REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI IN SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LOMBARDIA
[…]
Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni; Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161; Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;
Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;
Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali; Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;
Vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’articolo 7, comma 8, della legge n. 131/2003; Vista la nota n. 61043 del 20.12.2010 (prot. c.c. n. 617 del 20.01.2011) con la quale il Presidente della Provincia di Lecco ha chiesto un parere in materia di contabilità pubblica;
Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per deliberare sulla richiesta proveniente dal Presidente della Provincia di Lecco; Udito il relatore, Alessandro Napoli;
PREMESSO CHE
Con nota n. 61043 del 20.12.2010 (prot. c.c. n. 617 del 20.01.2011) il Presidente della Provincia di Lecco formula a questa Sezione un quesito relativo alla legittimità dell’attribuzione di compensi per la carica di consigliere di amministrazione di società partecipate dall’ente medesimo, titolari di cariche elettive in enti diversi dalla Provincia di Lecco, ai sensi dell’art. 5 comma 5 l. n. 122/2010.
L’Amministrazione premette di procedere, nel rispetto del dettato normativo, alla nomina di membri nei Consigli di Amministrazione di diverse società nelle quali partecipa come socio.
Precisa, altresì, in riferimento alle società in oggetto, che i membri nominati dalla Provincia di Lecco non ricoprono alcuna carica, nell’ambito di quest’ultima, né elettiva né ad altro titolo e non ricevono da tale Provincia alcun emolumento per qualsivoglia causale. Tali soggetti, però, ricoprono la carica di Consiglieri in altre Amministrazioni locali.
Le suddette società non risultano inserite nel conto economico consolidato della Pubblica Amministrazione ex art. 1 comma 3 della legge n. 196/2009.
La Provincia segnala l’inapplicabilità a tali fattispecie dell’art. 1 comma 718 della Legge 296/2006 (legge finanziaria 2007) ai sensi del quale “l’assunzione, da parte dell’amministratore di un ente locale, della carica di componente degli organi di amministrazione di società di capitali partecipate dallo stesso ente non dà titolo alla corresponsione di alcun emolumento a carico della società”. Infatti, come anticipato in precedenza, l’ente locale partecipante è diverso da quello in cui il soggetto – nominato membro del cda – riveste la carica elettiva.
Al contrario, l’Amministrazione provinciale ritiene espressamente applicabile l’art. 6 comma 6 della l. n. 122/2010 ai sensi del quale “nelle società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché nelle società possedute direttamente o indirettamente in misura totalitaria, alla data di entrata in vigore del presente provvedimento dalle amministrazioni pubbliche, il compenso di cui all’articolo 2839, primo comma del codice civile, dei componenti degli organi di amministrazione e di quelli di controllo è ridotto del 10 per cento. La disposizione di cui al primo periodo si applica a decorrere dalla prima scadenza del consiglio o del collegio successiva alla data di entrata in vigore del presente provvedimento. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle società quotate e alle loro controllate”.
Si desume, dunque, che le società partecipate oggetto della richiesta di parere siano in misura totalitaria in mano pubblica, essendo tale il presupposto applicativo del citato art. 6 comma 6 (oltre all’inserimento nell’elenco ISTAT, come detto escluso dall’Amministrazione provinciale).
A fronte di tali chiari ambiti applicativi, sorgono al contrario dubbi interpretativi in relazione all’art. 5 comma 5 della medesima legge n. 122/2010.
Ai sensi di quest’ultima disposizione, “ferme le incompatibilità previste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute; eventuali gettoni di presenza non possono superare l’importo di 30 Euro a seduta”.
La relativa esegesi ha dato luogo ad un dibattito tra gli enti locali titolari delle partecipazioni nelle società in oggetto.
Secondo una prima opinione, non condivisa dalla Provincia di Lecco, quest’ultima disposizione troverebbe applicazione ai soggetti nominati consiglieri di cda di società partecipate laddove titolari di cariche elettive, anche se queste ultime siano rivestite in enti diversi da quelli partecipanti alle predette società.
L’Amministrazione provinciale, come detto, ritiene al contrario non applicabile la disposizione nel caso di specie, sulla base di una serie di argomenti letterali e sistematici nel prosieguo richiamati, richiedendo comunque sul punto un avviso chiarificatore della Sezione.
Innanzitutto, l’ente locale segnala la rubrica dell’articolo 5, riferita ad “economie negli organi costituzionali, di governo e di apparati politici”, e non sembra coerente ricondurre a tali fattispecie gli organi delle società partecipate.
