FATTO
Riferisce la ricorrente di essere proprietaria di un terreno, ubicato nel Comune di Cepagatti e individuato in catasto al fg. 11, particella n. 871, terreno che è stato sottoposto fin dal 1977 a vincolo, successivamente reiterato, preordinato all’esproprio, essendo destinato a spazi pubblici attrezzati.
Con avviso del 13.10.2005, inviato ai sensi dell’art. 7 L. 241/1990, il Comune ha comunicato l’avvio della procedura espropriativa con la reiterazione del vincolo sul terreno della ricorrente onde realizzare un parco pubblico.
In data 22.11.2005 l’esponente presentava un’osservazione al Comune, che veniva respinta con la delibera di C.C. n. 64 del 23.11.2005, con cui veniva approvato il progetto preliminare, mentre quello definitivo veniva approvato con deliberazione di G.M. n. 138 del 2.12.2005, dichiarativa della pubblica utilità dell’opera.
Con ricorso notificato il 1°.3.2006 la ricorrente impugna gli atti in epigrafe indicati, deducendo l’illegittimità della deliberazione n. 64 del 23.11.2005 per violazione dell’art. 19 del DPR 327/2001 in quanto non risulta che la relativa documentazione sia stata trasmessa alla regione o all’ente dalla stessa delegato ai fini dell’approvazione.
Viene altresì dedotta l’illegittimità della deliberazione n. 138 del 2.12.2005, di approvazione del progetto definitivo, in quanto adottata dalla Giunta municipale e non dal Consiglio comunale.
Con un secondo mezzo dedotto viene rilevata l’illegittimità della reiterazione del vincolo perché non adeguatamente motivata, in violazione dell’art. 9 .4 del DPR 327/2001 e dell’art. 3 della L. 241/1990.
Con un terzo profilo si denuncia l’illegittimità del vincolo, in quanto reiterato per l’ennesima volta senza l’espressa previsione di uno specifico indennizzo.
Con la quarta censura, si rileva l’illegittimità delle due delibere sopra citate, poiché il 23.11.2005 è stato approvato l’elenco annuale 2005 delle opere pubbliche e nello stesso giorno è stato approvato il progetto preliminare, mentre quello definitivo è stato approvato dopo soli nove giorni e cioè il 2.12.2005, il che rivelerebbe la mancanza di un’attenta valutazione circa la fattibilità dell’opera, della sua rispondenza all’interesse pubblico, dell’ingente impatto economico della stessa e della comparazione dell’interesse pubblico con quello dei provati.
Le deliberazioni in argomento non elencano poi la documentazione relativa alla redazione del progetto, come richiede l’art. 16 della L. 109/1994.
Con il quinto e ultimo motivo dedotto viene denunciata la violazione dell’art. 14.9 della L. 109/1994 per la mancata indicazione delle risorse finanziarie con cui far fronte all’opera pubblica.
Con memoria depositata il 19.2.2008 la ricorrente insiste per l’accoglimento del ricorso per il motivo relativo alla mancata copertura della spesa, sulla base della sentenza di questo TAR n. 338.2007, che per tale motivo ha già annullato gli atti oggi impugnati.
Con atto depositato il 9.3.2008, si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale intimata, che replica alle tesi avversarie, ritenendole infondate e chiedendo che il gravame sia respinto.
La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza pubblica del 10 aprile 2008.
DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, articolato in due censure, non appare fondato.
La dedotta violazione dell’art. 19.4 del T.U. sulle espropriazioni (DPR 327/2001), secondo cui, quando l’approvazione del progetto da parte del Consiglio comunale costituisce adozione di variante dello strumento urbanistico, occorre trasmettere la deliberazione, corredata dalla relativa documentazione, alla Regione o all’ente da essa delegato, ai fini dell’approvazione, non è sussistente.
La deliberazione di approvazione del progetto preliminare (delib. n. 64 del 23.11.2005), che ha comportato l’adozione di specifica variante al PRG.., al punto 9 del dispositivo espressamente dà “mandato al Dirigente dell’Ufficio LL.PP. per tutti gli adempimenti consequenziali al presente atto, dando allo stesso…il preciso indirizzo per pervenire…all’approvazione della variante, ai sensi dell’art. 19 del citato T.U. sulle espropriazioni per pubblica utilità…”.
Poiché il ricorso è stato notificato dopo breve tempo, può con ogni probabilità ipotizzarsi che alla data di notifica dello stesso (1°.3.2006) la deliberazione citata e la connessa documentazione non siano ancora stati trasmessi all’organo competente ai fini dell’approvazione, ma è certo che il Consiglio comunale fosse consapevole che occorreva porre in essere tale ulteriore adempimento, previsto al punto 9 del dispositivo e il cui onere è stato demandato al funzionario sopra indicato.
