesemente ai rapporti sessuali e li subisca, potendosi configurare nella specie un costringimento fisico – psichico idoneo ad incidere sulla libertà di autodeterminazione, quando è provato che l’autore, per le violenze e minacce precedenti, poste ripetutamente in essere nei confronti della vittima, aveva la consapevolezza del rifiuto implicito della stessa agli atti sessuali (Cass. 7/3/06, n. 14789; Cass. 26/3/04, n. 14789).
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.