In secondo luogo, appare significativa – argomenta la Provincia – la clausola di salvezza nell’incipit della disposizione, per cui restano “ferme le incompatibilità previste dalla disciplina vigente”. Tale richiamo, in sede di esegesi sistematica, rimanderebbe all’ambito applicativo degli articoli 82 e ss TUEL il cui ambito è estraneo alle società partecipate, in quanto attiene al regime delle indennità, dei gettoni di presenza e di quant’altro percepito da amministratori comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane per la partecipazione ad organi collegiali di tipo istituzionale, facenti parte dell’ente locale di riferimento o di altri soggetti istituzionali ovvero di loro articolazioni (aziende speciali, istituzioni, enti strumentali, etc..).
Da ciò deriva, secondo quanto ritenuto nel quesito, che “la norma sembra riferirsi all’ipotesi di soggetti che ricevano più di un incarico in organi costituzionali, di governo e di apparati politici, (anche di enti locali) dello stesso ente ai quali certamente non possono ricondursi apparati di tipo strettamente tecnico-amministrativo, quali gli organi delle società di capitali – che invece e giustamente la legge 122 descrive come apparati amministrativi (cfr. art. 6 comma 6 della medesima legge 122 del 2010). Al riguardo, inoltre, non si spiegherebbe perché il legislatore avrebbe dovuto riportare all’interno dell’articolo 5 una norma applicabile alle società partecipate, laddove la disciplina dello stesso articolo 5 è riferita complessivamente alla riduzione delle spese relative ad organi strettamente elettivi (Ministri, Consiglio Superiore della Magistratura), come dimostrano i commi successivi che introducono specifiche modifiche proprio agli artt. 82 e ss del d.lgs. n. 267 del 2000. Peraltro, la prescrizione sembra essere dettata dalla preoccupazione di evitare che un soggetto percepisca più emolumenti dallo stesso ente e per la medesima causa istituzionale sia pure in ambiti diversi”.
D’altronde, aggiunge l’Amministrazione, se così non fosse invece che al regime delle incompatibilità la norma avrebbe dovuto fare riferimento all’art. 1 comma 718 della legge finanziaria 2007, per estenderne la disciplina a qualsiasi soggetto titolare di altra carica anche in enti diversi da quello
partecipante.
Inoltre, prosegue la Provincia di Lecco, “se la legge 122 del 2010 avesse voluto colpire ogni compenso dei membri degli organi delle società partecipate, non si vede perché il secondo comma dello stesso articolo 6, che fa diventare addirittura onorifiche tutte le cariche per la partecipazione agli organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti che ricevono contributi a carico delle finanza pubbliche tra cui sicuramente molte partecipate escluda espressamente proprio le società partecipate dal suo ambito di applicazione”.
Alla luce di tali argomentazioni, a tutto concedere, l’Amministrazione ipotizza che l’unico modo per ascrivere l’art. 5 comma 5 alle società partecipate consisterebbe nel sussumere nella nozione di “qualsiasi incarico” anche le designazioni di propri amministratori effettuate dagli enti locali in altri organi delle società da questi ultimi partecipate. Infatti, poiché il divieto di erogare compensi era già previsto dall’art. 1 comma 718 della legge 296/06 per i titolari di cariche elettive dei medesimi enti partecipanti laddove divenissero componenti degli organi di amministrazione di società partecipate, l’art 5 avrebbe – al limite – esteso tale divieto dai soli organi di amministrazione a qualsiasi ulteriore incarico conferito in società partecipate su designazione dell’ente locale socio.
Nella fattispecie in oggetto troverebbe, dunque, applicazione il solo articolo 6 comma 6, con conseguente decurtazione del 10% del compenso.
Conclusivamente, alla luce di tali considerazioni generali l’Amministrazione si interroga se l’art. 5 comma 5 della l. n. 122/2010 si riferisca alle società partecipate.
In caso affermativo il successivo dubbio concerne l’applicazione della disposizione in funzione della tipologia di incarico all’interno della società o della qualifica di amministratore locale indipendentemente dal fatto di ricoprire o meno la carica nell’ambito dello stesso ente socio.
OSSERVA CHE
La richiesta di parere in esame è intesa ad avvalersi della facoltà prevista dalla norma contenuta nell’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, la quale dispone che le Regioni, i Comuni, le Province e le Città metropolitane possono chiedere alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti “pareri in materia di contabilità pubblica”.
La funzione consultiva delle Sezioni regionali è inserita nel quadro delle competenze che la legge n. 131 del 2003, recante adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha attribuito alla Corte dei conti.
In relazione allo specifico quesito formulato dal Presidente della Provincia di Lecco, la Sezione evidenzia quanto segue.