La censura appare anche inammissibile perché rivolta avvero atto non ancora efficace.
Il 4°comma dell’art. 19 menzionato dispone infatti che, trasmessi gli atti per l’approvazione e decorso il termine di 90 giorni, la deliberazione si intende approvata per silenzio assenso e il Consiglio comunale in una successiva seduta ne dispone l’efficacia, provvedimento questo che quando il ricorso è stato proposto non era ancora intervenuto.
Infondata è anche la censura di incompetenza che investe la deliberazione di Giunta municipale n. 138 del 2.12.2005 di approvazione del progetto definitivo, approvazione che doveva avvenire, così come si sostiene, ad opera del Consiglio comunale, ai sensi dell’art. 19.4 del DPR. 327/2001.
Tale norma non prescrive affatto che l’approvazione del progetto definitivo debba essere disposta dal Consiglio Comunale, limitandosi a stabilire, tra l’altro, che quando, per stare al caso che ne occupa, il progetto preliminare o definitivo costituisce adozione di variante allo strumento urbanistico va approvato da parte del Consiglio comunale, e in tal caso la relativa deliberazione deve osservare l’iter, sopra ricordato, previsto dal 4°comma della disposizione.
Tale è il senso del richiamo contenuto in detto 4° comma ai casi previsti dai commi 2 e 3.
Nella specie il progetto preliminare, in quanto comportante adozione di variante al PRG. vigente e apposizione di vincolo preordinato all’esproprio, è stato correttamente approvato dal consiglio comunale (TAR Sardegna, Cagliari, sez. II, 31.8.2005, n. 1853; TAR Campania, Salerno, sez. I, 6.7.2005, n. 1107; TAR Liguria, Genova, sez. I, 8.7.2005, n. 1065), mentre altrettanto correttamente da parte della giunta municipale è stato approvato il progetto definitivo, adempimento che rientra tra le competenze residuali della giunta e non tra quelle attribuite dalla legge al Consiglio comunale, ex artt .42 e 48 del D.Lvo n. 267/2000 (TAR Lazio, Roma, sez. II, 13.2.2006, n. 1060).
Priva di pregio è anche la seconda doglianza prospettata, atteso che la motivazione riguardante la reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio si rinviene nel fatto stesso dell’adozione degli atti di approvazione del progetto preliminare e definitivo.
Il Comune, in altri termini, nella specie, non si è limitato ad apporre un vincolo urbanistico preordinato all’esproprio, rimandando ad un indefinito tempo successivo l’adozione dei provvedimenti attuativi di tale previsione, ma ha apposto il vincolo, variando lo strumento urbanistico, contestualmente all’adozione di concrete iniziative estrinsecatesi nei provvedimenti impugnati, approvativi di specifici progetti e che dimostrano quindi ad abundantiam e per tabulas la persistente attualità dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera, il che legittima ampiamente sotto il profilo della motivazione la reiterazione del vincolo.
Fondato è il terzo motivo dedotto, con cui viene lamentata la mancata previsione di uno specifico indennizzo per la ennesima reiterazione del vincolo.
Tale mancata previsione non è assolta dall’indicazione degli importi riservati dall’Amministrazione agli espropri, in quanto, mentre l’indennità di esproprio assolve alla funzione di ristoro per la perdita del bene da parte del proprietario, l’indennizzo per la reiterazione del vincolo assolve alla specifica funzione di ristorare il proprietario del bene per il limitato godimento dello stesso.
Sulla necessità di prevedere tale specifico indennizzo, in caso di vincoli reiterati oltre la prima volta, si è espressa la Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 179 del 20.5.1999, cui ha fatto seguito l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 24 del 22.12.1999, che ha dichiarato l’illegittimità della deliberazione comunale di rinnovo del vincolo urbanistico di tipo espropriativo senza la previsione di uno specifico indennizzo, quando la reiterazione sia disposta dopo il primo periodo quinquennale di validità dello stesso (C.S., sez. IV, 29.8.2002, n. 4340; 30.6.2005, n. 3535).
Nella specie, si tratta di vincolo che, imposto per la prima volta sin dal 1977, è stato successivamente più volte rinnovato, come esposto nelle premesse in fatto, per cui dovevasi prevedere un indennizzo “ad hoc”, che non figura negli atti impugnati.
Generica invece appare la quarta censura dedotta, in quanto non è dimostrato che sia mancata un’attenta valutazione circa la fattibilità dell’opera per il fatto che l’elenco annuale 2005 delle opere pubbliche è stato approvato il 23.11.2005, lo stesso giorno in cui è stato approvato il progetto preliminare e che il progetto definitivo sia stato approvato il 2.12.2005, dopo cioè soli nove giorni.
L’amministrazione comunale aveva conferito da tempo l’incarico di progettazione all’Ing. Michele Russo dell’Ufficio tecnico comunale, che aveva predisposto pertanto da tempo i relativi elaborati preliminari e definitivi, inclusi il 23.11.2005 nel Programma triennale e nell’elenco annuale 2005.
Né l’illegittimità delle due delibere in questione viene in rilievo per la mancata elencazione dei documenti che devono far parte del progetto, atteso che gli artt. 16 della L. 109/1994 e 15 del DPR 554/1999 non prescrivono affatto che tali documenti, che debbono corredare il progetto, debbano essere elencati nell’atto di approvazione.
Né tale illegittimità può essere invocata perché il breve tempo trascorso tra l’approvazione del progetto preliminare e di quello definitivo non ha consentito ai ricorrenti di presentare al Comune il progetto di massima relativo alla proposta effettuata con le osservazioni del 15.11.2005, atteso che i tempi dell’azione amministrativa non possono essere condizionati da o subordinati a iniziative dei privati.
Fondato è infine anche il quinto motivo dedotto in quanto gli atti impugnati non indicano la copertura finanziaria.
Il provvedimento di approvazione del progetto preliminare, al punto 8 del dispositivo, in modo del tutto criptico, afferma che, ai sensi dell’art. 14.9 della L. 109/1994, le risorse finanziarie utilizzate per la realizzazione dell’opera sarebbero “autonome rispetto a quelle previste al momento della formazione dell’elenco annuale 2005 e pertanto il suo inserimento nell’elenco annuale 2005 ha carattere ricognitorio”.
Al riguardo deve osservarsi che l’opera in questione era stata inserita nell’elenco annuale delle opere pubbliche 2005, dal che consegue che detto elenco va approvato unitamente al bilancio preventivo e deve contenere, ex art. 14.9 della L. 109/1994, “l’indicazione dei mezzi finanziari stanziati sullo stato di previsione o sul proprio bilancio, ovvero disponibili in base a contributi o risorse dello Stato, delle regioni a statuto ordinario o di altri enti pubblici, già stanziati nei rispettivi stati di previsione o bilanci”
Niente di tutto ciò si rinviene nelle due delibere impugnate (in quella di approvazione del progetto definitivo non si fa addirittura alcun menzione circa il profilo in discussione).
Anche comunque a voler stare a quanto si afferma circa il c.d. carattere ricognitorio dell’inserimento dell’opera pubblica di cui si tratta nell’elenco annuale 2005, opera che sarebbe finanziabile con risorse autonome, nulla si dice di concreto circa tali fondi.
Il comma 9 del citato art. 14 prevede che un’opera, se non inserita nell’elenco annuale (e nella specie invece lo è stata), può tuttavia essere realizzata purché sussista un autonomo piano finanziario che non utilizzi risorse già previste tra i mezzi finanziari dell’amministrazione al momento della formazione dell’elenco.
Nella specie, come detto, le delibere avversate non fanno riferimento a nessun piano finanziario o comunque a concrete risorse di altra provenienza (mutui, contributi, finanziamenti, ecc.), dovendosi concludere che si approva un progetto comportante una spesa di € 1.350.000,00 senza alcuna copertura finanziaria o impegno di spesa previsti in bilancio, al quale non si fa alcun cenno, il che rende gli atti illegittimi per violazione dell’art. 14.9 della L. 109/1994 e degli artt. 153 e 191 del D.Lvo n. 267/200.
Solo tra gli allegati alla deliberazione consiliare n. 60 del 23.11.2005, con cui è stato approvato in via definitiva il programma triennale 2005-2007 e l’elenco annuale 2005 dei lavori, in corrispondenza del progetto di realizzazione del Parco pubblico del capoluogo si fa riferimento ad un mutuo, quale modalità di finanziamento di detta opera, senza tuttavia che siano forniti in altri atti elementi di valutazione circa l’iter della procedura di tale mutuo, il soggetto erogatore, ecc..
Conclusivamente il ricorso va accolto per il terzo e il quinto motivo dedotti.
Le spese di causa seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara – accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Condanna il Comune al pagamento delle spese di causa che liquida in € 3.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 10/04/2008 con l’intervento dei Magistrati:
(omissis)