AMMISSIBILITÀ
Il primo punto da esaminare concerne la verifica in ordine alla circostanza se la richiesta proveniente dal Presidente della Provincia di Lecco rientri nell’ambito delle funzioni attribuite alle Sezioni regionali della Corte dei conti dall’art. 7 comma ottavo, della legge 6 giugno 2003, n. 131, norma in forza della quale Regioni, Province e Comuni possono chiedere a dette Sezioni pareri in materia di contabilità pubblica nonché ulteriori forme di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa.
In proposito, questa Sezione ha precisato, in più occasioni, che la funzione di cui al comma ottavo dell’art. 7 della legge n. 131/2003 si connota come facoltà conferita agli amministratori di Regioni, Comuni e Province di avvalersi di un organo neutrale e professionalmente qualificato per acquisire elementi necessari ad assicurare la legalità della loro attività amministrativa.
I pareri e le altre forme di collaborazione si inseriscono nei procedimenti amministrativi degli enti territoriali consentendo, nelle tematiche in relazione alle quali la collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderate nello svolgimento dei poteri che appartengono agli amministratori pubblici, restando peraltro esclusa qualsiasi forma di cogestione o coamministrazione con l’organo di controllo esterno (per tutte: 11 febbraio 2009, n. 36).
Infatti, deve essere messo in luce che il parere della Sezione attiene a profili di carattere generale anche se, ovviamente, la richiesta proveniente dall’ente pubblico è motivata, generalmente, dalla necessità di assumere specifiche decisioni in relazione ad una particolare situazione. L’esame e l’analisi svolta nel parere è limitata ad individuare l’interpretazione di disposizioni di legge e di principi generali dell’ordinamento in relazione alla materia prospettata dal richiedente, spettando, ovviamente, a quest’ultimo la decisione in ordine alle modalità applicative in relazione alla situazione che ha originato la domanda.
Con specifico riferimento all’ambito di legittimazione soggettiva ed oggettiva degli enti in relazione all’attivazione di queste particolari forme di collaborazione, è ormai consolidato l’orientamento che vede nel caso della Provincia, il Presidente o, nel caso di atti di normazione, il Consiglio provinciale quale organo che può proporre la richiesta.
Inoltre, è acquisito ed incontestato che non essendo ancora insediato in Lombardia il Consiglio delle autonomie, previsto dall’art. 123 della Costituzione e dallo Statuto della Regione Lombardia, i Comuni e le Province possano, nel frattempo, chiedere direttamente i pareri alla Sezione regionale.
Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre rilevare che la disposizione contenuta nel co. 8, dell’art. 7 della legge 131 deve essere raccordata con il precedente co. 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali.
Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo ermeneutica.
Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il co. 8 prevede forme di collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma rese esplicite in particolare con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica.
Appare conseguentemente chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che anzi le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo rmeneutica i ad esse conferite dalla legislazione positiva.
Al riguardo, le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, co. 31 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno delineato una nozione unitaria di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici” da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n. 54, in data 17 novembre 2010).
Il limite della funzione consultiva come sopra delineato fa escludere qualsiasi possibilità di intervento della Corte dei conti nella concreta attività gestionale ed amministrativa che ricade nella esclusiva competenza dell’autorità che la svolge o che la funzione consultiva possa interferire in concreto con competenze di altri organi giurisdizionali.
Dalle sopraesposte considerazioni consegue che la nozione di contabilità pubblica va conformandosi all’evolversi dell’ordinamento, seguendo anche i nuovi principi di organizzazione dell’amministrazione, con effetti differenziati, per quanto riguarda le funzioni della Corte dei conti, secondo l’ambito di attività.
Con specifico riferimento alla richiesta oggetto della presente pronuncia, la Sezione osserva che la stessa risulta ammissibile, oltre che sul piano soggettivo, anche su quello oggettivo in quanto attiene all’esegesi di norme finanziarie finalizzate al contenimento della spese degli apparati pubblici.
MERITO
In via preliminare la Sezione precisa che la decisione in ordine all’interpretazione ed applicazione in concreto della disposizione richiamata dal Presidente della Provincia di Lecco è di esclusiva competenza dell’ente locale rientrando nella piena discrezionalità e responsabilità dell’Amministrazione. Quest’ultima, ovviamente, potrà orientare la sua decisione in base alle conclusioni contenute nel parere della Sezione, sviluppate in termini di enunciazione dei principi ermeneutica della materia.
Nell’ambito della manovre di razionalizzazione degli ultimi anni, il legislatore ha dettato numerose norme dirette a contenere la spesa degli apparati pubblici, sia dello Stato che, con alcune limitazioni conseguenti alla modifica del Titolo V, parte Seconda della Costituzione operata nel 2001, degli enti locali.
La disposizione oggetto di esame è l’art. 5 comma 5 della l. n. 122/2010 ai sensi del quale “ferme le incompatibilità previste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute; eventuali gettoni di presenza non possono superare l’importo di 30 Euro a seduta”.
La norma trova, dunque, applicazione al titolare di cariche elettive che svolga “qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni” di cui al comma 3 dell’art. 1 della legge n. 196/2009 inclusa la partecipazione ad organi collegiali “di qualsiasi tipo”.
Orbene, all’interno della disposizione non si riviene alcun espresso “collegamento” tra l’Amministrazione conferente l’incarico e quella ove il destinatario del medesimo è titolare di carica elettiva, che non sembra possibile arguire in via interpretativa.
La tesi ipotizzata dalla Provincia, limitativa della latitudine applicativa del precetto, seppur suggestiva non appare condivisibile.
In primo luogo, per quanto concerne la rubrica dell’art. 5, il riferimento ad “economie negli organi costituzionali, di governo e di apparati politici” sembra coerente – nel caso del comma 5 – con il presupposto dell’elettività della carica da cui deriva la tendenziale gratuità degli incarichi conferiti dalle Pubbliche Amministrazioni. Per incidens, nelle fattispecie in oggetto, trattasi di società interamente partecipate dagli enti locali, ragion per cui i riflessi – in termini di risparmio – sulla finanza comunale sono diretti ed immediati.
Parimenti ragionevole – alla luce della prefata esegesi fatta propria dal Collegio – è la clausola di salvezza posta nell’incipit della disposizione, riferita “alle incompatibilità previste dalla normativa vigente”. Infatti, queste ultime ostano in radice all’assunzione della carica incompatibile, mentre l’art. 5 comma 5 comporta un risparmio di spesa senza – però – interdire lo svolgimento della relativa funzione. Il riferimento alla disciplina delle incompatibilità è, dunque, finalizzato a tenere fermo il più rigoroso regime di limitazione della capacità di agire del titolare di carica elettiva nei casi normativamente previsti.
Infine, l’espressa esclusione legale delle società dall’ambito applicativo dell’art. 6 comma 2 l. n. 122/2010 non appare argomento per estenderla in via interpretativa anche all’art. 5 comma 5. Infatti, nel primo caso il legislatore ha ritenuto di non interdire ex se la remunerazione di attività svolte da privati in favore di società pubbliche, anche al fine di renderne appetibile l’accesso alle migliori professionalità presenti sul mercato; nel secondo caso si introduce una disciplina speciale orientata – seppur in senso lato – alla riduzione dei costi della politica essendo operante nei soli confronti dei titolari di cariche elettive. Trattasi, in altri termini, di una limitazione soggettiva operante in via generale per gli amministratori pubblici, anche per evitare forme elusive dei già vigenti divieti normativi.
Non persuade, dunque, l’osservazione della Provincia di Lecco per cui l’art. 5 comma 5 sussumerebbe nella nozione di “qualsiasi incarico” le designazioni di amministratori locali purché effettuate dalle medesime Amministrazioni ove svolgono la carica elettiva.
Infatti, la Sezione osserva che l’alveo delle P.A. “conferenti gli incarichi” ex lege gratuiti (salvo “gettone” e rimborso spese nei limiti di legge) abbracciatutte quelle di cui all’elenco ISTAT; vi rientrano, dunque, anche enti pubblici privi di rappresentatività politica o addirittura con forma giuridica privatistica, i cui organi non sono elettivi. L’argomento addotto dall’Amministrazione provinciale, dunque, “prova troppo”.
In sintesi, l’ampio tenore dell’art. 5 comma 5 l. n. 122/2010 ricomprende nel suo alveo la nomina diretta da parte di enti locali di membri del CdA di società partecipate, laddove i predetti soggetti siano titolari di cariche elettive in Amministrazioni locali diverse da quelle conferenti.
L’Estensore (Alessandro Napoli)
Per completezza, il Collegio osserva che tale conclusione prescinde dalla natura del potere esercitato dalla Provincia in sede di nomina dei membri dei CdA delle società da essa partecipate. La predetta prerogativa dell’ente pubblico, come noto, può essere di matrice negoziale, quale socio, in virtù dell’applicazione dell’art. 2449 c.c. (Tar Campania, Napoli, 9 aprile 2008, n. 2252) oppure autoritativa ex art. 50 comma 8 del decreto legislativo n. 267/2000 (Tar Puglia, Lecce, 24 febbraio 2010, n. 622 in riferimento alle società in house). In entrambi i casi, laddove la nomina da parte della Provincia di Lecco si rivolga a soggetti titolari di cariche elettive ut supra illustrato, si produrranno gli effetti di cui all’art. 5 comma 5 l. n. 122/2010.
P.Q.M.
Nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.